Trebisacce-14/03/2022: Al via il bando per la “green economy”

Rob. Campolongo

Al Sig. Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali

Dott. Ing. Stefano Patuanelli

 

Al Sig. Presidente della regione Calabria Dott. Roberto Occhiuto

 

Al Sig. Assessore alle politiche agricole, e sviluppo agroalimentari

Avv. Gianluca Gallo

Premesso che il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, in considerazione del crescente interesse verso la “green economy”, dovuto alla contingente crisi energetica, sta per pubblicare un bando per sostenere gli investimenti in impianti per il fotovoltaico su tetti agricoli, previsto dal PNRR, è auspicabile fare una debita riflessione sul comparto agricolo e sulle economie marginali di alcuni ambiti territoriali nazionali.

Tenuto conto che il prefiggente obiettivo per la cantierizzazione di impianti di produzione di energia elettrica in ambito agricolo, esclude una razionale possibilità di utilizzo dei suoli agricoli abbandonati, privilegiando in maniera esclusiva l’installazione dei pannelli fotovoltaici sulle sole coperture degli edifici ad uso produttivo nei settori agricolo, zootecnico ed agroindustriale, è d’uopo sottolineare che in taluni ambiti territoriali della regione Calabria è da decenni in atto una continua ed inarrestabile emorragia demografica, un depauperamento delle risorse e delle capacità professionali e produttive scoraggiate dalla inadeguatezza infrastrutturale che rende quasi impossibile una sana e proficua competizione dei prodotti e per la sussistenza dei mercati, legate a ragioni ataviche ma anche alla assenza di una forma mentis imprenditoriale fondata sul rischio di impresa, ed alla lontananza delle Istituzioni al mondo produttivo.

Le esperienze delle “cattedre ambulanti di agricolturatese alla formazione professionale dei piccoli agricoltori rappresentarono per le regioni del Nord Italia una pietra miliare che diede adito ed impulso ad un processo di inarrestabile crescita del comparto agricolo, in termini qualitativi e di PIL, con inevitabile ricaduta sulle eccellenze dei prodotti agricoli, quale conditio sine qua non per la sostenibilità dei mercati.

Il Mezzogiorno, purtroppo, ha sofferto questa dimenticanza lacunosa di amor proprio da parte della classe dirigente che si è limitata a gestire la quotidianità senza pretesa di ambire ad una sana crescita, lato sensu, ponendo in essere economie di assistenza e di sussistenza e non già reti per la creazione di un mercato robusto per una economia reale.

Tutto ciò ha inevitabilmente devitalizzato quei gangli del tessuto produttivo, innescando un irreversibile processo di depressione economico-sociale che fonda sulle ragioni della depressione emotiva dell’individuo.

Probabilmente questo bistrattato Mezzogiorno avrebbe bisogno di una sua nemesi storica compensativa di quel lassismo che l’ha impoltronito e reso incapace e non reattivo verso le catene che ne zavorrano ed ipotecano il futuro.

 

Forse il Mezzogiorno avrebbe necessità di un’area c.d. “franca”, che assolva il compito di rilanciare una economia mai decollata, rivalutandone il territorio, partendo dalle pastoie burocratiche che non rendono facile l’attuazione di qualsiasi iniziativa d’impresa.

Vale la pena soffermarsi nella disamina di alcuni territori d’oltralpe, nel caso di specie i land scozzesi, dove gli imprenditori locali e non stanno acquistando notevoli quantità di proprietà terriere per sfruttarle ai fini delle loro attività verdi; i c.d. green laird, cioè proprietari terrieri che utilizzano la propria proprietà per la tutela e la conservazione dell’ambiente, mediante la promozione di interventi c.d. “green”, tesi alla coltivazione naturale di piante autoctone, medicinali ed officinali, la riproduzione dei boschi attraverso la messa a dimora di nuove piante, nel pieno rispetto dell’equilibrio naturale e per il rimboschimento di aree rurali deantropizzate, e colturalmente abbandonate, impegnandosi anche a promuovere interventi eco-compatibili come la produzione di energia pulita attraverso l’impiego di fonti rinnovabili che riguardano l’installazione di impianti fotovoltaici o eolici.

Questo fenomeno già in via di sviluppo in maniera particolare e preponderante, nei land di Scozia, potrebbe essere un caso di scuola da rendere attuabile anche nella nostra inaridita economia rurale, dove la rinuncia alla coltivazione dei campi è anche dettata dalla impossibilità di difesa dalla furia distruttiva e devastante degli ungulati che in branco annientano l’intera produzione cerealicola.

Altro aspetto impeditivo il libero seppur razionale sviluppo della green economy è senz’altro legato alla eccesiva legislazione vincolistica territoriale che andrebbe rivisitata o quantomeno temporalmente sospesa al fine di permettere l’utilizzo di territori non più in uso agricolo, attenuando quei vincoli inibitori e tutoriali idrogeologici, paesaggistico-ambientali, ZPS (Zona a Protezione Speciale), ZSC, IBA (Important Birds Area), che non hanno più legittimo senso di tutela di aree economicamente degradate da destinare ad una economia sostenibile pur nel rispetto e per la salvaguardia della fauna e della flora caratterizzante tali siti.

In sostanza un impianto micro eolico di pale ad altezza dai 3 ai 10 metri non potrebbe mai oggettivare un serio pericolo delle rotte di fauna migratoria, così come la messa a dimora di sistemi integrarti di pannelli fotovoltaici sia a terra che su copertura di struttura, andrebbe sicuramente nella direzione di implementare quella economia marginale che ha de- antropizzato ogni sito demico nelle aree rurali dell’intero Sud.

Le micro aree delle zone interne svantaggiate sono fortemente compromesse sotto il profilo economico ed a serio rischio di estinzione sotto quello sociale, pertanto avrebbero diritto di legittima difesa di sopravvivenza attraverso una attenta politica di compensazione rispetto alle zone produttivo-inquinanti, favorendo la realizzazione di “polmoni verdi”, attraverso il solo mantenimento del patrimonio boschivo naturale e dell’habitat naturale della fauna selvatica autoctona.

I polmoni verdi non sono una economia a perdere, ma a costo zero e rappresentano un investimento per la salute di un mondo fondato su dinamiche inquinanti.

Aiutare una pianta a crescere ricompensa 100 volte in più, in termini di ossigeno prodotto naturalmente, la nostra società diversamente intossicata dal mondo produttivo che è sicura fonte di inquinamento da CO2.

Dare un indirizzo ai territori montani e ad economia marginale significa investire sul nostro domani, ad un costo irrilevante!

Con la speme che la presente induca le Istituzioni in indirizzo ad una meticolosa riflessione delle argomentazioni trattate, l’occasione è gradita per porgere i miei distinti saluti.

dott. Roberto Campolongo