Trebisacce-02/05/2024: L’Avv. Ermelinda Mazzei: QUANTO NE SAPPIAMO DI BULLISMO?

Ermelinda Mazzei
QUANTO NE SAPPIAMO DI BULLISMO?
Negli ultimi anni, abbiamo assistito al dilagarsi del fenomeno del “bullismo”, che ha assunto, sempre più, la dimensione di allarme sociale, non solo per la giovane età dei suoi protagonisti ma, altresì, per i noti casi di cronaca nera.
Ma cosa si intende, a livello normativo, per bullismo?
In verità, occorre precisare che, allo stato, non esiste nell’ordinamento italiano una esplicita definizione di bullismo.
Pertanto, dobbiamo rifarci a quella fornita nel 1993 dallo psicologo norvegese Dan Olweus – tra i primi studiosi a livello internazionale ad essersi occupato in maniera approfondita del fenomeno – “uno studente è oggetto di azioni di
bullismo, ovvero è prevaricato o vittimizzato, quando viene esposto, ripetutamente nel corso del tempo, alle azioni offensive messe in atto da parte di uno o più compagni. Un’azione viene definita offensiva quando una persona infligge intenzionalmente o arreca un danno o un disagio a un’altra”. Naturalmente, tanto non vuol dire che condotte delittuose restino impunite; la legge reprime le singole condotte ad esso collegabili quali le percosse, le lesioni, la minaccia, la diffamazione, attraverso le corrispondenti fattispecie criminose.
Inoltre, alle inerzie del legislatore, ha provato di volta in volta a porre rimedio la giurisprudenza che, al contrario, ha sempre dimostrato particolare attenzione e sensibilità rispetto al tema in questione.
I Tribunali, in particolare, sembrano aver adottato una linea dura sia contro i diretti responsabili, che nei confronti delle figure adulte di riferimento, genitori in primis, introducendo principi volti a rafforzare la tutela delle vittime e a prevenire gli illeciti. E infatti, oltre alla responsabilità dei giovani bulli a fronte degli atti trasgressivi e violenti commessi a danno di coetanei più deboli, è stata parimenti riconosciuta la responsabilità di genitori ed insegnanti: forte disvalore è stato attribuito alle condotte omissive di tali soggetti, a partire dalla mancata sorveglianza negli ambienti scolastici da parte degli insegnanti, fino allo scarso controllo ed impegno educativo in casa da parte dei genitori.
In particolare, da un lato, insegnanti e dirigenti scolastici sono tenuti a provare non solo di aver vigilato sugli studenti, ma anche di aver messo in pratica strumenti educativi e preventivi contro il bullismo. Sugli stessi soggetti grava, inoltre, l’onere di vigilare e controllare che non si verifichino
episodi di isolamento, minacce e violenze private, tenendo in considerazione soprattutto l’età degli alunni e prestando quindi maggiore attenzione ai più piccoli (Trib. di Bologna, sent. 633, 29 dicembre 2020; Trib. di Roma, sent. 11249, 31 giugno 2021). Dall’altro, la “culpa in educando” dei genitori ha un
1 peso maggiore della “culpa in vigilando” degli insegnanti, tale che è assai difficile dimostrare che l’evento derivante dal bullismo fosse imprevedibile da parte dei genitori. Per la Corte di Cassazione questi ultimi devono dare il buon esempio, insegnando ai figli a comprendere il disvalore delle proprie condotte, “visto che l’educazione è fatta non solo di parole ma anche e soprattutto di comportamenti” (Cass. Civ., Sent. 18804, 28 agosto 2009).
Il dovere educativo dei genitori non si riduce alla vigilanza, ma si estende all’obbligo di controllare che il figlio non intraprenda attività illecite, non frequenti compagnie che potrebbero avere su di lui una influenza negativa e in generale che abbia effettivamente assimilato l’educazione impartita ed i valori
trasmessi (Tribunale per i minorenni di Caltanissetta, decreto dell’11 settembre 2018).
E ancora, la capillare diffusione di mezzi dei nuovi mezzi di comunicazione, messi a disposizione di fasce sempre più giovani della popolazione, ha determinato l’emersione di nuove possibili modalità di aggressione, tutte ricomprese nella definizione “cyberbullismo”.
Consapevole della sua spiccata pericolosità, il legislatore ha dedicato una specifica disciplina al fenomeno introdotta con la L. 71/2017.
La normativa fornisce per la prima volta una definizione giuridica del cyberbullismo come qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in
danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti on line aventi ad oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo (Art.1) e indica misure di carattere preventivo ed educativo nei confronti dei minori, qualunque sia il ruolo nell’episodio, da attuare in ambito scolastico e non solo.
L’art. 2, infatti, prevede che ciascun minore ultraquattordicenne, o i suoi genitori o chi esercita la responsabilità del minore, che sia stato vittima di cyberbullismo può inoltrare al titolare del trattamento o al gestore del sito internet o del social media un’istanza per l’oscuramento, la rimozione o il blocco dei contenuti diffusi nella rete. Se entro 24 ore il gestore non avrà provveduto, l’interessato può rivolgere analoga richiesta al Garante per la protezione dei dati personali, che rimuoverà i contenuti entro 48 ore. Infine, è stata estesa al cyberbullismo la procedura di ammonimento prevista
in materia di stalking. In caso di condotte di ingiuria, diffamazione, minaccia e trattamento illecito di dati personali commessi mediante internet da minori ultraquattordicenni nei confronti di altro minorenne, se non c’è stata querela o non è stata presentata denuncia, è applicabile la procedura di ammonimento da parte del questore.
Naturalmente si è consapevoli che la normativa di riferimento non possa da sola fronteggiare il fenomeno. Occorre, pertanto, considerato che, come detto, i soggetti coinvolti sono dei minori, puntare sulla prevenzione, con iniziative di conoscenza del fenomeno e dialogo che, fortunatamente, molti istituti scolastici stanno adottando degli ultimi anni, consci della sfida che li attende.
Avv. Ermelinda Mazzei
 

​Chi sono?

Mi chiamo Ermelinda Mazzei e sono un avvocato, iscritta all’Albo dal 2012.

Il diritto potrebbe sembrare un mondo lontano e, invece, nelle nostre vite accadono quotidianamente dei fatti aventi rilevanza giuridica. Ecco perché  l’ho sempre trovato affascinante.

E infatti, fin da piccola, desideravo intraprendere questa che più che una professione, considero una missione.

Mi piacerebbe, quindi, vedere le persone più consapevoli dei propri diritti, come dei propri doveri.

Con questo intento, nasce l’idea di una rubrica che divulghi “pillole di diritto”.

Avv. Ermelinda Mazzei

Studio in Trebisacce alla via Monte Grappa n. 4:

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