Cerchiara di Calabria-23/06/2012:CERCHIARA PERDE LE ACQUE SULFURIE

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 344 del 2006, proposto da:
Comune di Cerchiara di Calabria, rappresentato e difeso dall’avv. Elena Sancineto, con domicilio eletto presso l’avv. Francesco Leone in Catanzaro, viale De Filippis, 214;

contro

Regione Calabria, rappresentata e difesa dall’avv. Giuseppe Naimo, con domicilio eletto presso l’ Avvocatura Regionale -viale Cassiodoro, 50;

per l’annullamento, previa sospensione

del decreto n. 212 del 19.1.2006 di decadenza del Comune ricorrente dalla concessione per acqua sulfurea denominata “Balzo di Cristo” in agro del Comune di Cerchiara di Calabria

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Regione Calabria;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 maggio 2012 il dott. Alessio Falferi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Il Comune ricorrente esponeva che con decreto di data 20.9.1935 il Ministro Segretario di Stato per le Corporazioni concedeva in perpetuo al Comune di Cerchiara di Calabria la facoltà di utilizzare l’acqua sulfurea delle sorgenti denominate “Balzo di Cristo” site nel Comune stesso.

Una volta realizzate le opere necessarie allo sfruttamento, il Comune concedeva l’utilizzazione di parte delle sorgenti alla ditta Giuseppe e Pietro Carlomagno per un periodo non superiore ad anni venti, a decorrere dall’1.10.1970.

Precisava il Comune che la Regione Calabria, con deliberazione di GR n. 41/1982 e successivo D.P.G.R. n. 1458/1983 approvava in sanatoria il contratto stipulato tra il Comune medesimo e la ditta dei fratelli Carlomagno, contratto successivamente prorogato fino al 30.9.2000. Negli anni successivi il Comune concedeva, fino al 31.12.2005, l’utilizzazione di parte delle sorgenti alla ditta “Ninfa 2001 snc.

Precisava, altresì, il Comune ricorrente che mentre predisponeva un progetto preliminare per lavori di riqualificazione delle strutture termali, poi approvato con deliberazione n. 112/2000, era incluso nel P.I.T. Alto Ionio Cosentino per l’importo di euro 491.023,00, che comportava il superamento del precedente progetto e la redazione di un nuovo progetto recante “Valorizzazione e potenziamento del complesso termale Grotte delle Ninfe”; era, altresì, stipulato, in data 28.2.2005, un accordo di programma con la Regione Calabria avente ad oggetto le suddette opere.

Lamentava, peraltro, il Comune che, a seguito di una istruttoria che non lo vedeva neppure coinvolto, con decreto n. 11522 del 28.7.2005, il Direttore Generale del Dipartimento Economia della regione Calabria, premessa la scadenza dell’autorizzazione allo sfruttamento delle sorgenti in capo ai fratelli Carlomagno, la mancata risposta di questi ultimi e del Comune alla richiesta di presentare, ex art 41 d.P.R. 128/1959, i programmi generali dei lavori e delle coltivazioni da eseguire nelle miniere per i periodi annuali, la mancata comunicazione in ordine alle opere realizzate dal Comune secondo la deliberazione n. 112/2000, la richiesta comunale di un contributo per attuare il progetto di riqualificazione della struttura termale, la mancanza di concessione edilizia per i manufatti esistenti nel perimetro della concessione, la mancanza delle ricevute di pagamento della tassa di concessione e del diritto proporzionale annuo, fissava entro il termine di un mese l’assolvimento degli obblighi indicati, con avvertimento che il mancato adempimento avrebbe determinato la decadenza.

Il Comune precisava che le richieste di incontro formulate dal Sindaco al fine di chiarire la situazione restavano prive di riscontro, così come quelle formulate dopo l’assunzione del provvedimento di decadenza oggetto del presente ricorso.

Con il provvedimento di data 18.1.2006, prot. n. 0400006, registro decreti n. 121 del 19.1.2006, era decretata la decadenza del Comune di Cerchiara di Calabria dalla concessione per acqua sulfurea denominata “Balzo di Cristo”.

Il detto provvedimento era, dunque, impugnato dal Comune ricorrente, il quale, previa sospensione cautelare, ne chiedeva l’annullamento denunciando i seguenti vizi:” Violazione e falsa applicazione dell’art. 40 del R.D. 29 luglio 1927 n. 1443 – Eccesso di potere per difetto di motivazione – Eccesso di potere per difetto di istruttoria”.

Si costituiva in giudizio la Regione Calabria, la quale eccepiva il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore del Tribunale delle Acque.

Con ordinanza n. 283 assunta alla Camera di Consiglio del 20 aprile 2006 era concessa la sospensione cautelare del provvedimento impugnato.

Alla Pubblica Udienza dell’11 maggio 2012, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Preliminarmente è necessario scrutinare l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dalla difesa della Regione Calabria.

L’eccezione non è fondata.

