Albidona-09/09/2015:Se incontrassi il “brucia-boschi” del mio paese (di Giuseppe Rizzo)
Se incontrassi il “brucia-boschi” del mio paese
Perché il fuoco doloso danneggia quasi sempre Corigliano, Cassano, Cerchiara, Villapiana e Albidona ? E perché si dice a bassa voce che qui c’è puzza di strani disegni ? Per paura degli speculatori della cementificazione selvaggia ? Ora, che a Villapiana hanno bruciato la pineta sotto il centro abitato e anche quella del litorale, c’è da fare qualcosa.
Il mio piccolo paese, “porta del Pollino”, è stato martoriato da quattro incendi boschivi. Ora è tutto un raccapricciante deserto. L’ignoto e insensato nemico della Natura vive come un solitario e vendicativo animale. Ci mette poco a far scattare l’accendino delle sigarette, acquattandosi nella isolata vallata di contrada Promenzano. Sceglie sempre di compiere il suo assurdo gesto nel tardo pomeriggio. A quell’ora, la campagna di Albidona è deserta; solo i cinghiali e le volpi escono dal bosco e vanno a cercare pere e fichi attorno alle vecchie masserie. Ma questi animali sono stremati dalla fame e non recano gravi danneggiamenti.
Se in quel tardo pomeriggio del 4 settembre fossero arrivati i soccorsi, il fuoco sarebbe stato certamente domato.
Siamo andati a trovare quei sette contadini che hanno rischiato di morire tra le fiamme: Pietro, Domenica, Antonia, Matteo, e Vincenzo e l’altro Pietro. Sono quasi tutti anziani, e qualcuno è pure malato.
Ma che succede in Albidona ? Gli “anonimi” della disperazione sociale, forse per un discutibile progetto che sa di lotta tra i poveri, hanno messo le catene al grande portone del Palazzo municipale. La “selezione” fu subito rimpastata ma si è ridotta a una miserabile distribuzione di una umiliante elemosina. E’ azzardato immaginare dei collegamenti, ma una settimana dopo, altri ignoti si sono resi responsabili di un pericoloso attentato alla casa di un noto amministratore comunale. Anche in questo caso poteva accadere una strage. Dopo una diecina di giorni, altri “ignoti” se la sono presa con i boschi, distruggendo la pineta privata del Mancone di San Pietro, il ciglio della Forestacaccia, e con la ginestraia vicino a Piano Senise.
“Ormai, Albidona, è terra bruciata”, dice il vecchio contadino che troviamo col mento poggiato sul lungo bastone, e guarda amareggiato i “mozzoni” affumicati dei suoi alberi.
Il fuoco fa ancora paura: negli anni Quaranta, due ragazzini di Amendolara, per salvare i buoi che pascolavano nel bosco, sono rimasti carbonizzati nel più furioso incendio di “Straface”. I temerari “appiciafuoco” sono usciti di testa. Ci auguriamo che, dopo tanta inspiegabile malvagità, si rendano conto del loro assurdo operato. Se ce l’abbiamo con qualcuno, lo dovremmo lottare a viso aperto, ma senza arrivare al coltello, al fucile e al fiammifero.
Ma anche noi, che gridiamo subito al “piromane criminale”, continuiamo a fare retorica: abbiamo visto la foresta sempre come fonte di paura e di sfruttamento. I nostri colonizzatori Romani tagliavano i grandi pini della Sila, per costruire navi da guerra e le sontuose ville dei loro “valorosi veterani”. Agli inizi del ‘900, soltanto lo scrittore scozzese Norman Douglas ci ricordava il “dissennato taglio” del Pollino. Lo “storico” del proprio campanile si gloria che “Epeo, per costruire il mitico cavallo di Troia, è venuto ad abbattere gli alberi nel bosco Cernostaso di Francavilla Marittima”.
Hanno bruciato da Plataci a Cerchiara, fino a Nocara. I piromani non hanno capito che il danno si rovescia sui loro figli. Non sanno che la distruzione del bosco provoca altre frane. E’ dal 1972-73 che l’Alto Jonio viene sconvolto dalle alluvioni e dagli smottamenti di interi paesi.
Uno degli anziani contadini scampati alla morte, ci dice: “Non si è mai capito che dopo la nostra morte, queste campagne diventeranno tutte boschi impenetrabili. I nostri figli sono tutti emigranti. Noi siamo vecchi, dove andremo ? Resteremo ancora in campagna ma vorremmo stare pure un po’ tranquilli. Se ti sorprende la frana o il fuoco, rischi di morire come un topo !”
E il giovane allevatore, che vorrebbe continuare a coltivare la campagna paterna, aggiunge: “Le piste campestri sono spesso rovinate dalla frane e dall’incuranza. Ti passa la voglia di restare in questi luoghi deserti. I boschi sono completamente abbandonati; dovrebbero essere puliti, anno per anno.”
Cari signori (Renzi, Oliverio e sindaci della Calabria): ci vogliono PREVENZIONE (pulitura dei boschi) e anche VIGILANZA. Oggi, nel bosco non ci sono più i lupi, gli orsi e altri strani mostri spaventa-bambini, ma solo gli “appicciafuòchi” e i “taglia-quercia.
Povero “appiccia-fuoco” ! Qualcuno dice che ti abbia avvistato, mentre brancolavi da Promenzano a Recolla, ma non ti ha riconosciuto. Ma è vero che stamattina (9 settebre), prima dell’alba, hai tentato di mettere ancora fuoco nello stesso posto ? A chi vuoi sfidare ?
Se ti incontrassi nel bosco della mia infanzia, ti direi solo questo:
“Quelli che non sentono pietà per la terra dove sono nati e dove vivono, sono dei traditori e anche degli omicidi. Purtroppo, quando il “brucia-bosco” resta ignoto, siamo tutti sospetti e colpevoli. E questo non è giusto. Io amo fratello Bosco e Madre Terra. Non mi sento un traditore”.
Giuseppe Rizzo