Rossano-18/10/2023: Un viaggio tra i Feudi della Sila Greca nel nuovo libro di Carlino

 

 

 

 

 

 

 

Un viaggio tra i Feudi della Sila Greca nel nuovo libro di Carlino

 

Il volume sarà presentato giovedì 26 ottobre p.v. alle ore 17,00 nel Salone del Palazzo Nobiliare di Madre Isabella De Rosis in Rossano Centro Storico alla presenza del Direttore del Quotidiano, Dott. Rocco Valenti

Noi siamo, in gran parte, quelli che eravamo. Il passato non passa mai: esso e sempre vivo e attivo nel nostro corredo genetico del DNA, nella nostra identità culturale-valoriale comunitaria di appartenenza, nella nostra esistenza sociale, nel nostro carattere, nel nostro agire, nel parlare e comunicare, persino nelle nostre abitudini alimentari. Con luci, ombre e chiaroscuri. Come per qualsiasi altra Comunità.

Così scrive lo storico e saggista Francesco Filareto, in un passo della sua Prefazione al volume La Sila Greca Tra Storia e Feudalità. I Feudi del suo Territorio, per i tipi della conSenso publishng, dedicato a Giuseppe Savoia, giornalista de il Quotidiano del Sud, scomparso prematuramente, il quale continuando nella sua disamina così articola.

«Il testo di Carlino ci fa rivivere i momenti positivi della storia – le luci – di questo comprensorio: dalla Civiltà della “Mesògaia” o della Montagna e delle zone interne pre-silane degli Enotrii e dei Brettii, alla Prima Civiltà dell’Ellenismo Greco-Mediterraneo delle tre Città Magno-Greche di Sibari, alla Seconda Civiltà dell’Ellenismo Greco-Mediterraneo-Cristiano di Rossano la Bizantina.

Ma non nasconde, anzi si sofferma di più sui chiaroscuri e sulle criticità. Perché le ombre del passato continuano, come criticità, a condizionare negativamente la mentalità e i comportamenti individuali e collettivi: prenderne coscienza e – come ci insegna la psicanalisi di Sigmund Freud – il primo passo per de-condizionarci e aprirci alle nuove sfide del futuro.

Permangono ancora – purtroppo – in tanti di noi l’eredità pesante e le scorie del “Feudalesimo”, di una società e di un sistema verticale, piramidale, gerarchico, in cui tutta la ricchezza terriera (quasi unica allora) e di proprietà esclusiva di pochi iper-privilegiati feudatari agrari latifondisti, dei quali il libro offre una rassegna ampia, approfondita, puntuale, come: i principi Ruffo, Sforza, Marzano, Aldobrandini, Borghese, Spinelli; i marchesi Malena; i duchi Marzano, Saluzzo, Sanseverino, Compagna; i conti Sangineto; i baroni Caponsacco, Giannuzzi, Mandatoriccio, Toscano, Spinelli, Labonia, Sambiase, Abenante etc. Questi signorotti feudali, fatta eccezione per un’esigua minoranza e per poco tempo, si connotano come classe sociale esigua, ma monopolizzatrice della ricchezza di quest’area, restia a ogni novità e cambiamenti, parassitaria, dilapidatrice, assenteista e, nel contempo, oppressiva e sfruttatrice dell’enorme ceto sociale bracciantile, ridotto in condizioni di servitù della gleba, senza diritti, senza istruzione, senza salario, abbrutito dalla fatica, dalla malnutrizione, dai soprusi, esposto a malattie letali e alla vita breve. Il feudalesimo, con i suoi orrori, nel territorio della “Sila Greca” ha una durata di circa sette secoli. Incomincia essenzialmente con la dominazione colonizzatrice dei Francesi Angioini (1266-1443), continua con gli Aragonesi (1443-1504), con gli Spagnoli (1504-1714), con gli Austriaci (1714-1738), con i Borbone (1738-1860); termina, de jure, con le “Leggi Eversive della feudalità” durante il rivoluzionario Decennio Francese del Regno di Napoli (1806-1815), ma viene riconfermato, de jure et de facto, durante la Restaurazione conservatrice-reazionaria post-napoleonica dei Borbone (1815-1860) e poi con lo Stato italiano post-unitario dei Savoia (1861-1946) e, infine, durante la bieca dittatura fascista (1922-1943/45). La fine del sistema feudale, de jure et de facto, e sancita dall’avvento della Repubblica italiana (1946) e dalla Costituzione democratica e antifascista (1948); questa, tra l’altro, abroga i titoli nobiliari (l’art. 3 e la XIV disposizione finale stabiliscono che i titoli nobiliari non sono diritti, sono incompatibili con il principio fondamentale dell’eguaglianza tra tutti i cittadini e non hanno rilevanza giuridica).

