Trebisacce-08/09/2012:IL PARTITO DEMOCRATICO PER IL RISCATTO DELL’ITALIA

IL PARTITO DEMOCRATICO PER IL RISCATTO...

Andrea Petta 8 settembre 2.59.07
IL PARTITO DEMOCRATICO PER IL RISCATTO DELL’ITALIA
Perché aderire al progetto del Partito Democratico?
Perché il Partito Democratico ha la concreta possibilità di diventare il nucleo costitutivo e fondante di una seria alternativa al centrodestra.
Perché ciò si realizzi, dobbiamo lasciarci alle spalle le difficoltà derivanti dallo stesso atto fondativo del partito, dalla c.d. fusione a freddo tra gli eredi di diversi filoni politici, ideologici, culturali; dobbiamo definitivamente lasciarci alle spalle le baruffe chiozzotte che hanno segnato la vita del partito sin dalla nascita, la palude della guerra continua delle nomenclature, l’esasperazione dei personalismi, le lotte intestine di potere, i conflitti generazionali, che hanno prodotto come conseguenza nefasta – come è stato autorevolmente detto – il c.d. “mito incapacitante” di un partito oggettivamente provvisorio, sospeso tra tentazioni regressive e provocazione scapigliate.
E dobbiamo procedere a costruire un soggetto politico e culturale nuovo, consapevole della necessità di costruire nuovi assetti sociali fondati su culture emergenti e modalità inedite di aggregazione che richiedono politiche innovative in grado di rispondere ai disagi e alle inquietudini del presente frangente storico; un partito che sappia interpretare lo Zeitgeist, lo Spirito del Tempo, che parta dalla ricchezza e dalla varietà delle diverse sensibilità, delle diverse letture delle urgenze del momento per giungere a nuove e feconde sintesi, che muova dalle distinzioni per rielaborarle ed operare la reductio ad unitatem, un partito che sappia essere al contempo un soggetto plurale ed unitario. Solo la riconduzione delle diverse opzioni interpretative sui temi inerenti le convulsioni e le distonie della modernità nell’alveo di una prospettiva comune di sviluppo, di un progetto largamente condiviso nelle sue linee di fondo e nella sua impostazione generale, pur nella diversità di posizione su singoli punti, con la costruzione di una comune piattaforma politico-programmatica; solo la prefigurazione di una visione unitaria, la prospettazione di una complessiva Weltanschauung, orgogliosamente rivendicata, nella quale sostanzialmente e tendenzialmente le diverse anime del partito possano riconoscersi, solo questo processo di unificazione e di concentrazione potrebbe portare alla costituzione di un solido polo socialdemocratico contrapposto a quello conservatore.
E dobbiamo impegnarci ancora di più per costruire un partito, autenticamente, orgogliosamente, di sinistra, che ponga al centro della sua azione i valori della comunità perché, se per la Destra, per utilizzare la famosa frase di Margaret Thatcher “La società non esiste, esistono soltanto gli individui”, per la Sinistra, viceversa, l’individuo è un animale sociale, l’individuo ha un insopprimibile istinto comunitario, gli individui senza comunità non hanno senso, sono soltanto espressione di una ideologia nichilista e cannibalesca.
Un partito che si contrapponga radicalmente alle politiche della Destra.
Abbiamo purtroppo sperimentato, sulla nostra pelle, cosa abbia significato in questi anni bui il governo della destra, abbiamo visto cosa ha prodotto la politica della destra.
La stagione di potere berlusconiana, con la sua concezione aziendal-proprietaria della politica, ha ridotto il Paese in macerie: morali, istituzionali, sociali, culturali. La Destra berlusconiana ha cercato di distruggere la Costituzione Repubblicana per sostituirla con una costituzione di stampo putiniano, ha calpestato il libero giornalismo e l’autonomia dei magistrati, ha inteso umiliare i sindacati, ha violato i più elementari diritti umani, fino al razzismo, ha varato manovre inique che hanno tolto ai poveri e al ceto medio per non toccare i ricchi, ha cercato, in maniera ossessivamente iterata, di affermare la diversità davanti alla Legge, a favore dei politici in generale e dei membri del governo in particolare, ha difeso ad oltranza i più svariati corporativismi.
Una stagione in cui la leadership è stata costruita sulla potenza a livello economico.
Ecco: il potere dei soldi, l’ignoranza greve di chi mette sul tavolo sempre e solo il fondo illimitato della sua carta di credito, la sua ricchezza cresciuta a spese altrui, l’arroganza di un potere che sa solo comprare e corrompere, il danno culturale che l’incultura del ricatto economico impone a spese della ragione, della passione, della giustizia.
“Non c’è libertà possibile, non c’è giustizia, finchè il denaro la fa da padrone” diceva Albert Camus.
Una Destra che ha cercato di istituzionalizzare i vizi storici – non antropologici – degli italiani – il mancato senso dello Stato, il basso tasso di civismo, la tendenza all’elusione della Legge, il c.d. familismo amorale.
L’Italia è divenuta in questi anni uno dei Paesi del mondo occidentale in cui maggiore è la disuguaglianza tra i cittadini, per cui la priorità assoluta è mettere in campo politiche efficaci di redistribuzione del reddito, rivedendo radicalmente il rapporto tra rendita e lavoro e costruendo i fondamenti di un nuovo welfare. La ricchezza finanziaria e immobiliare è diventata sempre più inafferrabile, capace com’è di sfuggire a ogni controllo fiscale, si assiste allo scandalo intollerabile di rendite o emolumenti cresciuti a livelli indecenti, a ricchezze e proprietà smodate che si sottraggono a qualunque vincolo di solidarietà.
Sotto questo profilo, imprescindibile è un riassetto profondo del sistema tributario che alleggerisca il peso sui redditi da lavoro e sull’attività di impresa, attingendo, viceversa, alla rendita dei grandi patrimoni finanziari e immobiliari.Ed allora, riprendere a parlare di giustizia sociale, perché chi ha di più deve essere chiamato a dare di più; attivare politiche rigorose di contrasto alla povertà, in un Paese come il nostro in cui il fenomeno sta assumendo dimensioni drammatiche, perché, se guardiamo il mondo con gli occhi degli ultimi, possiamo fare un mondo migliore per tutti.
Il PD deve dare voce alla parte migliore del Paese, al Paese che lavora, o che cerca tenacemente un lavoro, al Paese che studia, che si impegna, che dedica del tempo al bene comune, che rispetta le regole; e deve emarginare la parte peggiore del Paese, l’Italia dei localismi clientelari, degli egoismi particolaristici e territoriali, delle chiusure corporative e castali, l’Italia dell’interesse dei più ricchi, e dell’arroganza del denaro; e ripartire su ritrovate basi etiche verso un progresso morale e materiale e un nuovo civismo più solido e condiviso, ridare autorità, efficienza e prestigio alle istituzioni e alla politica, ripartendo dai principi della Costituzione.

