Rocca Imperiale-07/05/2021: Cristo è rimasto fermo ad Eboli.

Giuseppe Iannarelli

Cristo è rimasto fermo ad Eboli.

Se è vero che come asseriva Carlo Levi nel titolo dell’opera che più lo ha reso celebre, Cristo si è fermato ad Eboli, è anche vero che le infrastrutture nel sud Italia sono rimaste ferme all’epoca in cui Levi, confinato nelle nostre terre dal regime fascista, raccontava la sua esperienza di confino nelle pagine dell’omonimo romanzo. Il titolo dell’opera, tristemente evocativo, Cristo si è fermato ad Eboli, vuole sottolineare con forza come, le terre e le genti del sud, per come si mostravano agli occhi dell’autore, fossero state abbandonate al loro destino perfino da Dio.  Oggi, camminando fra i vicoli dei nostri piccoli centri storici, ma spesso anche lungo i tratti ferroviari e le vecchie statali, non è raro imbattersi in tombini di acquedotti o vecchi ponti sui quali campeggia il simbolo del fascio littorio adottato dal regime fascista e riportato su tutte le opere pubbliche realizzate durante il ventennio fascista. Il mio non vuol essere in nessun modo un plauso al regime fascista, ma un esempio per sottolineare che le infrastrutture pubbliche qui al sud sono rimaste ferme a quell’epoca. Qualcuno sottolinea il fatto che i ponti realizzati dal fascio resistono intatti al tempo ed all’usura mentre le nuove opere hanno pochissima durata e necessitano di continui e costosi interventi manutentivi che non ne risolvono definitivamente le problematiche strutturali e non ne migliorano la funzionalità. Altro esempio di eccellenza sono gli acquedotti costruiti in epoca romana, ancora in piedi nonostante abbiano attraversato oltre 2 millenni di storia e, in alcuni casi addirittura ancora utilizzati e funzionanti alla perfezione. Purtroppo tutto ciò che ci ha reso grandi e potenti come popolo nel corso della storia e reso un’eccellenza agli occhi del mondo intero, sembra non appartenere più al nostro DNA. Oggi siamo un paese che marcia su due binari e con due velocità diverse, cosi, mentre le regioni del nord si vanno affermando con notevoli progressi tecnologici ed infrastrutturali nel contesto economico europeo, il sud viaggia ancora sui ponti del ventennio fascista e fa scorrere le sue acque negli acquedotti del fascio, mentre Cristo è rimasto inchiodato ad Eboli. Ma cosi come furono gli anziani del popolo, i capi dei sacerdoti e gli scribi del Sinedrio ad esortare il popolo di Gerusalemme affinché Cristo venisse inchiodato ad una croce, non è forse alla stessa maniera che i politici e gli amministratori pubblici che si sono avvicendati nel settantennio post fascista, hanno governato il popolo e le terre del sud affinché Cristo rimanesse inchiodato ad Eboli. Forse è arrivato il tempo in cui quel Cristo di Carlo Levi venga schiodato dalla croce che lo tiene fermo ad Eboli e gli venga concesso di proseguire il suo cammino di rinnovamento verso sud, anche perché se ci ostiniamo a prediligere Barabba, non fra qualche anno, ma fra pochi mesi saremo ufficialmente riconosciuti come colonia d’Europa e non ci sarà bisogno delle grandi imprese imperialiste compiute dagli eserciti cosi come la storia ci insegna, al contrario, sarà sufficiente la globalizzazione economica ad inghiottirci del tutto. Oggi ciò che muove la crescita e lo sviluppo economico di un paese sono le infrastrutture. Una terra che non possiede infrastrutture moderne ed al passo con i tempi è una terra destinata alla povertà ed allo sfruttamento. Questo è ciò che accade qui al sud e, per ripartire, l’unico modo è cessare di guardare agli errori del passato per giustificare le mancanze del presente, si deve guardare agli errori del passato e su di essi iniziare a costruire solide basi per cambiare il futuro, Roma ce lo insegna, è rinata più volte sulle sue rovine in un cammino lungo più di duemila anni.  