Trebisacce-19/12/2015:La natura al centro dell’universo (di Pino Cozzo)

Pino Cozzo
Pino Cozzo

La natura al centro dell’universo

di Pino Cozzo

 

 

La natura ha sempre svolto un ruolo importante nella poesia, ma, nel Romanticismo, ha assunto davvero contorni rilevanti, quando è emerso un nuovo modo di intendere il creato che si era imposto nelle epoche precedenti.  I meccanismi naturali sviluppati da Galileo e Newton, che hanno profondamente condizionato la filosofia del 17° e 18° secolo, sono stati poi rivalutati da Kant come  spontaneità e creatività nella stessa natura. Su questi aspetti si è soffermata l’attenzione dei Romantici e ad essi hanno dato peso, sostenuti dalle teorie della Rivoluzione Industriale, che, secondo i poeti romantici, ha fatto perdere i contatti all’uomo con la natura ed ha prodotto in lui sentimenti di estraneità.  Le conseguenze della forte industrializzazione della campagna ha spinto verso la celebrazione della natura selvaggia ed incontaminata, che, per i Romantici, era fonte di ispirazione e gioia e che permetteva loro di entrare in contatto con il vero senso della vita e del divino. Essi non erano tanto interessati alla descrizione della natura fine a sé stessa, ma agli effetti che essa produceva sui sentimenti e le emozioni del poeta. Il concetto di bellezza e di passione era già legato a doppio filo alla teoria del sublime, e, quando esso genera “meraviglia”, lo stato dell’animo si eleva a godimento della vita. Così, le montagne, i prati, le tempeste, il mare non costituivano solo un paesaggio esterno, ma era un riflesso dell’introspezione dell’artista. Ovviamente, ogni poeta romantico, inglese, o di ogni altra estrazione, aveva un suo modo di entrare in simbiosi con la natura: alcuni la usavano per il simbolismo, altri come fonte di ispirazione e felicità, altri la amavano come suprema atmosfera. Lo sviluppo successivo della filosofia e delle nuove teorie scientifiche ha evidenziato un modo di vedere il mondo più meccanicistico. L’uomo non era più al centro dell’universo, ma “un ospite” oppresso da un’indifferente, a volte ostile, natura. L’ostilità e l’indifferenza del destino è ben rappresentata, per esempio, in Bronte in Inghilterra, in Zola in Francia e in Verga in Italia, rappresentanti di un movimento letterario denominato Naturalismo, o, Verismo, in Italia. Nel campo poetico, molti scrittori hanno glorificato e ringraziato il Signore Creatore dell’Universo per la varietà della Natura, che Dio, come un Padre, ha voluto offrire all’Uomo liberamente. Nel 20° secolo, la ricerca scientifica e i metodi empirici e matematici cercano di spiegare tutti i fenomeni naturali, tralasciando ogni altro aspetto che si discosti da ciò. Tuttavia, la natura continua ad essere uno dei principali temi della poesia, spesso utilizzata come simbolismo per commentare il comportamento umano o per mostrare l’alienazione nella società contemporanea. Alcuni poeti inglesi hanno cercato di spiegarla come la sede della memoria, altri hanno sottolineato come l’uomo abbia perso il contatto con l’ambiente esterno e si siano abbrutiti nella triste, squallida, miserabile atmosfera delle città, poiché l’urbanizzazione ha prodotto “un uomo vuoto” in “una terra desolata”, altri si sono soffermati sull’aspetto sacramentale della natura, celebrando l’eterno ciclo della vita e della morte, l’ordine e l’energia, il naturale processo della generazione che produce la vita e poi la sua fine, o la spensierata giovinezza trascorsa a contatto con l’ambiente che rappresenta il ritrovamento della perduta felicità.  E allora, l’uomo è chiamato a gestire e a perfezionare la natura come missione divina ed a testimoniare, con la sua opera, il suo impegno a governare il creato.  Non si tratta di una materia amorfa o di un mero fatto arido e senza scopo, ma di un ordine e un disegno da interpretare, di un linguaggio da ascoltare e capire, di una verità e una bellezza da contemplare. L’uso sconsiderato dei beni messi a disposizione da “Madre natura” è indice di una povertà e meschinità da parte dell’uomo, che spesso è animato dal desiderio di possedere le cose senza riferirle alla verità, senza quell’atteggiamento disinteressato, gratuito ed estetico che nasce dallo stupore per l’esistente e la bellezza, che fa trasparire nelle cose visibili il messaggio e la grandezza di quel Creatore invisibile che ha dato loro la vita.  Dunque, l’uso che noi umani ne facciamo dev’essere rispettoso e deve tener conto sia dell’originalità e unicità di ogni elemento sia della reciproca connessione di un sistema ordinato. Possiamo finalizzare le cose a nostro vantaggio, ma sviluppando e perfezionando una finalità già esistente e mirata, e dobbiamo soprattutto considerare che tutto ciò dev’essere a tutela delle future generazioni che non possono e non devono pagare un prezzo così alto alla nostra incuria.