Trebisacce-17/02/2020: QUEI CAMPIONI SCOMPARSI TROPPO PRESTO (di Francesco Cozzo)

QUEI CAMPIONI SCOMPARSI TROPPO PRESTO (di Francesco Cozzo)

 

Il 5 giugno del 1999, milioni di appassionati di sport si svegliarono con un entusiasmo travolgente. Marco Pantani era a un passo dal conquistare ancora una volta il Giro d’Italia, dopo la vittoria dell’anno precedente, durante il quale si era aggiudicato anche il Tour de France. La ventunesima tappa dell’edizione numero 82 della “Corsa Rosa”, con partenza da Madonna di Campiglio e arrivo all’Aprica, avrebbe dovuto esaltare il fenomenale scalatore romagnolo e certificare la sua superiorità su qualsiasi rivale.

Una particolare trepidazione animava i numerosi ragazzi che si apprestavano a terminare le lezioni scolastiche e non vedevano l’ora di rientrare a casa per seguire le gesta del “Pirata”, così chiamato per la caratteristica bandana che indossava in bicicletta. L’inizio delle loro vacanze estive, però, venne turbato da una pessima notizia: Pantani era stato escluso dalla gara, a causa di un tasso di ematocrito troppo alto. Un episodio controverso, tuttora avvolto nel mistero: il controllo di quella mattina fu l’unico a far emergere un dato al di fuori della norma, mentre le analisi effettuate nelle ore immediatamente antecedenti e successive non mostrarono nulla di irregolare.

Si è parlato di una congiura, di una manipolazione compiuta con l’obiettivo di fermare il leader della classifica generale, nell’ambito di una presunta serie di scommesse clandestine. Forse nessuno saprà mai cosa accadde davvero, ma certamente Marco rimase scosso per sempre, fino al giorno della propria morte, datata 14 febbraio 2004, avvenuta in un residence di Rimini e anch’essa circondata da punti interrogativi: molti continuano a notare incongruenze e a sostenere che si sia trattato di un assassinio, sebbene la giustizia abbia archiviato il caso come suicidio, causato da un’overdose di cocaina e farmaci.

I nostri idoli danno l’impressione di essere eterni: nel momento in cui li perdiamo, soprattutto se ciò accade troppo presto, restiamo increduli e sconvolti.

Poche settimane fa, siamo tornati ad avvertire questa sgradevole sensazione. Lo scorso 26 gennaio, a Calabasas, una città nella contea di Los Angeles, un elicottero si è schiantato contro una collina: l’incidente ha causato il decesso di nove persone, tra cui Kobe Bryant, in forza ai Los Angeles Lakers tra il 1996 e il 2016. Il mondo intero ha pianto la scomparsa di un leggendario ex cestista, un instancabile lavoratore e un uomo intelligentissimo, capace persino di vincere un Oscar.

Pantani e Bryant hanno lasciato un vuoto incolmabile, esattamente come Fausto Coppi, Gaetano Scirea, Ayrton Senna, Drazen Petrovic, Marco Simoncelli, Vigor Bovolenta e tutti gli altri formidabili atleti morti in modo prematuro, appena dopo aver concluso la propria carriera agonistica, quando erano ancora in attività o addirittura durante lo svolgimento di una competizione.

Le vite di alcuni sportivi si sono chiuse contemporaneamente, per colpa di sciagure collettive: le tragedie aeree del Grande Torino, della Chapecoense e del Manchester United dei Busby Babes sono soltanto le prime che vengono alla memoria.

L’elenco è lunghissimo e non può essere esaurito in poche righe. Troppi campioni se ne sono andati precocemente: continuano a vivere nei nostri cuori e, in qualche punto della volta celeste, insegnano agli angeli a eccellere nelle varie discipline.

 

Francesco Cozzo