Italia-14/06/2019: LA TERZA MEGATORTA SIBARITA

TERZA MEGATORTA

 

 

 

 

 

 

LA TERZA MEGATORTA SIBARITA

 

Immaginate un noto play boy che, dopo aver spolpato due precedenti spose miliardarie, decidesse di convolare a terze nozze.

Quando si dovesse recare dal pasticciere per ordinare la sua terza torta nuziale la prima domanda che gli porrebbe l’artigiano sarebbe: “Per quanti invitati?”.

Ecco, per le Grandi Opere avviene lo stesso: prima si decide chi e quanto tocchi a ciascuno, poi, il resto, verrà da sé.

Il pasticcere prima citato passerà quindi a creare la decorazione superficiale del manufatto: il colore della glassa, i fiorellini di pasta di mandorle ed altri ghirigori.

Per le Grandi Opere stesso protocollo: si elaborano gli smisurati vantaggi che la nazione trarrebbe dall’opera, sia in termini occupazionali, sia di funzionalità finale per tutti i cittadini.

Il contenuto interno della torta non interesserà nessuno, pagnottoso Pan di Spagna imbrattato di farinosa cremaccia e via, tanto quello che conta è la scenografia necessaria alle foto della sposa felice col coltello in mano, affiancata dal trionfante ed attrippante coniuge.

Non ha fatto eccezione la terza megatorta sibarita. Lo sposo, noto cascherino di pizzicagnolo arricchito da precedenti spolpamenti, ha deciso, con il suo riccioluto (sic) testimone di nozze, di procedere sveltamente ad ordinare la torta, prima che le imminenti elezioni potessero se perse, intralciare il pasticcere Anas dal procedere alla confezione del gateau (chiccoso francesismo), ficcando lo stesso proprio nell’organismo delegato a stanziare il suo supercosto.

Questa quantità economica, ricordiamolo, doppia rispetto ad altri manufatti mondiali (oggetto della domanda posta da Piercamillo Davigo: perché?), trova la sua giustificazione nella famosa prima domanda del pasticcere: per quanti invitati al banchetto? È il loro numero e fame atavica a determinare il preventivo, non certo la quantità di Pan di Spagna ed appiccicosa cremaccia.

Quanto il riccioluto (sic) testimone di nozze sia specializzato nell’organizzare banchetti o vendette al suo compare, lo stiamo capendo oggi nel vedere come si sia anche prodigato per punire o promuovere magistrati, a seconda dei casi, contrari o favorevoli al suo sodale.

Gli invitati alle nozze sono facilmente riconoscibili. Si tratta di quelli che, con il tovagliolo infilato nel colletto, ed il forchettone in mano, o restano al loro posto anche se plurindagati di corruzione, o, se ancora (per poco) incensurati, si sbracciano ad elogiare la stupendissima decorazione della torta.

Ma se ci doveva pur essere un giudice a Berlino, come narrava Bertold Brecht, che avrebbe accolto l’istanza contro l’Imperatore di un mugnaio di Potsdam, ci sarà pure un Magistrato che metterà fine al possibile scempio economico, ambientale ed archeologico programmato da questi morti di fame.

Maurizio Silenzi Viselli