Trebisacce-01/09/2023: DANTE E IL CANTO XXXIII DELL’INFERNO: LA BRUTTA VITA DEI TRADITORI Di Pino Cozzo

DANTE E IL CANTO XXXIII DELL’INFERNO: LA BRUTTA VITA DEI TRADITORI

Di Pino Cozzo

 

Dante dedica la prima parte del Canto al Conte Ugolino, il tradito, che solleva “la bocca dal fiero pasto”, dal teschio del suo nemico, ed inizia a raccontare la sua storia, di quando fu chiuso in una torre a perire di un prolungato digiuno, e costretto dal suo aguzzino a veder morire i suoi figli. E’ così      manifesta l’insistenza di Dante sulla bestialità di Ugolino che infierisce a morsi sul cranio di Ruggieri e non dimentica il tradimento del conte, che non si comporta diversamente dagli altri dannati, perché accusa Ruggieri e lo infama poiché non tollera l’idea degli uomini immersi nel peccato, e può inveire con forza ed accanimento contro la città di Pisa, fino ad auspicare che anneghi ogni persona, così come augurarsi che i genovesi siano dispersi per il mondo. Ugolino è l’uomo tradito che la somma giustizia divina ha voluto legare a quel teschio, e non è solo il carnefice o l’esecutore di ordini, ma è anche e soprattutto la persona offesa che annovera in sé odio e vendetta.  L’idea di tradimento ci riporta a quella notte buia, che prefigura i tristi presagi del gesto di Giuda, notte, cui è toccato di essere testimone del più amorevole disegno di Dio, piuttosto che confondere ed offuscare le menti. Tutte le stelle e tutti gli astri, atterriti, hanno voluto occultarsi. Il greve sguardo e il volto scuro che hanno visto il più grande gesto di mancata fiducia mai perpetrato nella storia dell’uomo si scioglieranno in un sorriso e in un abbaglio, e, il giorno dopo, il sole tornerà a risplendere, e anche l’oscurità tenebrosa diverrà luce di speranza. Ma il Poeta va oltre, là dove vengono puniti i traditori degli amici e degli ospiti, con cuore malvagio e freddo, ai quali ora vengono congelate le lacrime sugli occhi, si potrebbe dire “quelle lacrime di coccodrillo”, cosicché il dolore avvertito nell’animo non abbia sollievo. Un parallelo importante e nobile si potrebbe tracciare con Shakespeare, nelle cui opere, spesso, il “tradimento”, che assume le sembianze dell’inganno, è metaforico. Il teatro è il luogo dei forti sentimenti, e particolarmente in Shakespeare, fondatore del teatro moderno, come mezzo espressivo e artistico, era utilizzato a scopo educativo e persuasivo.  L’idea era quella di impressionare lo spettatore attraverso l’emozione e l’empatia, in modo da raggiungere una purificazione interiore. Emblematico risulta il caso di Amleto, in cui il tradimento costituisce l’essenza stessa della vicenda., è un evento basilare, poiché, senza di esso, la tragedia non esisterebbe. Di conseguenza, il dramma di Amleto consiste proprio nel cercare di smascherare il tradimento fraterno e successivamente vendicarlo. L’oggetto che veicola il tradimento è un fazzoletto, col quale Iago vuole persuadere Otello dell’infedeltà della moglie, per indurlo alla vendetta. E ancora, in Macbeth, i protagonisti ordiscono un inganno tradendo la fiducia del re, con l’obiettivo di ucciderlo, il gesto infame è proprio la consegna nelle mani del nemico. Quella che segue, allora, potrebbe essere una poesia che si rifaccia alla notte del tradimento di Giuda apostolo a Gesù Maestro e Signore:

 

 

O notte buia,

che già prefiguri tristi presagi,

a te è toccato di essere testimone

del più amorevole disegno di Dio.

A te è toccato di avvolgere

gli insani gesti

con il tuo manto pietoso,

tu sei stata scelta

per confondere ed offuscare le menti.

Hai nascosto una trama immobile,

sospetti prestabiliti.

Gli astri e le stelle, atterriti,

si sono occultati.

Nessuna colpa, la tua,

ché merito, anzi, ne avesti

di dare al mondo

la tua intrinseca natura.

Non ti crucciar.

Il tuo grave sguardo

e il tuo volto scuro

si scioglieranno in un sorriso

e in un abbaglio,

e domani,

il sole tornerà a risplendere,

e tu diverrai luce di speranza.