Trebisacce-02/05/2012:PASCOLI E Il MITO DI PSICHE

PASCOLI  E Il MITO  DI PSICHE

Il 17 aprile 2012 si è tenuto al Liceo Scientifico di Trebisacce un convegno
su un poeta a tutti noto per il suo interesse verso l’aspetto più infantile
della vita: si tratta di Giovanni Pascoli, di cui ricorre quest’anno il
centenario della morte. Il Dirigente  Tullio Masneri, sempre attento alle
tematiche giovanili, ha aperto il convegno con una sua relazione che voleva
porre l’attenzione su un Pascoli per molti ritenuto ostico, ‘prezioso’, se non
‘esteta’: il poeta de’ “I Poemi Conviviali”. Egli ha parlato di temi come il
ritorno alla madre terra e il mito, di cui si legge in un volume scritto a
quattro mani dalla prof.ssa Cavallo e Franco Bruni, intorno alla figura di
Ulisse che incontra Calipso e le altre figure femminili dell’Odissea. Il
Preside ha sottolineato il legame tra l’Orfismo dei miti arcaici con Omero e
Esiodo, i quali rappresentano gli aspetti altisonanti, mitici, del Classicismo
minimale del Novecento; un secolo che non si è solo rivolto verso le
Avanguardie, il dadaismo,      il surrealismo, ma, come si vede in poeti
francesi ‘classici’come Paul Valéry e Mallarmé, ha in sé certi tratti di un
certo conservatorismo elitario.
Eppure Pascoli appartenne al Decadentismo, quando era sorta una gara tra
Pascoli stesso, D’Annunzio, e Carducci, per chi meglio potesse esprimere lo
spirito classico del  nostro Paese e d’altronde ben si noti come l’antico non
smetta mai di sposarsi col moderno, in un gioco di continui rimandi a favore
del mantenimento di valori eterni.
Più tardi è stata esposta un’altra relazione intorno a una rivista che
pubblicava poesie inglesi  tradotte. La rivista si chiamava “Il Convito”.
Poi è stato il turno di Bruno Mandalari, il quale si è soffermato sulla
tematica del rapporto poesia-filosofia. In particolare si è parlato di un
simbolo così efficace come quello di Psiché, cioè dell’Anima. È noto il mito di
Amore e  Psiche, raccontato da Apuleio.
Venere, gelosa della bellezza di Psiche, ordina al figlio di darla in sposa
all’ultimo degli uomini. Eros però si innamorò di lei e la portò in una valle
incantata.
Psichè però non può vedere Eros, il quale si rivela come Ombra nell’oscurità.
La fanciulla contraddicendo l’ordine, su istigazione delle sorelle che
pensavano che suo marito fosse un mostro, accende il lume e nel vedere Amore lo
perde. Per poter ricongiungersi a lui e essere accettata nell’Olimpo, Venere le
infligge quattro prove che lei supera. La favola è dunque a lieto fine.
Così scrive Neumann:” Il femminile deve soltanto interrogare il proprio
istinto per entrare, al calar del sole, in una relazione feconda con il
maschile, ossia in una relazione d’amore. Così viene superata la situazione in
cui maschile e femminile si fronteggiano in mortale ostilità. Si può dire che
questa favola è connessa all’Odissea, dove Penelope è la figura femminile che
attende non passivamente, ma opera, agisce, e gestisce il potere maschile.
Secondo me il mito racconta della possibilità d’integrazione tra le due forze,
maschile e femminile, dove non c’è spazio per la pietà o l’amore sdolcinato, ma
solo di una condivisione che non sia né sottomissione pura, né volontà di
dominio.

Dott.ssa Emanuela Valastro