Trebisacce-15/06/2012:L’IRA E L’AGGRESSIONE

 

L’ira sconvolge l’animo, riduce il controllo delle parole e della azioni, conduce alla vendetta, all’odio, all’insulto, all’ingiuria e perfino all’omicidio. Ma non tutti ne possiedono uguale dose: c’è  chi non si lascia scuotere da alcun evento avverso,  e chi va in collera per ogni inezia, che contrasta i suoi desideri e si oppone alle sue aspettative.

L’uomo non è fatto soltanto di fredda razionalità e di calcolata volontà. Anche la passione appartiene alla natura umana e l’ideale morale non consiste nel farla tacere, ma ne darle la giusta direzione. La causa della pace, della giustizia, della salvaguardia del creato, ha bisogno di persone che si appassionino, si sdegnino, protestino, quando questi valori sono violati e disprezzati. In presenza della violenza e  dell’immoralità occorre scuotere gli animi e risvegliarli dall’indifferenza, apatia, rassegnazione, rinuncia, e suscitare giusta indignazione. Come antidoto all’ira, vi è la mansuetudine e la mitezza, ammesso che queste paghino. Il discorso è più completo quando insegna che l’una ha bisogno dell’altra, così l’ira prende misura e modalità dalla mitezza, e questa è rinvigorita dall’ira. Il più delle volte, invece, dietro la rabbia c’è la sensazione di non essere sufficientemente apprezzati o rispettati, di vedere sminuite o non riconosciute le proprie capacità,  di venire offesi, e denigrati nella propria dignità. Lo notiamo soprattutto in quelle persone che provano un forte disagio sociale, un’esagerata timidezza, che poi li condanna a vivere nella penombra, covando in silenzio la propria rabbia. Rabbia soprattutto nei confronti innanzitutto di sé stessi, perché non riescono a superare l’impaccio, gli impedimenti del proprio disagio, della propria fragilità, della propria vulnerabilità. E poi c’è la rabbia di chi si sente escluso dal “mondo che conta”, perché incapace di realizzare quegli stereotipi che vengono ritenuti fondamentali, essenziali per raggiungere uno straordinario successo. Infine, esiste la rabbia verso chi ti fa una promessa e non la mantiene, prendendoti in giro. E’ la rabbia di chi si sente calpestato quotidianamente, anche sul posto di lavoro, perché umiliato da una società, una cultura, non certo meritocratica, che non sa valorizzare il talento, l’impegno, l’esperienza e l’onestà, apprezzando invece altri valori. Ma è anche la rabbia del padre di famiglia che non si vede riconosciuto lo straordinario risultato di riuscire a mantenere, tra mille difficoltà economiche, una famiglia in modo dignitoso. E si accorge che la “vita vera” si svolge altrove. L’alcol, le droghe e le altre vie di fuga costituiscono a volte un tentativo maldestro e nocivo di raggiungere gli obiettivi mascherando le proprie fragilità., per coprire, nascondere le proprie debolezze e la propria vulnerabilità nei vari contesti sociali. Offrono l’illusione di una sorta di sicurezza acquisita, di onnipotenza, che spinge con il passare del tempo a rincarare la dose spalancando così le porte a una vera e propria dipendenza.. Si tratta, però, di una costruzione fragile, effimera, pronta a sgretolarsi alla prima difficoltà”.  «Cantami, o diva, del Pelìde Achille l’ira funesta», recita  il primo verso dell’ Iliade, di omerica memoria, e speriamo che l’ira sia così positiva da essere cantata e osannata.

Pino Cozzo