Trebisacce-19/06/2013: Andrea Petta scrive al giornalista Massimo Gramellini..

Ho scritto una mail a Massimo Gramellini,...

Andrea Petta 19 giugno 0.37.35
Ho scritto una mail a Massimo Gramellini, Vicedirettore de “La Stampa” di Torino sulla questione dell’Ospedale di Trebisacce e sulla traversata dello Stretto da parte di Gaetano Napoli.
Ringrazio Rocco Carlomagno per il suggerimento.

Ecco il testo della mail.

Caro Dott. Gramellini,

sono anni che La seguo, sin da quando si occupava di calcio e di Maradona; ho imparato, poi, ad apprezzare l’acutezza e la sagacia dei suoi commenti quando è diventato un volto noto televisivo, con le sue apparizioni a “Che tempo che fa”, mi sono, poi, immedesimato, nello scavo introspettivo e nel percorso interiore dei suoi romanzi “L’Ultima riga delle favole“ e “Fai bei sogni”.

Mi chiamo Andrea Petta. Sono il Vicesindaco di Trebisacce. Trebisacce è una cittadina di 9.500 abitanti, in Calabria, in Provincia di Cosenza, sulla costa jonica settentrionale della regione. Trebisacce disponeva fino a qualche tempo fa di un ospedale, un piccolo ospedale di frontiera, che, nonostante tutte le difficoltà di gestione, garantiva l’assistenza sanitaria sul territorio, un ospedale che, grazie ad interventi tempestivi in situazioni di emergenza e di malattie acute, ha salvato decine di vite umane.
Quell’ospedale, che costituiva l’unico presidio sanitario nel raggio di 100 chilometri, adesso non c’è più, cancellato da un impietoso e irrazionale piano di rientro dal deficit finanziario della Regione Calabria in materia di sanità.
La chiusura dell’Ospedale di Trebisacce ha comportato conseguenze drammatiche; numerosi casi di codice rosso – situazioni di grave emergenza-urgenza (malori improvvisi, infarti, ictus, eventi traumatici) – si sono risolti in maniera infausta, proprio a causa della soppressione di quel presidio ospedaliero, essendo risultato fatale il tempo necessario per il trasferimento delle persone colpite ai più vicini ospedali di Corigliano o di Rossano.
Ancora più drammatica è la situazione dei paesi dell’entroterra, in un territorio aspro e accidentato e con una viabilità fatiscente quale quello calabrese: ci sono paesi che, a seguito della chiusura del nostro ospedale, si trovano nella condizione di essere distanti dal più vicino presidio sanitario anche 80-90 Km, con tempi medi di percorrenza di 80-90 minuti.
Io sono convinto che sia scellerato, soprattutto quando si parla di salute, obbedire acriticamente alle fredde logiche dell’austerità e del rigore finanziario. In ossequio a queste logiche, al posto degli uomini abbiamo sostituito i numeri e alla compassione nei confronti delle sofferenze umane abbiamo sostituito l’assillo dei riequilibri contabili. Ma il paradosso è che, anche dal punto di vista meramente economico, la chiusura dell’Ospedale di Trebisacce, comporta un danno piuttosto che un risparmio. Trattandosi di un presidio posto al confine – 30 km – con la Regione Basilicata, la sua chiusura ha determinato un incremento esponenziale della migrazione sanitaria extraregionale, costringendo i cittadini calabresi dell’area a rivolgersi alle più vicine strutture lucane e pugliesi e determinando, così, ingenti danni erariali a carico della Regione Calabria per i cc.dd. costi di mobilita passiva.
Ma senza andare nei dettagli tecnici dell’iniquità del Piano di rientro, il dato sconfortante è che, oggi, le donne e gli uomini di Trebisacce e dei paesi limitrofi sono meno sicuri, meno protetti, nella consapevolezza angosciosa di dover affrontare decine di km nella malaugurata ipotesi di un male acuto, di un’emergenza, quando è necessario un intervento immediato e tempestivo, quando cinque minuti, letteralmente cinque minuti, possono fare la differenza tra la vita e la morte.

Ma c’è un uomo, un giovane uomo, di Trebisacce, che ha dovuto lasciare, ormai da anni, come tanti, la sua terra. Vive a Torino, nella Sua Torino, Dott. Gramellini, perché lì, a Torino, come tenti calabresi, ha trovato lavoro, a Torino sono nate e cresciute le sue bambine, a Torino ormai è la sua vita.
Ma, al di là di una facile retorica, un pezzo del suo cuore è rimasto qui, a Trebisacce: qui è nato, qui ha passato la sua infanzia e la sua adolescenza, qui, nel centro storico, nel cuore antico della città, vivono i suoi genitori, suo fratello, qui sono sepolti i suoi nonni, e i morti, la memoria, il ricordo dei morti lega ad un posto, forse, più del rapporto con i vivi; una parte del suo cuore, nonostante viva a centinaia e centinaia di Km di distanza, nonostante passi qui soltanto qualche giorno all’anno, nonostante o, forse, proprio per questo, è rimasta e rimarrà per sempre a Trebisacce.

Cosa fa quest’uomo, questo giovane uomo? Non vuole rassegnarsi a che nella sua terra di origine si possa morire più facilmente che altrove perché non c’è un ospedale, non vuole accettare questa perdita che gli appare intollerabile, non vuole accettare che su questa ferita al corpo vivo della sua città e del suo comprensorio possa cadere il silenzio e l’oblio.
Ed allora, pensa ad un’azione dimostrativa, ad un gesto eclatante che accenda le luci della ribalta su questa vicenda, che le dia risalto sugli organi di informazione, che ne faccia comunque parlare.

Gaetano attraverserà a nuoto lo Stretto di Messina, il prossimo 14 luglio. Lo farà non per avere un effimero momento di gloria personale, non per vedere il suo nome scritto sui giornali, non per sentire parlare di sé per qualche giorno.
Attraverserà lo Stretto a nuoto, perché si parli di Trebisacce, dell’Alto Jonio, di questa terra spogliata, deprivata, sempre di più marginalizzata, di questa terra che rischia di diventare – per citare un celebre film di Clint Eastwood, The Million Dollar Baby – un posto a metà strada tra l’Addio ed il Nulla.

Forse il suo gesto non servirà a nulla di fronte all’insensibilità e alla miopia di una certa classe politica, ma sarà comunque un atto di testimonianza forte dell’esistenza di un’intera comunità, che rivendica il suo diritto alla salute, che chiede con forza di non essere abbandonata ad un destino di marginalità, che non si rassegna ad essere la periferia della periferia, che non accetterà mai di vedere morire i propri figli per un infarto o per un ictus perché il soccorso è stato prestato troppo tardi.

Sono mesi che si allena con determinazione e tenacia. Aiutiamolo tutti, ciascuno per ciò che gli compete, in questa impresa, seguiamolo, facciamo quadrato attorno a lui.
Dott. Gramellini, mi piacerebbe che Lei parlasse di Trebisacce, dell’Alto Jonio, di questo lembo di terra dimenticato, nell’ultima, nella più arretrata regione d’Europa, di questa terra in cui non esiste il diritto alla salute, di questa terra in cui si muore più facilmente che altrove semplicemente perché non ci sono ospedali.
Dott. Gramellini, ne parli, ne scriva, accenda la luce sulla nostra vicenda, faccia informazione, come sa fare, per denunciare il presente e costruire il futuro, perché in noi resti viva la Speranza, perché la Speranza, come è stato detto, ha due bellissimi figli: lo sdegno per la realtà delle cose, il coraggio per cambiarle…
Grazie.

Con stima

Andrea Petta