Amendolara-29/09/2017:Incontro con un’artista contemporanea: la pittrice GRAZIA LODESERTO. L’ANTIEROE E LA FRANTUMAZIONE DELL’IO. (di SALVATORE LA MOGLIE)

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Rubrica letteraria a cura di Salvatore La Moglie 

Incontro con un’artista contemporanea:  la pittrice GRAZIA LODESERTO.

L’ANTIEROE E LA FRANTUMAZIONE DELL’IO. 

 Di SALVATORE LA MOGLIE

   Ho avuto la ventura di conoscere di persona un’artista di valore come Grazia Lodeserto, di origine tarantina, nel lontano 2007, quando la sua opera mi fu fatta conoscere, da alcuni amici e colleghi, e ne rimasi molto colpito. Tanto da farne una recensione (che è quella che segue), recensione che fu letta (io impedito) in un incontro a Taranto con la pittrice. Il consorte dell’artista pugliese – il compianto poeta e critico Giovanni Amodio  –  rimase tanto colpito da quella mia riflessione da chiedermi se potevano utilizzarla come presentazione nelle varie esposizioni delle opere, in tutta Italia. Cosa che, confesso, mi lusingò moltissimo anche per l’amicizia che ne nacque e per cui posso dire che a casa mia sono appese alle pareti due opere dell’artista. Dunque, attratto dalla eccezionale bravura e maestria della pittrice tarantina, che si è cimentata nell’interpretazione delle opere dei più grandi autori del ‘900 ma anche, per es., di Shakespeare, scrissi sulla sua opera quello che segue.

Non si può rimanere indifferenti all’opera  e all’arte di Grazia Lodeserto. Non si può rimanere indifferenti di fronte ad un’artista che affronta autori complessi e multiformi come Baudelaire, Joyce e Musil che sono tra i grandi padri della modernità e dello spirito del Decadentismo europeo che tanto ha segnato il Novecento.   Credo che Grazia Lodeserto abbia interpretato in modo magistrale la poetica e l’opera di Robert Musil e James Joyce.

   Osservando il lavoro su Musil e sul suo capolavoro incompiuto, L’uomo senza qualità, non si può non notare la perfetta aderenza alla complessa trama del grande romanzo o, dovrei meglio dire, del grande anti-romanzo del Decadentismo austriaco. In verità, per decifrare tutti i significati dell’opera di Grazia Lodeserto ci sarebbe bisogno dello psicanalista oltre che del critico d’arte. Grazia Lodeserto riesce a tradurre espressionisticamente e con la grande arte ereditata dai suoi maestri del ‘900  i grandi temi della poetica musiliana, che è poi così simile a quella di altri grandi scrittori come Kakfa, Joyce, Mann, Pirandello e Svevo. E quali sono questi temi? Innanzitutto, la frantumazione dell’io e del personaggio, che è sempre più antieroe, inetto alla vita e, appunto, senza qualità (pur avendone, in fondo, parecchie); la stessa realtà è ormai dissolta, appare sfaccettata e multiforme come la nostra anima. La realtà è inafferrabile, instabile, relativa e molteplicemente interpretabile.

   Ma la realtà, il mondo, la vita sono anche caos e disordine. L’entropia domina sovrana e quello che Musil trasferisce sulla pagina, Lodeserto lo trasferisce sulla tela. Dove è possibile leggere quelli che Eliot e Montale chiamavano i correlativi oggettivi del nostro mondo interiore, dei nostri stati d’animo, dei nostri sentimenti e, anche, del nostro inconscio.

   In verità, di immagini ambigue, surreali e sconcertanti, fino a scuoterci nel più profondo dell’anima, ce ne sono tante, perché Grazia Lodeserto fa parlare non soltanto la realtà che si vede ma anche quella che non appare ma che c’è, nascosta, nella pieghe più segrete del nostro io.

   Questa realtà che c’è ma non si vede è la realtà dell’inconscio che, per Freud è la parte più importante della nostra personalità e del nostro mondo interiore, legata alla sfera sessuale tanto da condizionarne il normale processo.

   Indubbiamente, non è possibile chiudere in poche righe il lavoro di Grazia Lodeserto tanto è ricca, complessa e difficile la trama di cui è intessuto. L’artista, interpretando alla perfezione l’opera e il pensiero degli autori, sembra dirci: ecco, questo è il mondo e questa è  la realtà: una realtà che sembra una surrealtà, un mondo che ci sembra alla rovescia, relativo e instabile, privo di valori veri e fondanti e, ormai, rassegnato al disfacimento, alla catastrofe e alla eutanasia proprio quando il controllo e il dominio razionale, scientifico e tecnologico sembrano assicurarne la continuità e lo sviluppo verso chissà quali mete.

   Incanto e disincanto, sogno e realtà, surrealtà e irrealtà, conscio e inconscio, mito e utopia, razionalità e irrazionalità sembrano convivere nell’opera di Grazia Lodeserto invitandoci a riflettere sul fatto che, tutto sommato, la vita e la realtà non sono che queste cose messe insieme. L’importante è che – sembra dire alla fin fine – la nostra ragione non dorma così tanto da generare mostri.

 

 

NOTA. (Da sito internet). Nata a Taranto l’1.2.1944, Grazia Lodeserto, avviata agli studi musicali, si dedica alla pittura fin da giovane età. Dal 1962 al 1967 svolge attività di ricerca e partecipa alle prime mostre con lo pseudonimo di Lady Grace. Appartengono a questo periodo i “cicli” dei suoi lavori di ispirazione biblica e di ispirazione dantesca, che dovevano in seguito portarla a prediligere le mostre monografiche su temi specifici. Nel 1964 realizza 6 opere ispirate a “I Trionfi” del Petrarca. Nel 1965 dedica alcuni omaggi pittorici ad un gruppo di giovani poeti tarantini (Giovanni Amodio, Angelo Lippo, Pino Rigido, Giacomo Bottino, Giuseppe Vellomi, Vincenzo Jacovino). Nel 1965/66 si dedica ella stessa alla poesia. Sue liriche vengono pubblicate su varie riviste e antologie. Nel 1967 inizia ad esporre in personali e diradando ogni altra attività si dedica esclusivamente alla pittura. Ha allestito oltre 150 mostre personali in Italia e all’Estero: Francia, Germania, Irlanda, Austria, U.S.A. e Inghilterra. La sua mostra dedicata all’ULYSSES di JOYCE è stata esposta presso la Newman House (dell’University College) di Dublino per il Bloomsday 1984. Nel 1988 il suo lavoro CON L’ANTICA CORTESIA, YEATS, ha rappresentato ufficialmente l’Italia al Millennio di Dublino con Pietro Longhi e Giacomo Manzù. La sua mostra dedicata a 4 FIORI DEL MALE, di Baudelaire è stata esposta nell’Ateneo dell’Università di Bari e nel Palais des Arts di Brest.