Trebisacce-26/09/2023: GRAHAM GREENE E CHARLES DICKENS, DUE GIGANTI DELLA LETTERATURA di Pino Cozzo

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GRAHAM GREENE E CHARLES DICKENS, DUE GIGANTI DELLA LETTERATURA
di Pino Cozzo
“Nella vita, sono i primi anni che contano, e su quelli l’esperienza ed il modo di conoscere il
mondo”. È questa una delle riflessioni di Graham Green che ripercorre, riassume ed esprime la sua
vicenda e la sua esperienza umana ed artistica a diretto riscontro di una sua nota critica riferita ad
uno degli scrittori che, sia pur così diverso da lui, più ama ed ammira – ed a giusta ragione – che
risponde al nome di Charles Dickens. “Lo scrittore creativo vede il suo mondo per primo nella
fanciullezza e nella adolescenza, e tutta la sua vita di lavoro e di studio costituisce uno sforzo per
illustrare il suo ambito privato nei termini della pubblica attività di cui noi tutti siamo partecipi”. La
palese analogia manifesta molto, da una parte, dell’incapacità di Graham Greene di giudicare e di
guardare agli altri se non per mezzo del filtro della sua ottica personalissima, e, dall’altra, del suo
caratteristico uso del paradosso che avvicina, fino a renderli analoghi, se non equivalenti, termini
che invece sono diametralmente opposti. Dickens sottolineò le contraddizioni del sistema e criticò i
principi etici di una società che visse e apprezzò il benessere e il potere. L’Inghilterra vittoriana
rappresentò la scena di vari movimenti radicali e socialisti, di forti lotte parlamentari che portarono
ad una serie di riforme, di movimenti filantropici e religiosi e la crescita di una richiesta di diritti ed
emancipazione delle donne. La letteratura vittoriana è lo specchio dello spirito inquieto dell’epoca,
poiché la produzione fu estremamente ricca e varia: le caratteristiche più salienti del periodo furono
la prevalenza di prosa e poesia, lo sviluppo del racconto come la più popolare forma di letteratura,
lo scopo didattico che caratterizzò sia la prosa che la poesia. Nella prima metà del secolo,
l’influenza della grande tradizione romantica era ancora viva nel campo della poesia: i poeti
vittoriani rigettarono gli aspetti più stravaganti del Romanticismo, che contrastavano con le nuove
idee di autocontrollo e rispettabilità, ma, nel complesso, continuarono a considerare la poesia come
l’espressione di puri sentimenti ed emozioni individuali. Passato e presente, infanzia e maturità, vita
ed arte, pubblico e privato, Greene, invece, non vuole vedere nessuna frattura tra il solitario
fanciullo vissuto nella sua città natale, quasi ossessionato dai sogni di violenza e di fuga dalla realtà,
ed il maturo indagatore della coscienza umana oppressa dalla misteriosa presenza del male e del
peccato, tra il disincantato lettore di racconti d’avventure esotiche e l’inquieto romanziere
dell’errore e della redenzione. Non meraviglia allora che egli ritenga fondamentale per la sua
carriera di scrittore la sua adolescenza, che può essere interpretata come una parabola di “una specie
di vita” che rivela lo schema e il disegno delle vicende da lui narrate. È lo spaccato che Greene
vuole consegnare ai suoi lettori, il ritratto disegnato, definitivo e immodificabile, la chiave di volta
univoca che serva a spiegare la continuità e la organicità delle opere. Anche Dickens ebbe presto a
sperimentare le asprezze e il dolore del vivere nella sua infanzia e fanciullezza, ma le esperienze
vissute non fecero mai di lui un pessimista, un contrariato, non infusero in lui un senso di amarezza,
ma acuirono lo spirito di solidarietà e di comprensione per la sofferenza umana, per il dolore, per gli
ultimi, ebbe un moto di rivolta e di rivalsa, nel tentativo di migliorare le leggi inique e cambiare in
positivo la società. Fu anch’egli uno scrittore geniale, colmo di fascino, che coinvolgeva tutti coloro
che lo incontravano, aveva patito la povertà e la sofferenza e ne comprendeva le manifestazioni e le
origini. Ebbe il grande merito di conferire ad anonimi personaggi valore, dignità e protagonismo, si
spese per combattere l’analfabetismo, le precarie condizioni sociali, l’elefantiaca burocrazia della
società. Avvertiva il forte sentimento che la reale origine del vizio e della dissoluzione scaturisse
dal desiderio innato ed irrefrenabile degli uomini di cercare di dimenticare le loro umili dimore, le
loro brutali condizioni di lavoro, la mancanza dei beni di prima necessità. Il suo vero e profondo
desiderio era quello di denunciare, sì, quelle brutture e nefandezze, ma, soprattutto, quello di
sognare e costruire un pulpito dal quale esporre le sue idee e la sua voglia di cambiamento, e quel
palcoscenico furono le sue straordinarie opere.