Il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, alle 16.30 in punto si presenta come da programma nella sala della Giunta per presenziare alla presentazione del libro di Vincenzo Diego, “ I gigli recisi,Giuseppe Pignone Del Carretto e la fine del regno borbonico”( Valentina Porfidio Editore).Prima di parlare dell’ultimo sindaco borbonico, dei comitati insurrezionali calabresi e lucani e del plebiscito, sorrisi e tante strette di mano. Una giornata intensa, dunque, carica di significati e di emozioni. All’importante appuntamento erano presenti storici, cittadini dell’Alto Ionio calabre e del versante lucano. Dopo aver preso posto attorno al tavolo, l’on. Mimmo Talarico inizia a presentare il lavoro su Giuseppe Pignone. “Un lavoro straordinario di ricerca – esordisce – portato avanti con passione, con amore per Oriolo e la nostra terra. Una ricerca che fa luce su un personaggio importante, ma dimenticato. Diego – ha continuato – con il suo libro rende giustizia all’ultimo sindaco borbonico, ma svela allo stesso tempo notizie importanti circa la partecipazione all’insurrezione di cittadini calabresi e lucani, per poi chiudere con i verbali del plebiscito del 21 ottobre del 1860”. A seguire l’intervento di Vincenzo Diego, che dopo i ringraziamenti ha spiegato le ragioni che lo hanno portato a scrivere il libro. Per l’autore si tratta di “ un’operazione verità, un tassello importante per fare luce su un personaggio che è stato attore principale per il passaggio dal “vecchio al nuovo ordine di cose”. Uomo fidato del re, tanto da mettergli in mano la città in quelle ore di angoscia, ore drammatiche. L’obiettivo era quello di evitare spargimenti di sangue, la guerra civile, ma il marchese di Oriolo seppe anche dire di no all’annessione al regno dei Savoia, spianando di fatto la dittatura di Garibaldi. Il Generale, forse anche per questo, il 10 settembre gli scrisse una lettera di ringraziamento e di stima. Gli storici, Vincenzo Napolillo prima e Pina Basile dopo, hanno sottolineato l’importanza del volume di Vincenzo Diego, che contribuisce a colmare un vuoto, aggiungendo una pagina mancante nella storia calabrese, meridionale e nazionale. Anche gli amministratori comunali presenti nel palazzo municipale, l’assessore alla cultura del comune di Oriolo, Nicola Simonelli, il sindaco di Cersosimo, Pietro Gulmì e il sindaco di Rocca Imperiale Ferdinandi Di Leo, hanno sottolineato il rigore e il pregio del lavoro portato avanti da Diego, ma anche le potenzialità dei territori, che guardano con sempre maggiore interesse alla cultura, al turismo, ai beni ambientali e architettonici, volani certi di sviluppo. Appasionato l’intervento conclusivo del primo cittadino della città partenopea. Luigi de Magisteri ha innanzitutto espresso gratitudine e apprezzamento per Vincenzo Diego, “autore che ci fa conoscere e riportare in primo piano un personaggio dimenticato”. Poi parla da sindaco, da politico, da meridionalista, da uomo che ha un legame molto forte con la Calabria, un legame-dice- “fatto anche di momenti di sofferenza e di gioia”. Poi prosegue parlando di Napoli, “l’unica città d’Italia- ci tiene a precisare- che ha avuto una rivoluzione nel 1799, finita in un certo modo, Masaniello nel ‘600, i moti del ’48. Napoli – spiega- è la prima e l’unica città d’Europa che si è liberata da sola dal nazifascismo con le quattro giornate. Alla rivolta, come disse Curzio Malaparte, c’erano le donne e i giovani in prima linea, poi vennero gli uomini e gli alleati. Napoli- ha continuato con un pizzico di orgoglio- è vulcano sociale, politico e culturale”, girando lo sguardo verso la finestra, pensando naturalmente al Vesuvio. Affronta temi importanti, e lo fa da italiano, da meridionale, da napoletano. “Credo che il Sud debba scrivere innanzitutto delle pagine di dignità. Non riesco a immaginare- evidenzia- l’Italia senza il Sud, non riesco a immaginare l’unità d’Italia senza il Mezzogiorno. Un altro sogno realizzabile è quello di essere consapevoli e capaci di emanciparci da soli, dobbiamo farcela da soli, dipende esclusivamente da noi, anche perché il sogno è un atto di realismo. Noi meridionali – ribadisce- non abbiamo nulla di meno, abbiamo la forza umana, la passione, la sofferenza, la tenacia. I grandi cambiamenti non li hanno fatti i soldi, nemmeno i governanti, ma le popolazioni”. Poi si ferma per un attimo, dando spazio a qualche ricordo personale. “Il primo giorno che venni in Calabria, alcuni vostri corregionali mi chiedevano “ ma tu a chi appartieni. Non capivo questa logica, poi capii che spesso nel nostro Sud si appartiene a qualcuno, a un politico, a un sindaco, a un padrone, a un mafioso, a chi ha il potere. Noi- ammonisce- dobbiamo costruire un processo di liberazione, portare avanti un concetto di appartenenza completamente diverso, utile per liberarci, per emanciparci, per lottare, per unire, per essere più solidali, più uguali e con maggiore giustizia sociale. Io vedo un Sud molto vivo che mi lascia ben sperare, vedo nella cultura la nostra storia, ma anche il nostro processo di emancipazione. Tutto questo lo vedo nella mia città. In un momento di crisi bisogna partire proprio dalle tradizioni, dall’arte, dalla cultura, chi scopre la cultura, l’arte, la bellezza, non potrà mai scegliere il malaffare, la mafia, la ‘ndrangheta, la camorra”. Prende fiato, giusto un attimo, per poi aggiungere: “spero al più presto di onorare l’invito di visitare Oriolo, le vostre splendide terre, ovviamente sono vicino anche alle popolazioni del Parco Nazionale del Pollino, Laino Borgo, Mormanno, Rotonda, che stanno soffrendo da tempo questo sciame sismico. Fatti che sto seguendo particolarmente, perché il legame con queste terre c’è ed è forte”. Poi ancora la politica, la storia, in modo particolare il Risorgimento. “Noi non dobbiamo pensare al ritorno di pagine che appartengono alla nostra storia, anche se alcune pagine vanno sottolineate. Nel 1861 l’unità d’Italia fu fatta soprattutto attraverso il denaro del Banco di Napoli.Oggi a me non può che far soffrire che si chiami Banco di Napoli, ma che la testa finanziaria si trovi a Milano. Da noi rimane solo la suggestione, il potere e il centro decisionale si sono spostati da Roma in su. Io vorrei ritornare alla stagione dove dal punto di vista geopolitico il Sud sia forte, non quel Sud fatto di borghesia mafiosa, di spesa pubblica, di intrecci particolari, ma un Sud ribelle, nel senso dei diritti, della Costituzione, della giustizia sociale. Ho una percezione, un intuito, sono convinto che le pagine più importanti verranno nei prossimi anni. Napoli può dare una mano a tutto il Sud, penso in modo particolare alla Lucania, alla Calabria, se riusciamo a portare avanti un buon lavoro, credo che anche l’Italia sarà più unita e più forte. Mai più un Sud che viene percepito come una palla al piede, io non voglio un Sud che si lamenta, il lamento non serve. Chiudo complimentandomi ancora con l’autore, per questo lavoro che mi lega tra l’inizio dell’unità d’Italia e questa stagione per me molto difficile, ma anche fatta di grande entusiasmo e di grande passione”.