Trebisacce-20/06/2018: La Carità Ministeriale – Omaggio a Don Joseph Vanson

foto anniversario don joseph

Pino Cozzo

La Carità Ministeriale – Omaggio a Don Joseph Vanson

( per i 25 anni di anniversario di ordinazione sacerdotale)

di Pino Cozzo

 

Le opere di misericordia sono segno del regno, segno di Dio che ha rivelato Sé stesso con la parola e con le opere come atto di Amore: “Deus caritas est”. Noi tutti cristiani dobbiamo comunicare Cristo e rivelare Dio irradiando ciò che Lui è – carità – in ciò che siamo e facciamo, nelle parole e nelle opere di carità. La carità è vera rivelazione, un’incarnazione del vangelo. Questa radicale e gioiosa carità è forse la sola e più cogente prova dell’esistenza di Dio nel nostro mondo materialista e pluralista, in cui le argomentazioni ragionate, da sole, non sono in grado di toccare e cambiare le menti e i cuori. Soprattutto il Vangelo deve essere predicato da testimoni credibili. E’ perciò fondamentale, per la sua condotta e per la sua vita, che la Chiesa evangelizzi il mondo.  Rivelando Dio e il Suo amore, la carità comunica anche quell’amore che non ha eguali e che salva il mondo e sé stessi. Non solo parla di Dio, ma in un certo senso, media la presenza di Dio di cui parla. Non è solo Cristo che riceve la nostra carità, ma il grande mistero di carità è che è Cristo stesso che attua ed è presente in quella carità, per mezzo nostro. Le opere di carità sono opere di Dio, non solo perché esse diventano Suoi strumenti, ma perché sono privilegiate dalla speciale presenza di Dio, proprio perché Dio è carità. “Ogni opera di amore porta l’uomo al cospetto di Dio”. Proprio perché è bellezza, perché attrae, la carità aspetta una risposta esplicita da parte di chi la pratica. Invita, incoraggia, stimola, diventa “contagiosa”. Gli ideali attirano solo quando sono vissuti, incarnati, esemplificati. La bellezza trova il suo potere solo quando le si dà forma, e allora, “per imparare la carità, abbiamo bisogno di vederla vissuta”. La carità si autoirradia, e diventa fruttuosa e autopropagandista con quella freschezza e vitalità di Dio stesso. Solo coloro che hanno ricevuto la carità possono credere in essa. Solo coloro che hanno visto la carità possono credere in un Dio dell’amore che non possono vedere. Ma una volta notata, questa carità non solo porta  a credere, ma fa ritornare alla carità, una carità ritrovata che a sua volta ricomincia lo stesso ciclo di risposta negli altri di credo-attrazione-risposta.

Don Joseph Vanson si dedica nel lavoro pastorale con totale disponibilità alla sequela del Maestro da venticinque anni.  Questa scelta lo impegna a conformare la propria vita a Cristo e al suo amore. È una scelta che viene quotidianamente rinnovata, perché il suo ministero sia sempre più credibile e accettato, e perché la sua personalità sia ponte e non ostacolo per gli altri nell’incontro con Gesù Cristo redentore dell’uomo. È insita nella sua profonda ed avvertita vocazione sacerdotale la continua conversione personale e il lasciarsi continuamente trasformare dal Signore, che si traduce in una continua attenzione e vigilanza alla fedeltà ed alla spiritualità di dedizione per la Chiesa e per il Signore. Una condizione essenziale che non è  mai venuta meno, come la capacità di lasciarsi modellare dal Maestro, esempio di amore di abnegazione. Il suo modello di dedizione continua ad essere innanzitutto Cristo buon Pastore, il quale educa a vivere la carità pastorale come quella “scienza dell’amore” che si apprende solo stando a stretto contatto con Cristo» e che si traduce in un modo tutto particolare di stare accanto alla gente e di amare gli altri. Per fare ciò, egli ha  vigilato sulla propria storia, custodendo un atteggiamento di gratitudine verso Colui che lo ha chiamato al servizio dell’amore pastorale, e lui si è docilmente lasciato coinvolgere. D’altronde, se non si può essere capaci di progredire nell’amore, se non si risponde autenticamente alla vocazione. In lui, questa genuina apertura all’azione dello Spirito Santo costituisce così una condizione permanente e una prerogativa del sacerdozio ministeriale, altrimenti la risposta vocazionale perde lo  slancio, per quanto generoso possa risultare. Don Joseph si dedica agli altri con una  cura pastorale che si traduce in comportamenti concreti affettivamente integrati ed evangelicamente significativi. Il dono gratuito e totale di sé è manifestazione del suo legame con Cristo, è condizione irrinunciabile per chi è chiamato a farsi epifania e trasparenza del Signore buono e misericordioso che dà la vita, e, dunque, il vero altruismo, quello che si manifesta nella piena oblazione di sé agli altri, ha come primo obiettivo il bene dell’altro, il bene che è l’altro: è un continuo cammino di conversione interiore che invita a uscire dalla pigrizia e dal torpore del proprio egoismo per aprirsi al mistero di Dio presente nei fratelli e nelle sorelle che sono affidati alla sua cura pastorale.

In piena sintonia con gli insegnamenti di Cristo Signore, Don Joseph ha collaborato alla guida della comunità, prima in stretta e filiale collaborazione con Don Ciccio Morano, poi, alla compianta e dolorosa dipartita di questi, magistralmente e paternamente da solo, il che non significa che governa sopra di lei, ma che la serve. E’ per mezzo di sacerdoti come don Joseph che lo Spirito Santo trasforma tutto ciò che riguarda il Corpo di Cristo, nella Chiesa, ed ecco perché la Santa Eucaristia per lui è il fondamento del cristianesimo, il fondamento della Chiesa e la sua identità e la sua spiritualità che si manifesta nella storia come futuro Regno dei cieli. Nessuna comunità cristiana si costruisce, se non ha la radice e il fondamento nella celebrazione della Santa Eucaristia, con la quale, quindi, deve iniziare ogni formazione, dove la parrocchia è uno splendido luogo d’incontro: il crocevia di famiglie e persone, è un ambiente di una familiarità senza riserve, il sacerdote e parroco accoglie chiunque, discorre con tutti, evangelizza ed ascolta. I familiari giustamente lo amano, i confratelli giustamente lo rispettano, le comunità parrocchiali giustamente lo adorano, perché il cristianesimo è anzitutto un volto, è il volto del Risorto e soltanto l’incontro personale con Lui ci permette di partecipare alla sua vita, di ritrovare la nostra somiglianza con il Creatore che avevamo perduta. In Cristo, Dio è vicino e lo diventano pure gli altri. Nell’eucaristia siamo uniti ai nostri fratelli, ma unicamente perché in precedenza siamo uniti al Cristo. E uniti nel modo più realistico, divenendo con Lui in una sola vita, un solo sangue, un solo corpo. Ecco perché siamo realmente membri gli uni degli altri, senza la minima separazione. La Chiesa, nella sua vera realtà, non è altro che questo. Nella sua vera realtà, ossia nell’Eucaristia, non è più questa società miserabile e deludente da cui abbiamo scacciato lo Spirito del Cristo, ma il Cristo stesso, il Suo Corpo risorto attraverso il quale le energie divine si riversano sull’umanità e sull’universo.

 Allora, auguri, Don Joseph, auguri di vero cuore e di vero amore da parte di tutti noi, e voglia il Signore della vita e della misericordia concederLe tanti altri anniversari di ordinazione sacerdotale, nella profonda convinzione che gli amati da Dio sono amati da tutti.