Trebisacce-17/06/2016:Graham Greene: lo scrittore cattolico ( di Pino Cozzo)

Pino Cozzo
Pino Cozzo

Graham Greene: lo scrittore cattolico

di Pino Cozzo

 

“Nella vita, sono i primi anni che contano. Su quelli si baseranno l’esperienza e un certo modo di conoscere il mondo”. Questa breve, ma significativa riflessione di Graham Greene ripercorre e riassume la sua vicenda umana ed artistica a diretto riscontro, per esempio, di una sua nota critica riferita ad uno degli scrittori che, sia pur tanto diverso da lui, più ama ed ammira: Charles Dickens. “Lo scrittore creativo vede il suo mondo una volta per sempre nella fanciullezza e nella adolescenza e tutta la sua vita di lavoro è uno sforzo per illustrare il suo mondo privato, nei termini del gran mondo pubblico di cui tutti noi siamo partecipi”. L’evidente analogia dice  molto, da una parte, dell’incapacità di Greene di giudicare e di guardare agli altri se non attraverso il filtro della sua ottica personalissima, e, dall’altra, del suo caratteristico uso del paradosso che avvicina, fino a renderli analogici, se non proprio equivalenti, termini che invece sono dialetticamente contrapposti. Passato e presente, infanzia e maturità, vita ed arte, privato e pubblico, Greene non vuole vedere alcuna frattura fra il solitario fanciullo della cittadina in cui nacque, Berkhamsted, in Inghilterra, ossessionato da sogni di violenza e di fuga, e il maturo indagatore della coscienza oppressa dall’oscura presenza del male, tra l’incantato lettore di racconti d’avventure esotiche e l’inquieto romanziere del peccato e della grazia. Per lui, per il suo universo letterario, hanno contato poco o nulla i più di cinquant’anni di tormentata storia europea che separano l’anziano autore dall’adolescente confuso, che, a diciott’anni, “voleva scrivere, ma non aveva trovato il suo argomento”. Non meraviglia, allora, il fatto che Greene, scrivendo di sé, si sia limitato a parlare di quell’unico periodo della sua vita che egli ritiene fondamentale per la sua carriera di scrittore, di quella sua adolescenza che può, secondo lui, essere interpretata come una parabola della sua vicenda futura, “una specie di vita” “a sort of life”, che rivela lo schema e il disegno, già tutto tracciato, di tante delle vite narrate nei suoi romanzi. Non importa seguirlo nei suoi numerosi viaggi per il mondo, valutarne i molteplici interessi e l’intensa attività, elencare i molti riconoscimenti e gli incarichi ricevuti meritatamente, la sua vicenda, almeno da un certo periodo in poi, è la vicenda dei suoi romanzi, il compimento e la ripetizione della storia dei suoi primi vent’anni. E’ questa l’immagine di sé che Greene vuole consegnare ai suoi lettori, il suo ritratto definitivo ed immodificabile, la chiave di lettura per spiegare la sua arte in termini di continuità e di profonda organicità. Dal “caos di esperienze” accuratamente “ordinate” emergeranno quei “brandelli del passato” che possano spiegare le ossessioni del presente, che possano aprire uno spiraglio interpretativo sulle contraddizioni dei romanzi e che preannunciano i grandi temi della maturità dello scrittore. Come è avvenuto per San Paolo, Sant’Agostino, San Francesco D’Assisi, Manzoni, dopo la conversione, il Greene cattolico ha trovato la sua strada: prima redattore e poi vicedirettore del “Times”, poi per cinque anni scrittore a tempo pieno dopo il successo di “The man within”, “L’uomo dentro di me”, ed i suoi numerosi viaggi in giro per il mondo. Greene rivendica allo scrittore il privilegio di dominare e plasmare la materia ed i personaggi del suo romanzo, di trasferire sulla pagina un universo determinato, dai contorni fermi e definiti, conoscibile e giudicabile fin nei minimi particolari. Secondo Greene, il diritto del romanziere è quello di esprimere la propria concezione del mondo che può estendersi al punto di inglobare e negare ogni voce alternativa. La sua convinzione di cattolico era quella di credere che l’esperienza cristiana della Croce avesse additato all’uomo il modo di superare la condanna della sua esistenza terrena, la prigione del male  e del peccato. La redenzione e la salvezza devono trovarsi su quel limite sottilissimo che divide la vita dalla morte: la via è indicata da Cristo e dal Suo martirio terreno. Come Cristo ha accettato di pagare un alto prezzo nella sua esistenza terrena nel mondo, sacrificando con amore immenso ed umiltà profonda la propria vita per riscattare i propri fratelli dal peccato originale, così l’eroe greeniano dei romanzi cattolici si offre ad una morte che possa riscattare la vita, legittimando, con un gesto d’amore senza eguali, la dedizione, l’abbandono e il rifiuto del proprio interesse ed egoismo, attendendo l’intervento della grazia e della misericordia divina. Sono questi per Greene il destino e il cammino dell’uomo sulla terra, e per i personaggi dei suoi romanzi non esiste altro processo che non sia inscritto in un provvidenziale disegno tracciato dall’origine del mondo di peccato e di grazia, di caduta e di redenzione, con cui tutti gli uomini devono misurarsi.