Trebisacce-19/04/2025: Le riflessioni del Prof. Antonio Miniaci sulla Santa Pasqua

Prof. Antonio Miniaci

Da qualche giorno, ormai, un po’ tutti proviamo a cogliere lo spirito dell’antico messaggio pasquale dell’amore e della speranza.
Nessuna meraviglia. Nelle pieghe interne della sua ritualità sublime, un tale stato d’animo resta per noi testimone e complice di un sentimento d’origine che più degli altri ci ha segnato nel tempo.
Scordarsene, quindi, sarebbe una stolta sottrazione di identità particolarmente preziosa se non altro come risorsa compensatoria in un’epoca di normalità negata qual è la nostra.
E non si tratta, purtroppo, di spasmi retorici dell’eterno lamento vacuo e decadente che prende l’uomo irretito in un disagio esistenziale.
E’ che viviamo davvero male. L’ansia di prestazione in tutto ciò che facciamo e pensiamo mina la fiducia in se stessi soprattutto nei giovani, stressati spesso dalla chiamata collettiva a mostrarsi sempre aggiornati e popolari, visibili e riconoscibili.
I social, in particolare, danno l’illusione di una spiccata appartenenza. Mentre in realtà relegano in una sorta di individualismo latente che finisce a volte per affidare il contenuto e il significato di un messaggio a un linguaggio robotico. La banalizzazione, insomma, è il prezzo da pagare al dispositivo asettico di un rapporto comunicativo-espressivao virtuale.
Di conseguenza, finché continueremo a creare nuovi bisogni si moltiplicherà quel senso di fragilità e di inadeguatezza che neppure Orwell aveva previsto.
C’è di più. Perfino la famiglia e la scuola, le agenzie educative per eccellenza, evidenziano un malessere che le separa e le respinge.
Nel frattempo, le cronache quotidiane segnalano a più riprese una preoccupante recrudescenza della violenza a tutti i livelli e in tutte le forme. Non si contano più gli episodi estremi di bullismo, le liti tra adolescenti per futili motivi, le aggressioni a donne, anziani e perfino a docenti in classe.
La rabbia, insomma, ha finito per sradicare le protezioni sociali che la contenevano.
Ed è ancora più grave, poi, che ci stiamo rassegnando addirittura al peggio. Laddove, invece, sarebbe bello fermarci un po’ per trovare qualcosa di cui stupirci e donare per avere più pienamente se stessi.
Si tratterebbe di una rivoluzione etica e morale, più che politica e intellettuale, per ricostruire l’era del Noi e vedere l’Altro come una risorsa privilegiata proprio per essere più perfettibili e più veri insieme. Che è, in fondo, il principio del passaggio mediato e suggestivo della Festa Pasquale.
Il pensiero, allora, corre al Golgota, simbolo storico del sacrificio estremo che aiuta ancora a sperare .
Se fossi di un’altra fede, o magari di nessun’altra, mi sentirei perfino rassicurato da quel messaggio visibile che accende il cuore del mondo.

Antonio Miniaci