Trebisacce-05/11/2021:I due aspetti principali de’ “Il Buco” di Michelangelo Frammartino: la calata nelle grotte e la vita dei pastori del Pollino (di Giuseppe Rizzo)

 
I due aspetti principali de’ “Il Buco” di Michelangelo Frammartino: la calata nelle grotte e la vita dei pastori del Pollino
Finalmente, “Il Buco” di Michelangelo Frammartino è arrivato anche al cinema-teatro Gatto di Trebisacce. C’è stato un discreto afflusso dei paesi del Pollino e dell’Alto Jonio, specie da parte di San Lorenzo Bellizzi, dove è stato girato, tra agosto/ottobre 2019, buona parte di questo originale lavoro cinematografico. Ebbe un lungo percorso, iniziato nel 2007, quando il regista lavorava a “Le quattro volte”, primo premio al Festival di Cannes 2010. Nel 2013 furono effettuati sopralluoghi e prove in diverse grotte di tutta l’Italia meridionale: con la collaborazione di Nino Larocca, come speleologico, e in parte anche col supporto di altri speleologi italiani.
Abbiamo sentito che a Milano, Firenze e Roma sono corsi a vedere “Il Buco” molti nostri emigranti che risiedono in quelle città.
Secondo me, i giornali e i web che ne hanno parlato, dopo la premiazione al 78° Festival del cinema di Venezia, si sono soffermati soltanto sul facile richiamo del “mozzafiato”: l’ardua calata degli speleologi piemontesi del 1961 e poi, le ricerche dei gruppi spelelogici dell’Alto Jonio nelle profonde grotte delle nostre contrade rupestri. Uno della troupe de’ “Il Buco” mi parla proprio di una “piccola confusione apparsa sul web”: “Il film è stato girato solo in Calabria, precisamente nella parte centro-orientale dei monti del Pollino, in modo particolare nei territori comunali di San Lorenzo Bellizzi, Cerchiara di Calabria e Terranova di Pollino (PZ). Brevi riprese sono state eseguite fra Civita e Frascineto, in agro di Trebisacce e anche nel reggino grecanico. Le riprese legate alla speleologia sono state fatte sia nell’Abisso di Bifurto che nella Grotta di Serra del Gufo di Cerchiara, entrambe ubicate sul “Monte Sellaro”, ma anche nell’Inghiottitoio del Trabucco del Pollino che ricade in agro di Terranova (Basilicata), quindi sugli Altopiani del Pollino”.
Ora, parecchie persone vogliono conoscere le varie sequenze de’ “Il Buco”. Nella ricostruzione del filmato, il gruppo dei piemontesi è arrivato alla piccola stazione ferroviaria di Villapiana. Sono tutti giovani, anche belle e allegre ragazze, che caricano i bagagli su di un camion color militare, e dopo tanti stretti tornanti dell’entroterra, passano per Cerchiara; non si fermano al valico del Bifurto e vanno a pernottare nella chiesa di San Lorenzo, dove il prete contestatore don Pinuccio Carbone celebra la messa. San Lorenzo, prima del boom economico di quegli anni, vive la stessa precarietà sociale di tutti i paesi isolati tra i monti della Calabria: vicoli strettissimi e bui, bambini che guardano muti e timidi davanti alle porte, donne alle finestre che si chiedono di questi forestieri che parlano un altro dialetto, per niente comprensibile, e infine, un maialetto che grugnisce disperatamente in un piccolo slargo del paese. La mattina dopo, la comitiva risale sul camion stracarico e intraprende la più difficile scalata verso il cuore del Pollino. Restano estasiati dai verdi prati, dai maestosi pini loricati e dalle vette del Dolcedorme e del Pollino. Erigono le tende proprio accanto al “Trabucco”, chiamato “l’Inghiottitoio” dei “Piani bassi”. Tra pascoli e rocce incontrano una figura umana che non potevano immaginare: il mandriano zu’ Nicola, della vicina frazione “Casa del conte” di Terranova di Pollino. Non è molto vecchio zi’ Nicola, ma il sole cocente di agosto, il freddo insopportabile di autunno-inverno, e forse anche un po’ di fame, l’hanno ridotto come uno scheletro vivente. Gli’è rimasta solo la voce per richiamare bovini e cavalli che qualche ricco massàro gli ha affidato: ““Oh ò! oh ò ! ! “Oh ò! oh ò !”
Gli speleologi, muniti di tute, caschi, funi, scale di corda e lampade a batteria si calano nella misteriosa grotta, per raggiungere il fondo di 683 metri di profondità. Dopo pochi giorni, il pastore zi’ Nicola viene perso di vista; ci vogliono lunghe ricerche, di giorno e di notte, per trovarlo riverso sulle felci. E’ subito trasportano a spalla in un piccolo rifugio; da San Lorenzo arriva a cavallo di un asino il medico Leonardo Larocca, ma c’è poco da fare. Il vaccaro che rassomiglia a “Ecce homo” sulla croce, è legato sulle traversine d legno, e dopo molte ore a piedi, arriva in paese, ma è già morto. Credo che in questo film, senza soffermarsi sul valore artistico del lavoro di Frammartino, siano da evidenziare due aspetti veramente riusciti: la scoperta e la conoscenza di queste caratteristiche voragini naturali del Pollino calabro-lucano, ma anche l’analisi della più seria visione dei paesi interni, e soprattutto la durissima vista dei pastori come di zi’ Nicola. Grazie all’ing.re Salerno e all’ex prete Peppe Carbone, che l’hanno incoraggiato a fare da protagonista de’ Il Buco, Nicola Lanza è diventato un attore grande ! Purtroppo, non ha visto il filmato, perché zi’ Nicola è morto davvero.
Frammartino ha molto a cuore, non solo la sua Calabria (è oriundo di Caulonia) ma anche la vita di chi non ha mai avuto voce. Nel suo primo film “Le quattro volte” ha fatto vedere un vecchio pastore che muore tra le sue capre. Ne’ “Il Buco” vede morire il vaccaro del Pollino. E’ doveroso ricordare che il regista Frammartino ha avuto la valida e indispensabile collaborazione di Nino Larocca (Gruppo Speleologico Sparviere di Alessandria del Carretto). Brava e meticolosa la scenografa Giovanna Giuliani. E’ da menzionare anche il contributo del giovane aiuto regista Angelo Urbano di Albidona. Spontanei ed entusiasti anche i dodici “attori” di San Lorenzo Bellizzi: Carmela Cersosimo, Maria Pia Cersosimo, Lorenzo Pittelli, Salvatore Restieri, dr Leonardo Larocca, Leonardo Vincenzi, Rosa Armentano, Pina Leone, Pietro Armentano, Giuseppe Campolongo, Pietro Pittelli, Maria Elisa Vito, Rossana Pesce. (Giuseppe Rizzo, 2 nov. 2021)