Invero, come è stato posto in luce dalla S.C. di Cassazione, la materia delle acque minerali e termali è estranea alla disciplina amministrativa delle acque pubbliche, contenuta nel R.D. n. 11 dicembre 1933 n. 1775 e rientra, invece, in quella delle miniere, di cui al R.D. 29 luglio 1927 n. 1443, con la conseguenza che le controversie ad esse relative non sono “di competenza del Tribunale superiore, ma appartengano alla giurisdizione del Giudice amministrativo (Tar e Consiglio di Stato) e, in particolare, a quella esclusiva, anche con riguardo a provvedimenti cautelari e di urgenza”, quando si verta, come nel caso in esame, in tema di concessioni (CASS S.U. 23 aprile 2001, n. 176).

Passando al merito e discostandosi da quanto deliberato in sede cautelare, il Collegio ritiene che il ricorso sia infondato.

Giova ricordare che il provvedimento impugnato, con il quale è stata decretata la decadenza del Comune di Cerchiara di Calabria dalla concessione per acqua sulfurea “Balzo di Cristo”, è fondato sui seguenti due presupposti:

-da sopralluoghi effettuati da personale regionale è emerso che le sorgenti in questione non risultavano adeguatamente valorizzate e che il concessionario non ottemperava agli obblighi contenuti nell’atto di concessione, nonché alle disposizioni previste dalla vigente normativa;

– con decreto n. 11522/2005 sono stati individuati degli obblighi che il Comune avrebbe dovuto assolvere, pena decadenza dalla concessione, entro il termine di un mese: 1. presentazione dei programmi generali annuali per la valorizzazione della sorgente e della struttura termale, con l’indicazione degli elementi utili ai fini della sicurezza; 2. trasmissione delle ricevute di pagamento della tassa di concessione e del diritto proporzionale annuo; 3. documento di sicurezza e salute (DSS) coordinato, redatto ai sensi dell’art. 6 del D.Lgs. n. 624/96; 4. esibizione del provvedimento regionale con cui risulta approvato eventuale contratto di subappalto ai sensi della legge n. 283/1961.

Il provvedimento specifica che entro il termine prescritto il Comune non ha provveduto ad assolvere gli obblighi indicati.

Fatta questa premessa, con il primo motivo il Comune ricorrente denuncia la violazione dell’art. 40 del R.D. n. 1443/1927, in quanto non si sarebbe verificata alcuna delle condizioni ivi previste per la pronuncia di decadenza.

La norma invocata prevede che la decadenza possa essere pronunciata quando il concessionario non adempia agli obblighi imposti con l’atto di concessione, ovvero quando non abbia osservato le disposizioni contenute nei precedenti artt. 25, 26 e 27. Per quanto qui rileva, la prima disposizione prevede l’obbligo per il concessionario di versare il diritto proporzionale; l’art. 26 dispone che le miniere date in concessione devono essere tenute in attività e coltivate con mezzi tecnici ed economici adeguati alla importanza del giacimento, svolgendo regolare manutenzione; l’ultima disposizione prevede che qualunque trasferimento della concessione debba essere preventivamente autorizzato.

Il provvedimento impugnato, come in precedenza ricordato, si fonda, da un lato, sulla mancanza di una adeguata valorizzazione delle sorgenti date in concessione e, dall’altro, anche sulla mancata trasmissione delle ricevute di pagamento della tassa di concessione e del diritto proporzionale, circostanze queste che realizzano, pertanto, le ipotesi di cui agli artt. 25 e 26 del R.D. n. 1443/1927 sopra ricordati.

La dedotta violazione dell’art. 40, per mancata realizzazione delle ipotesi di decadenza ivi previste, pertanto, non è sussistente.

Con il secondo motivo di ricorso si denuncia un vizio motivazionale del provvedimento impugnato.

La censura non è condivisibile.

Richiamando quanto sopra già esposto, si rileva che il decreto di decadenza risulta, seppur succintamente, sufficientemente motivato, in quanto esplicita le ragioni di fatto ed i motivi di diritto posti a fondamento della decisione. Peraltro, il detto provvedimento deve essere letto unitamente al precedente decreto n. 11522 del 28.7.2005, con il quale la Regione aveva già comunicato al Comune le ragioni che avrebbero potuto fondare, in caso di mancata idonea risposta entro il termine assegnato, la decadenza dalla concessione.

Con il terzo motivo di ricorso, si denuncia un difetto istruttorio, rilevando un mancato coordinamento all’interno della stessa amministrazione regionale, in considerazione dei progetti di valorizzazione e potenziamento del complesso termale ben noti alla Regione.

Anche tale censura non è condivisibile.

L’esistenza di progetti di valorizzazione e potenziamento della sorgente termale, da un lato, non fa venir meno la validità delle ragioni –in precedenza illustrate – poste a base, prima , del decreto n. 11522 del 28.7.2005 e, poi, del provvedimento di decadenza qui contestato, ragioni che, nei presupposti di fatto, non sono concretamente smentite dal Comune ricorrente; dall’altro, non permette, di per sé sola, di concludere per la sussistenza di una carenza istruttoria ascrivibile alla Regione nell’adozione del provvedimento di decadenza.

In definitiva, il ricorso è infondato e va respinto.

Sussistono giustificati motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Catanzaro nella camera di consiglio del giorno 11 maggio 2012 con l’intervento dei magistrati:

Giuseppe Romeo, Presidente

Concetta Anastasi, Consigliere

Alessio Falferi, Referendario, Estensore

L’ESTENSORE  IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 13/06/2012

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)