Morano Calabro-26/01/2012:IL GOBBO DI NOTRENAPLE

 

 

 

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA

Domenica all’Auditorium Comunale di MORANO CALABRO la compagnia teatrale TABULA RISA PRESENTA IL GOBBO DI NOTRENAPLE

MORANO CALABRO – Domenica appuntamento teatrale da non perdere con la Compagnia Tabula Risa di Napoli che porterà in scena “Il gobbo di NotreNaple” di Mauro Palumbo. Lo spettacolo con inizio previsto alle 18,30 è inserito nel cartellone dell’undicesima stagione di “Teatromusica”, ideata e organizzata da L’Allegra Ribalta, sotto la direzione artistica di Franco Guaragna, presidente provinciale della Federazione Italiana Teatro Amatori.  Il Gobbo di NotreNaple è una favola in musica che si spinge oltre i luoghi comuni, gli scenari familiari ed i volti noti, per andare a curiosare tra le pieghe meno visibili della storia: è il racconto di un uomo e di un mostro che visse all’oscuro della città di Napoli alla fine del settecento. Quanti segreti sono celati dietro una Corte… La storia ci racconta che Carlo di Borbone, nel 1759 partì dal Regno di Napoli per ritornare nella sua terra, dove nello stesso anno fu incoronato Re di Spagna. Carlo lasciò il Regno di Napoli a suo figlio Ferdinando IV, di soli otto anni, affidandolo al Consiglio di Reggenza. Tuttavia, la storia tace il segreto che il legittimo erede al trono, in realtà era un altro: Ferdinando aveva un fratello maggiore, Quasimodo, nato storpio e malformato pochi anni prima di lui. A Corte, il fatto fu facilmente messo a tacere: re Carlo fece credere che il bambino fosse nato morto, ma in realtà la deforme creatura fu segretamente rinchiusa nel Duomo di Napoli ed affidata direttamente dal padre Carlo alla custodia dello spietato e potente usuraio Frollo, che vede il male ovunque, tranne che in se stesso. Per il bene e l’integrità del Regno e dei Borbone, nessuno avrebbe mai dovuto sapere che il legittimo erede al trono era in realtà un mostro. La scena si apre con Quasimodo, che durante la festa di San Gennaro, depresso per la sua condizione e la sua solitudine, viene esortato dalle figure immaginarie che sua mente anima (le esilaranti statue di San Gennaro, Sant’Antonio e Santa Lucia) a disobbedire al padrone Frollo, per partecipare alla vecchia festa cittadina. Alla festa, avviene l’incontro con ‘a Smeralda, giovane e bellissima lazzara, che susciterà l’amore del capo delle guardie Febo. Frollo, segretamente innamorato di ‘a Smeralda, ma combattuto dal suo odio per il popolino, osteggia questo amore fino a mettere in pericolo la vita della ragazza. ‘A Smeralda sarà salvata dal sacrificio di Quasimodo, che immolerà la propria vita per la bella lazzara. Con la morte di Quasimodo e grazie all’onore conquistato da un mostro senza denti e con la gobba (in dialetto “scugnato c’o pizzo”), si abbandonerà il termine dispregiativo di “lazzari” per definire i figli di Napoli, e si colloca l’origine storico-leggendaria del termine “scugnizzi”. Sulla scena Mimmo Piscopo (Quasimodo), Mauro Palumbo (Frollo), Maria Elena Bianco  (‘A Smeralda, la lazzara), Vincenzo De Lucia (Pulcinella), Antonio Spiezia,  Vincenzo Scippa, Feliciana Tufano, Daniele Varriale e Angelo Perotta.
DOMENICO DONATO
UFFICIO STAMPA TEATROMUSICA