Trebisacce-11/07/2025: Il mistero della morte – omaggio al Prof. Giulio Burgo di Pino Cozzo

Il mistero della morte – omaggio al Prof. Giulio Burgo

di Pino Cozzo

 

Sin dalla nascita dell’uomo, la morte viene considerata un qualcosa da trattare con rispetto e timore. La si ricerca come punto terminale di un’esistenza fatta di vuoto e aridità, e la si teme, come un qualcosa che possa porre fine ad una vita, che, anche se non vissuta con impegno e serietà, ha sempre radici terrene difficili da estirpare. Ma ha un senso la morte? O meglio, ha un senso la morte di un essere umano? Spesso, quasi sempre, ci si preoccupa più dell’esistenza e della sofferenza che precede la morte, che non del momento finale del trapasso, ma la caducità, la temporaneità ci appartiene sin dalla nascita: si nasce per morire e si muore per dare la vita. È un’ancestrale condizione che risale alla storica umanità peccatrice, quando il peccato è entrato nel mondo e, con il peccato, la morte. Anche Gesù ha assunto la condizione umana, ha provato angoscia e dolore, ha emanato forti grida e lacrime, ma si è sempre abbandonato alla volontà del Padre. Ha fatto della sua morte un atto di donazione e di immolazione, pieno di significato. Accettando liberamente la morte, per attuare il progetto salvifico del Padre, Gesù Cristo ne ha fatto un atto supremo di amore per Lui e per i fratelli, per cui i credenti hanno la possibilità di condividere con fiducia la sua totale ed incondizionata dedizione. Chi crede nel figlio di Dio, già da subito, possiede la vita eterna, e, nell’ultimo giorno, riceverà la salvezza completa con la risurrezione. Tutta la Chiesa – e i suoi aderenti – vivono con questa gioiosa certezza, ed Essi, nel corso dei secoli, con l’invocazione dei santi e il suffragio per i defunti, hanno mostrato di credere che i morti vivono ancora, e che la vita non è tolta, ma trasformata. Dopo la morte, sopravvive un “Io” personale, fatto di coscienza e volontà, se si vuole, si può chiamare “anima”, ed ogni soggetto percorre una via di compartecipazione alla vita del Signore risorto, e la sua risurrezione comincia già sulla terra con l’esistenza di fede e di carità, poiché la vita senza le opere è nulla. Ognuno di noi, dopo la vita terrena, trova un’esistenza ancora più alta, donando la sua definitiva adesione a Dio, e senza il pericolo di perderlo. Il giudizio di Dio opera già adesso, nella vita terrena, per promuovere il bene e liberare dal male, ma si muove verso un momento supremo. La vita dei defunti è felice per i giusti e un po’ più triste per i malvagi. È vero, è un concetto difficile da assimilare, ma ognuno dovrà comparire davanti al tribunale supremo di Dio per rendere conto del proprio operato. Solo nella comunione con Cristo la vita è autentica, è Lui il metro per misurare ciò che vale e quello che non deve essere considerato. La vita terrena è breve ed è preziosa e ci è concessa per maturare in noi la scelta di Dio, definitiva e irreversibile. Il Prof. Giulio Burgo ha impersonato l’emblema della maestà e della maestria della vita, dell’intelligenza e della nobiltà della cultura, in lui si assaporava un clima di reverenza e di apprezzamento per la sua nobile anima, il suo eloquio era una celebrazione della grandezza del suo spirito, e persino il lessico e le espressioni da lui utilizzati celebravano l’onore della lingua ed assumevano un significato altamente morale. La sua vita è stata costellata di emozioni, nutrita di un’esaltante presenza e della bella compagnia di grandi signori e compagni di saggezza e di elevata conoscenza, che si traduceva in una magnifica ed esteriore compostezza e signorilità che rappresentava un’interiore ed eccelsa dignità. Se il corpo di ciascuno, se l’anima di ognuno sono uno scrigno in cui il Signore ripone la Sua grandezza, quest’uomo è stato senz’altro il Tempio dello Spirito Santo che si è insinuato ed è cresciuto in lui, con la forza della volontà e dell’impegno sociale. Ora, la nostra comunità è un po’ più povera, più orfana, ha perduto un punto di riferimento elevato, eccelso, che tendeva verso l’alto con i gesti e le parole, con ogni atteggiamento. Ha sapientemente formato e istruito centinaia di ragazzi, li ha resi uomini e donne capaci di vivere nella società e di dare un fattivo contributo di idee e di azione, li ha educati innanzitutto alla morale e al sapere, ha insinuato in loro il germe della sapienza e dell’esempio filiale. È stato un marito fedele e rispettoso, un padre attento e amorevole, un professionista colto e responsabile, un punto di riferimento nell’ambito della cerchia sociale. Ringraziamo il Signore per averci concesso il privilegio di conoscerlo e per averlo fatto vivere in mezzo a noi per il tempo che Lui ha stabilito. Ora lo affidiamo alla Sua immensa misericordia e bontà, con la certezza che gli riserverà un posto tra gli eletti al Suo cospetto e il Suo volto celeste sarà per lui presenza per i secoli in eterno.