Torre di Albidona-17/08/2014: “Leonardo e i leonardeschi tra angeli musicanti (di Francesca Aurelio)

Michele Sangineto, “Leonardo e i leonardeschi tra angeli musicanti”, Biblioteca Torre di Albidona, 17 agosto 2014.

La parola del legno non è uniforme:
esso è una polifonia di rumori ardenti
che ha come diapason le foglie mosse dal vento.
Alda Merini

Il Maestro Michele Sangineto è un cantastorie di quelli che nessuno più si aspetta che abbiano dimora su questa terra: la magia è nei suoi gesti, nel suo incedere di uomo “radicale” che ha saputo spiccare il volo. In lui è l’anima di questa Calabria, alla quale fa ritorno; in lui è tutto quello che ha veduto, tutto quello che ha voluto imparare. In lui è la curiosità dell’emigrante e la grazia del viaggiatore. In lui è la passione per la Bellezza che nobilita, per la Musica che innalza.
La sua Grazia è garante, per un arcano del quale egli solo è depositario, dei voli degli angeli musicanti che tanto ama: con essi sa parlare, in essi egli solo sa riconoscere un incanto divinamente umano.
Se deve parlar di sé, racconta che a guidarlo sono stati “l’arsura di sapere” e “il senso del riscatto”; la necessità l’ha spinto ad andar via, la necessità lo porta a donarsi agli altri, perché “il sapere è condivisione”. E allora racconta, questo gigante generoso di sorrisi, dei quadri che gli hanno “rivelato” i suoi strumenti: la Liberazione di Andromeda di Piero Di Cosimo, il Concerto degli angeli di Gaudenzio Ferrari sono solo alcune delle sue fonti; i disegni di Leonardo sono stati uno dei suoi “schemi”: il Maestro Sangineto ha plasmato il legno e ne ha esaltato la voce maestosa e dolce insieme.
Il legno, nelle sue mani, diventa allora armonia di strumenti la cui musica è fatta per la preghiera e innalza verso Dio; i suoi angeli musicanti sono l’imago pulchra di quanto egli crea, cercandolo quasi “dentro la materia” che è la sua compagna di ventura. Ogni strumento è una storia ed è una storia d’amore: quando le sue mani plasmano il legno, vogliono farne un “corpo d’amore”, come direbbe Alda Merini, da amare e amante al tempo stesso.
Michele Sangineto è un uomo semplice, concreto; la musica dei suoi strumenti traduce la Verità e la Libertà che in lui hanno trovato albergo di privilegio.

In uno scenario di struggente eccezione, quale la Biblioteca “Torre di Albidona”, in una sera di mezza estate, col vento fresco che dal mare si inerpica tra boungaville ed oleandri, oltre un aranceto il cui profumo si mesce alla salsedine, Michele Sangineto è stato dispensatore di emozione e di un sapere nuovo e fascinoso: il suo eloquio suadente ha dato voce a Pitagora, a Platone; la sua voce dolcissima ha ricordato Orfeo che ha perduto la sua Euridice, i cantori che hanno regalato fantasticherie alle generazioni; la sua magistrale sapienza di ebanista, di liutaio, di creatore, di tessitore di favole buone ha accompagnato gli uditori tra arpe, salteri, viole, violini, lire, ghironde, in un carnevale musicale che ha fatto vibrare le corde dell’anima, la cui eco ha raggiunto i meandri dei sogni più segreti; ha toccato i vortici e i vertici della Poesia. E qualcosa, certamente, è un po’ cambiato. Perché l’amore cambia. E Michele Sangineto è un mago d’amore. La mia gratitudine è solo un blando testimone del cambiamento che sa generare, ma sappia, mio Maestro, che essa è infinita!

Francesca Aurelio