Trebisacce-29/10/2012: Al via il progetto di Bruno Mandalari&Mario Brigante”Cineforum del giovedì-l’altro film presso il Cinema Teatro Gatto

Cineforum del giovedì – L’altro film

di Mario Brigante & Bruno Mandalari

 

 

Oggi tutto è cinema; l’unica cosa che praticamente cambia è dove e come lo si vede.

 

Gore Vidal

 

 

André Bazin – uno dei più grandi critici cinematografici francesi – si poneva la domanda, che diventerà il titolo di un suo celebre  libro: Qu’est-ce que le cinéma? (Che cos’è il cinema?).

Ed una delle tante risposte che egli darà è che il cinema è ciò che “può dire tutto, ma non mostrare tutto”.

Noi, invece, senza pretese velleitarie, riteniamo che l’iniziativa di un cineforum nella cittadina di Trebisacce, pur non potendo comunque dire tutto, può (di)mostrare senz’altro molto. Ovvero può rendere evidente che tale iniziativa non nasce come mera formula di entertainment (anglicismo che rimanda ambiguamente e riduttivamente all’intrattenimento, al divertimento), peraltro ridotta, nella maggior parte dei casi, in vuoti e inconsistenti raduni “sessantottini” o “parrocchiali”, bensì come progetto culturale propriamente inteso. Un progetto che trae spunto da una esigenza condivisa da molti trebisaccesi che, incontrandosi nei posti più disparati, rimarcano l’importanza di trovare un luogo comune in cui ri-conoscersi; in cui esprimere i propri gusti letterari, estetici, politici (nell’accezione greca del termine); in cui poter sfiorare – come direbbe Antonin Artaud – “il derma della realtà”. Evento che può concretizzarsi anche attraverso il luogo-cinema; considerato che, per l’attore e regista teatrale Artaud, il cinema non è altro che “la pelle umana delle cose”, come ebbe a dire a proposito de La coquille et le clergyman, 1928 (La conchiglia e l’ecclesiastico). Ed il pubblico, “anche se ritiene vero ciò che è falso, ha il senso del vero e risponde sempre quando glielo si presenta”. “Oggi però – scrive sempre Artaud –  non è più sulla scena che dobbiamo cercare il vero, ma per strada” (Le Théâtre et son double, 1938).

Ed è proprio per strada che Mario Brigante ed io abbiamo cercato di carpire il “vero”: l’interesse delle persone verso qualcosa che desse uno sprone culturale ad un ambiente, quello di Trebisacce, che possiede molte energie (spesso latenti) che andrebbero ghermite al fine di essere convogliate verso il giusto catalizzatore. D’altronde – per dirla con Tornatore – “un piccolo centro di provincia è una nazione in scala ridotta”. “Scala ridotta” entro cui il cineforum da noi proposto, come luogo di confronto reale, epidermico tra le persone, vuole collocarsi.

Così facendo, crediamo fermamente che tale progetto sia in grado di inalveare una interessante… reazione a catena presso un pubblico di appassionati ormai stanchi di fruire solipsisticamente ciò che una pervasiva ipertecnologia digitale impone (Dvd, 3d, home theater ecc.) attraverso gli impietosi canali della commercializzazione del medium a tutto svantaggio del messaggio (con buona pace del solito McLuhan); mettendo in atto – cosa ancora più grave – una vera e propria istigazione all’isolamento del fruitore. Sì, perché il cinema non è tale se deprivato di quella socialità ritualizzata che solo la sala cinematografica può conferire alla sua magia.

L’andare al cinema, dagli anni ’40 sino agli inizi degli anni ’80,  significava prendere parte ad un evento, partecipare ad una liturgia codificata, vivere un momento di formazione sia culturale che sentimentale. Oggi, invece, cessati i rituali, scomparsi gli eventi (quelli non promossi da certa pratica promozionale), ci troviamo di fronte ad una fabbrica che – come sostiene Mario Soldati – “è sempre industria”, ma un’industria che spesso ignora che “talvolta il cinematografo è arte”. E l’arte ha sempre bisogno dei suoi templi. Luoghi in cui poter confrontare le idee, le opinioni, i gusti, le diverse sensibilità; in cui sia possibile percorrere le variegate geografie umane (i volti degli attori così come quelli del pubblico pagante); in cui si possa anche “dare il gomito” alla persona che ti sta accanto per rivendicare il bracciolo della poltrona.  

Ecco quindi che il cine-forum da noi inteso, non riducendosi ad un consesso “quantitativo” di persone da “intrattenere” o da far “divertire”, si pone (e propone) come un’occasione di aggregazione “qualitativa” che stimoli, in quanti abbiano a cuore la comunicazione interpersonale, tutta una serie di sollecitazioni esperienziali che si traducano sempre e soltanto all’interno di un confronto vivo e partecipato dell’alterità. Un’alterità che si costruisce su quel sostrato determinato e determinante che risulta essere il territorio di appartenenza (la “nazione in scala ridotta” di cui sopra). Territorio in cui “solo chi senza il cinema non può vivere ha il diritto di vivere di cinema” (Enzo Ungari).

Pertanto, il termine –forum non rimanda più ad una semplice discussione “culturalmente impegnata”, sia pure stimolata dalla visione di bei film, ma si eleva a rango di agorà, di topos culturale, nella più autentica accezione antropologica.

 

Le rassegne che verranno proposte trimestralmente al pubblico (ogni rassegna consta di quattro proiezioni aventi per tema: la psicoanalisi, l’arte, l’architettura, il paesaggio, il gusto, la cucina ecc.) saranno arricchite, là dove previsto, da contributi musicali, letterari, teatrali, nonché di natura eno-gastronomica. Non mancheranno inoltre ospiti (scenografi, costumisti, sceneggiatori ecc.) che possano dare un contributo professionale alle tematiche di volta in volta presentate.

Altresì è intenzione dei curatori concepire l’esperienza del cineforum nella forma del “cinema itinerante” (alla maniera del Wanderkino tedesco), attraverso cui promuovere delle proiezioni che, ricordando i giorni pionieristici del cinema, abbiano luogo in quelle località della nostra provincia nelle quali non giunge mai “L’uomo delle stelle”. Naturalmente, senza emulare Joe Morelli a bordo di un autocarro, né tantomeno invitando la gente a fare provini! Ma, piuttosto, per avvicinarci ai diversi territori con l’unica pretesa di con-dividere la medesima emozione (per il cinema) all’interno di una spazialità altra.

Tutto ciò trae origine da una speranza: che il cinema non faccia la fine dei libri, come in Fahrenheit 451, e che degli strani pompieri non debbano mai, con un lanciafiamme in mano, sentirsi in obbligo di dire:

“Il lunedì bruciamo Bergman, il martedì Fellini, il mercoledì Hitchcock, il giovedì Antonioni, il venerdì Pasolini, il sabato Bertolucci e la domenica Rossellini”.

 

Buona visione, quindi!