Trebisacce-11/05/2025: La presenza vivificante della Mamma Celeste e di quella terrena di Pino Cozzo

Maria e Gesù

La presenza vivificante della Mamma Celeste e di quella terrena

di Pino Cozzo

 

“Nel nostro sacerdozio ministeriale (anche di battezzati in Cristo) c’è una stupenda e penetrante dimensione di vicinanza alla Madre di Cristo …” (Giovanni Paolo II). Noi crediamo che il suo esempio e la sua guida nella nostra vita possano costituire la chiave del rinnovamento del nostro sacerdozio, come è avvenuto per Giovanni e gli Undici. Essi, come noi, erano pieni di sincerità e di buone intenzioni. Erano vissuti nella conoscenza e nell’intimità insieme col Signore per tre anni di ministero. Erano diventati attivi, convincenti, forti predicatori della buona novella che Lui aveva portato. Erano discepoli maturi, convinti della loro abilità di rimanere fedeli al Maestro. Fino a quella Notte. Allora, ciascuno Lo abbandonò, ciascuno Lo tradì a suo modo, perfino “il discepolo che Gesù amava”. Ma, fra tutti, fu Giovanni che, riconoscendo la sua debolezza, andò da Maria. Giovanni che trovò in lei più forza,  serenità e amore; un amore per rafforzare il suo, per guidarlo e sostenerlo. Maria portò Giovanni alla fedeltà, alla conversione e al rinnovamento del Calvario, perché fosse il solo testimone fra gli Undici del volontario sacrificio sacerdotale di Gesù. Se noi, nella nostra debolezza, nel nostro fallimento, ma anche nel nostro desiderio di crescereer rafforazare il suo, per guidarlo e sostenerlo.za, andò da Maria. Giovanni che trovò in lei la forza, la s, ci volgiamo a lei che è la Madre di ogni “discepolo”, se è una persona reale nella nostra vita, come Giovanni, lei ci guiderà alla fedeltà e alla generosità al di là di ciò che avevamo conosciuto prima. Ella può diventare per noi un pozzo vivente di Giacobbe, versando per noi l’acqua della vita, ricordando a suo Figlio che “non abbiamo vino” e ricordando, guidando, rafforzandoci nel “fare ciò che Lui ci dice…”. Dobbiamo imparare solo la lezione di Giovanni, di “prendere Maria con noi”, una lezione che gli Undici avrebbero imparato con la Pentecoste, consacrando e affidando la nostra vita, il nostro ministero e il nostro rinnovamento alla sua guida. Poiché viviamo questo dono, apprezzeremo e gioiremo in esso, riconoscendo umilmente e con gratitudine ciò che abbiamo ricevuto, e dicendo nello stesso Spirito Santo ciò che ispirò Elisabetta.  Dalla croce della Sua nascosta e perenne comPassione, sotto le sembianze sofferenti, Gesù continua a dare il solenne dono della Sua Madre a coloro che, come Giovanni, cercano di accompagnarlo sui sentieri che portano ai tanti Calvari dai quali Lui ancora manifesta la Sua sete: “Discepolo, ecco tua Madre …” “Da quel momento, il discepolo la prese nella sua casa”. Noi che continuiamo questo tenero mistero dobbiamo farlo fino alla pienezza, prendendo Maria “nella nostra casa”, essendo “la causa della sua gioia come lo fu Gesù, avvicinandoci a Lei come fece Lui”, mantenendo in noi “Lei che non possiamo separare dalla nostra gioia, alla quale noi confidiamo i nostri dispiaceri, e con la quale noi superiamo tutte le afflizioni. Non pensiamo che stiamo lavorando con Lei, se diciamo solo poche preghiere per Lei. Dobbiamo vivere costantemente con Lei, affidarci a Lei con quella ingenuità dei bambini in tutte le nostre gioie e dispiaceri, imitando le sue virtù e abbandonandoci completamente nelle sue mani”. Pregando come fece Lei, e pregando con Lei, entrando nella sua esperienza dei misteri della vita di Gesù, nella preghiera contemplativa del rosario, la Sua anima diventa un filtro vivente attraverso il quale noi stessi sperimentiamo il mistero del Dio Vivente. Il Suo abbandono la unì all’abbandono di Gesù e dell’umanità i cui affanni Egli prese su di sé. “La parte più bella di Nostra Signora fu che, quando Gesù entrò nella sua vita, immediatamente, senza esitare, andò da Elisabetta per donare Gesù a lei ed a suo figlio. Come leggiamo nel Vangelo, il bambino sussultò di gioia al primo contatto con Cristo …“. Il mistero del suo Cuore è di perfetta oblazione: oblazione sia come autosvuotamento che come totalità di dono, un doppio “donarsi” in armonia con Lui che attuò la sua oblazione in e per mezzo dell’oblazione di Maria. Poiché il suo Cuore era così vuoto da essere completamente riempito e da essere completamente donato, Lei è sia Vergine dei Poveri che Madre di Carità. Se la povertà e la carità vanno insieme, allora colei la cui povertà di spirito conobbe una tale profondità deve possedere un cuore scolpito da quella povertà la cui profondità d’amore rimane per noi insondabile. Nella sua povertà, Lei è Madre di Carità, quell’abisso di povertà che diventa abisso e fonte d’amore. Questo è il doppio mistero del suo Cuore, il mistero della sua povertà e carità, che noi vogliamo e dobbiamo proclamare, imitare e custodire. Perché questo mistero la rese ciò che noi dobbiamo essere: tempio di Cristo. Noi figli grati, al Signore e alle Mamme, che ben conoscono il loro patire, le loro sofferenze e le loro gioie, legati come siamo a quel cordone ombelicale che mai si spezza nei secoli in eterno, vogliamo oggi implorare Iddio che conservi nella Sua grazia le mamme ancora in vita, e accolga presto tra le Sue braccia misericordiose quelle che dormono il sonno eterno.