Civita-21/08/2018: Piena del Raganello: una tragedia annunciata

Campo base di Civita

CIVITA Piena del Raganello: una tragedia annunciata che deve servire da monito a tutti. A quanti rivestono ruoli di responsabilità e operano con superficialità e con pressapochismo ed a quanti, loro malgrado, si avventurano, per mare e per terra, in imprese troppo ardite sottovalutando i rischi e le insidie della natura. C’è infatti un tempo per piangere doverosamente i morti e per rispettare il cordoglio dei loro familiari e 11 morti e una quindicina di feriti più o meno gravi sono davvero tanti, ma c’è anche un tempo per riflettere sulle ragioni che hanno causato questa autentica tragedia. Lasciare infatti in balia di tanta gente le Gole del Raganello, un luogo naturale di struggente bellezza, ma anche di estrema pericolosità, è come lasciare incustodito e privo di barriere un pozzo freatico, o una cavità naturale ad andamento verticale nei quali chiunque può inavvertitamente cadere e sprofondare. Con il grande discrimine però che le Gole del Raganello, così come del resto i fiumi Lao e Argentino, dove si esercita lo sport del rafting, sono frequentati da centinaia di persone, gran parte delle quali non si affidano alle guide ma si improvvisano escursionisti della domenica sfidando i pericoli della natura e andando incontro all’irreparabile. L’improvvisa e per certi versi annunciata piena del Raganello, come del resto quella di Genova e quella di Rigopiano, se si vogliono evitare ulteriori tragedie, devono dunque scuotere le coscienze e far suonare il classico campanello d’allarme in chi ha il dovere istituzionale di prevenire che tragedie del genere in futuro accadano in modo così frequente. Innanzitutto aumentando la tempestività e la permeabilità dell’allerta-meteo che spesso e volentieri arriva in ritardo, o non arriva a tutti. In questo caso tutti gli esperti sono infatti concordi nel sostenere che è stata commessa una grave imprudenza: non era infatti una giornata per una escursione in quella gola stretta e pericolosa. E la natura ha risposto a quella sfida con una improvvisa e catastrofica ondata di piena riversatasi su quella povere gente come un flagello naturale che, in una fenditura pericolosa, stretta solo 4/5 metri al massimo e alta fino a un chilometro, non ha perdonato nessuno, tanto che diversi corpi sono stati rinvenuti a valle, trascinati dalla forza dell’acqua per circa tre chilometri. Ma oltre all’imprudenza e alla poca incisività dell’allerta-meteo, prima di riaprire alla fruibilità pubblica (e forse non è il caso!) le Gole del Raganello, l’Ente-Parco del Pollino e gli stessi comuni di Civita e di San Lorenzo Bellizzi che ne condividono il percorso devono innanzitutto regolamentarne e controllarne severamente sia l’accesso che l’equipaggiamento indispensabile per potersi avventurare nell’impresa di percorrere il letto del torrente e poi, cosa altrettanto importante, provvedere alla realizzazione delle opere di salvaguardia che mettano in sicurezza le persone. Realizzare perciò delle piazzole di salvataggio, alcuni metri al di sopra del corso del torrente e renderle raggiungibili in caso di pericolo attraverso altrettante piccole vie di fuga in modo da potersi mettere al riparo nei casi in cui il Raganello, un corso d’acqua a evidente regime torrentizio, si ingrossa e alza la voce all’improvviso. Da non trascurare poi, sempre per ragioni di sicurezza, il pericolo della caduta di massi dalle pareti rocciose e a strapiombo, ma anche di piccoli pezzi di roccia che possono staccarsi dalle pareti, sia per escursione termica che per movimenti bruschi di capre selvatiche che non di rado si inerpicano sulle pareti delle forre del Raganello. Anche un sasso di pochi centimetri che precipita da un’altezza di 500/600 metri diventa un proiettile mortale per chiunque. Sono cose su cui la tragedia di lunedì scorso deve far riflettere a fondo quanti hanno responsabilità istituzionali dirette, affinchè non succeda, precisamente come è successo a Genova che, a distanza di più di una settimana dalla morte di ben 43 persone innocenti, nessuno dei responsabili è iscritto nel registro degli indagati, come se il ponte Morandi l’avesse realizzato e provveduto alla sua manutenzione ordinaria il Padreterno.

Pino La Rocca