Oggi il mio appello è rivolto alle classi dirigenti del sud, politici ed amministratori in primis, ma anche e soprattutto a tutti coloro che dicono di avere a cuore il sud e la gente che lo abita, che dicono di lavorare per noi e per la nostra causa, io mi rivolgo a Voi Politici ed Amministratori regionali, provinciali e locali, dimostrate all’Italia ed al mondo intero che cambiare è possibile ed è sufficiente avere la volontà unanime di iniziare un cammino che vada in tale direzione. Li dove prendete atto che Barabba occupi indegnamente postazioni di privilegio, mettetene lo Stato a conoscenza e fate capire ad esso che la giusta dimora per Barabba è il carcere, è l’unico modo per far si che Cristo scenda dalla Croce alla quale è inchiodato. Perché quel Cristo in Croce, per chi ancora si ostina a non capire e a non vedere è e resta il Popolo del Sud. Io mi rivolgo a chi oggi è stato chiamato ad amministrarci, dai comuni alle regioni, se dobbiamo prendere esempio dalla storia, allora prendiamo ad esempio le grandi opere monumentali, le strade di comunicazione e gli acquedotti romani, non il dominio che Roma ha esercitato sul mondo conosciuto ma il progresso e la civiltà che ha portato nelle terre conquistate, prendiamo come esempio storico le architetture e i materiali utilizzati del regime fascista per edificare solidi ponti e bonificare terreni, non i manganelli con i quali le camice nere reprimevano la libertà di pensiero e di parola. Se veramente è vivo e presente in Voi  Amministratori locali, Consiglieri di maggioranze e minoranze politiche, un sentimento disinteressato di impegno civile e di amore verso la vostra gente e la vostra terra, allora iniziamo a guardare la storia non per i cattivi esempi e i deficit culturali e strutturali che ci hanno lasciato in eredità le precedenti classi dirigenti.  È sugli errori commessi in passato che noi, tutti insieme dobbiamo riflettere ed evitare che tornino a ripetersi. Se un esempio possiamo prendere dalla storia politica italiana e dagli uomini che hanno dato la vita per lo Stato, ricordiamo la Resistenza di Antonio Gramsci in carcere fino alla morte, ricordiamo quella stretta di mano che il 28 giugno del 1977 ci fu tra il Segretario Comunista Enrico Berlinguer e il Presidente Democratico Aldo Moro, e ripartiamo da li dove quel cammino si è interrotto, con l’assassinio del Presidente Moro, l’improvvisa scomparsa del Segretario Berlinguer, le più recenti stragi di mafia, dall’assassinio del Generale Dalla Chiesa alle stragi di Capaci e Palermo che hanno conosciuto il Martirio dei Giudici Falcone e Borsellino e di tanti uomini innocenti, carabinieri e poliziotti. Io credo profondamente ed auspico che questo sia l’unico cammino possibile in grado di liberarci dalla croce che ci tiene inchiodati, e possiamo intraprenderlo da qui, dalla nostra piccola comunità Rocchese, facciamo in modo che i rancori privati tra persone non diventino i problemi di tutti, anzi impegniamoci come comunità affinché si possano risolvere definitivamente e si possa mettere da parte il passato. Impariamo ad ascoltarci, impariamo a risolvere i problemi insieme partendo dalle piccole cose, se ci sono problemi che affliggono la nostra comunità a partire dalle infrastrutture, carenze sanitarie, deficit di servizi, difficoltà nel conferimento di rifiuti nei siti regionali o carenze nel servizio idrico, impariamo a non ascoltare solo le verità che più ci appartengono o ci fanno comodo, impariamo ad ascoltare le ragioni e le verità di tutti, le ragioni di chi amministra e di chi è amministrato,  impariamo a risolvere tutti insieme i problemi e non a scaricarceli reciprocamente addosso come una cattiva eredità, le difficoltà e le carenze strutturali che affliggono la nostra comunità non devono essere ogni volta motivo di scontro politico ma argomento che veda l’impegno di tutti, uniti nella discussione e la ricerca di una soluzione. Impariamo a guardare al bene comune come finalità di benessere per tutti ,  impariamo a non puntarci più il dito ma a stringerci la mano, lo dobbiamo alla nostra storia, alla nostra terra, ai nostri figli.

Rocca Imperiale 07\05\2021

Giuseppe Iannarelli