TREBISACCE-10/02/2021: Nuova S.S. 106 Jonica: è iniziato il massacro del territorio!

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TREBISACCE Nuova S.S. 106 Jonica: è iniziato il massacro del territorio! Seppure a rilento, anche a causa della grave e persistente emergenza sanitaria, sono iniziati infatti gli interventi che precedono l’apertura dei cantieri, a partire dall’entrata in possesso dei terreni per mezzo di lunghi transennamenti e dalle analisi geologiche del suolo e del sottosuolo delle aree su cui scorrerà il tracciato. Si tratta degli interventi propedeutici all’avvio effettivo dei lavori che, secondo le assicurazioni del Ministro De Micheli pronunciate nel mese di maggio del 2020 allorquando sono stati consegnati i lavori, dovrebbe avvenire nell’imminente primavera. Tra questi interventi preventivi non viene sottovalutata la messa in sicurezza di uomini e mezzi che saranno impegnati nei cantieri, per cui sono in corso accurate esplorazioni del sottosuolo per liberarlo da possibili ordigni esplosivi. Intervento, questo, che è già a buon punto e che viene eseguito dalla “Gimac Holding srl” con sede in provincia di Caserta che già da tempo è al lavoro sul posto e che, attraverso indagini effettuate con attrezzature sofisticate, va alla scoperta e all’eliminazione di eventuali residuati bellici. I lavori, come è ampiamente noto, riguardano il Terzo Megalotto destinato a completare, attraverso un mega-investimento di 1milardo e 330milioni di euro, l’ultimo tratto della dorsale jonica che passa attraverso l’eliminazione del collo di bottiglia costituito dal tratto Sibari-Roseto e che collegherà tra loro le due Autostrade del Meridione. “Una nuova infrastruttura, – si disse in quella circostanza – particolarmente attesa dal territorio, che garantirà benefici e sicurezza alla circolazione veicolare su una delle arterie più trafficate d’Italia”. Realmente, l’apertura dei cantieri di un’opera su cui, comunque, si discute e ci si divide ormai da oltre 20 anni, dovrebbe vedere la luce nella prossima primavera, o al massimo entro l’autunno, ma già da oggi, nel momento in cui si procede all’entrata in possesso dei terreni (molti dei quali espropriati ma non ancora indennizzati, per non parlare delle opere compensative di cui si sono perse le tracce!) su cui dovrà scorrere un’arteria lunga 38 chilometri e larga oltre 60 metri, si può valutare il pesante impatto ambientale che l’opera è destinata ad avere su un territorio fragile e di particolare pregio naturalistico che, specie nell’Alto Jonio, può vantare paesaggi assai suggestivi e una natura ancora incontaminata. E’, purtroppo, il prezzo che si deve pagare al cosiddetto progresso che fa spesso scempio della natura dei luoghi, come “purtroppo” sta avvenendo in questo tratto di territorio nel quale forse si potevano limitare i danni raddoppiando in larghezza la Superstrada esistente ed evitando l’ennesimo stupro di una lingua di territorio già occupato dalla vecchia S.S. 106, dalla S.S. 106 Bis denominata E 190 che scorre in parallelo con la prima, dalla linea ferroviaria, dal gasdotto e dalla Condotta Irrigua del Sinni. Oltre tutto, da quanto si evince dalle immagini e da quanto viene lamentato da tantissimi proprietari dei terreni, tutto l’esistente verrà sacrificato sull’altare di una nuova e costosissima arteria. Così, per mano della benna delle ruspe, stanno già scomparendo ampie zone di verde ricche di macchia mediterranea e pini d’Aleppo, secolari alberi di ulivo, ampie aree coperte di agrumi e di vigne, vecchi casolari, case e stalle di campagna, orti, pozzi e manufatti di varia natura che odorano di antico e del faticoso sudore dei nostri progenitori. D’altra parte – dicono in tanti – non si può sottovalutare il rovescio della medaglia e quindi i benefici di un’opera così imponente, ma tanto invasiva, che finisce per contrapporre, da una parte, quanti sono preoccupati per il devastante impatto ambientale e quanti, invece, non vedono l’ora che inizino i lavori perchè sperano di accaparrarsi un posto di lavoro che, secondo le previsioni, dovrebbe durare non meno di sette anni. Ciò non toglie, comunque, che a rimetterci sicuramente è la natura dei luoghi e un territorio sfortunato, baciato dal sole e da un clima mite che forse meritava più rispetto!

Pino La Rocca