IL PD dovrà essere sempre di più la sintesi, l’incontro, la fusione delle forze democratiche, progressiste, socialiste, riformiste, colmando il solco sempre più profondo che si è scavato tra cittadini e politica, con i comportamenti coerenti, con le azioni concrete. L’obiettivo, ambizioso, è ricostruire quel patrimonio collettivo che la destra e i populismi di varia natura e matrice hanno progressivamente disgregato: la qualità della democrazia, la dignità della persona, l’eguaglianza di fronte alla Legge, la legalità, la partecipazione. Dobbiamo sconfiggere l’ideologia della fine della politica e delle virtù prodigiose di un uomo solo al comando. Tali ideologie generano mali tra i più perniciosi del nostro tempo, il qualunquismo ed il populismo. Il populismo è il principale nemico di una politica autenticamente popolare. In questi ultimi anni, esso è stato alimentato da un liberismo finanziario che ha lasciato i ceti meno abbienti in balia di un mercato svincolato da qualsivoglia regola o limite. La destra populista ha promesso una fallace tutela dagli effetti deleteri del liberismo finanziario, innalzando barriere culturali, territoriali e a volte xenofobe. Anche quando questo populismo ha pescato il suo consenso all’interno di un disagio diffuso e reale, i sui esiti sono sempre stati antipopolari.
La sola vera risposta al populismo è nel ritrovamento della partecipazione come base dei processi formativi delle decisioni politiche, nella difesa intransigente del principio di legalità, nel contrasto deciso all’evasione fiscale, nel rafforzamento della normativa contro la corruzione e in un sostegno sempre più concreto agli organi inquirenti e agli amministratori impegnati contro mafie e criminalità, nel rinnovamento della politica, nella riduzione dei suoi costi e della sua invadenza in ambiti che non le competono. Serve una politica sobria, che rinunci a privilegi odiosi, ad emolumenti al di sopra della media europea, perché se gli italiani sono stati chiamati a fare sacrifici dolorosi, chi li governa deve dare il buon esempio ed adottare comportamenti rispondenti ad una rinnovata etica pubblica.
Ma soprattutto, deve essere abbandonato il dogma, imperante in questi anni, che la privatizzazione e l’assenza di regole siano di per sé produttivi di sviluppo; il mercato deve essere regolato e non essere lasciato alla selvaggia libertà degli animal spirits, senza per questo voler tornare al vecchio dirigismo statalista.
Abbiamo alle spalle il decennio di una destra che messo in discussione le stesse fondamenta dello Stato di diritto. L’ansia del rinnovamento, del mutamento di rotta, dell’inversione di tendenza, si sente forte e pressante. I democratici e i progressisti devono intercettare questa ansia, devono ascoltare il disagio e la sofferenza sociale, non lasciare che tali sentimenti cerchino e trovino risposte nell’aggressività sguaiata, nelle semplificazioni rozze della demagogia e del populismo.
Ed allora, il PD può e deve essere il fulcro di un grande polo riformista per il riscatto dell’Italia.
Per le ragioni che ho detto e per tante altre che avrei potuto dirvi, permettetemi di chiedervi, umilmente, sommessamente, ma al tempo stesso con convinzione e passione, di aderire al Partito Democratico.
Grazie.