Oggi, in gran parte, nobiltà e feudalesimo sono il mesto ricordo del passato».

L’Autore, oggi Socio Corrispondente della prestigiosa Accademia Cosentina, Socio della Deputazione di Storia Patria per la Calabria e membro del Comitato Scientifico dell’Università Popolare di Rossano, già da alcuni decenni tiene sotto osservazione il territorio oggetto di studio avendo, egli, ricoperto alcune cariche istituzionali come quelle di Presidente del Distretto Scolastico di Rossano, membro della Giunta Esecutiva del Consiglio Scolastico Provinciale, Presidente UCIIM della Sezione di Mirto Rossano e Presidente Provinciale della medesima Associazione, condizioni che gli hanno permesso di avere una visione del territorio della Sila Greca a 360°.

«Durante quei sette secoli, dal XIV al XX, sono esigue, molto esigue, le azioni di ribellione sociale, limitate a pochi disperati coraggiosi, bollati con il marchio di “briganti”, e represse duramente manu militari. Il popolo, massacrato, sottomesso, sfruttato, si convince che “é sempre stato cosi e sarà sempre così”, “con pochi potenti e prepotenti a dominare sulla massa dei vinti nella storia”, e non c’è possibilità di ribaltare o modificare il sistema consolidato dell’ingiusta e sperequativa distribuzione della ricchezza. I più intraprendenti prendono la via della fuga, dell’ “éxodos”, dell’emigrazione verso le lontane terre inospitali delle Americhe e dell’Europa. Gli altri, quelli che restano, in buona parte, si rassegnano al crudele destino e accettano le dure condizioni di marginalità, subalternità, servaggio (“meglio un uovo oggi che una gallina domani”! “o ti mangi questa minestra o buttati dalla finestra”!, si sente ancora dire) e, pressati dalla logica primordiale della sopravvivenza, cercano di ingraziarsi, per se e la propria famiglia, qualche potente che conta e gli si sottomettono, rinunciando alla propria libertà, alla propria dignità umana e diventando “clienti” servili in ginocchio: nasce il “familismo a-morale” (Robert D. Putnam, La tradizione civica nelle Regioni italiane, Mondadori, Milano 1993) e – aggiungo – anti-sociale e anti-politico, che limitano o addirittura rimuovono la partecipazione e l’impegno solidale, che avrebbero potuto e potrebbero costruire l’interesse generale e il bene comune, entro i quali e soltanto entro i quali si potrebbero garantire gli interessi e il bene dei singoli cittadini. Il “familismo” – ahimè – è destinato a sopravvivere al feudalesimo e a durare ancora oggi nella mentalità e nei comportamenti di tanti individui di questa e di altre aree del Mezzogiorno. […] Che fare per costruire la speranza?».

Un interrogativo al quale lo stesso prefatore nel corso della attenta analisi fornisce interessanti risposte, concludendo la sua Prefazione con «Un ringraziamento, doveroso e sentito, a Franco Emilio Carlino, Autore di questa nuova, significativa, qualificante opera, generosamente offerta alla conoscenza e all’impegno personale e solidale dei cittadini e dei loro rappresentanti istituzionali della Sila Greca. E un particolare ringraziamento, altrettanto fortemente sentito, a Lui, che, con senso della vera Amicizia, con riconoscimento e riconoscenza (sentimenti e valori oggi, ahimè, poco diffusi), ha inteso dedicare la presente pubblicazione a Giuseppe Savoia, cronista, giornalista e voce informativa di questo territorio, una personalità nota, stimata, benvoluta per oltre trent’anni, prematuramente scomparso il 27 dicembre 2021, nell’incredulità e nello sconcerto generali».