LUNGO LA “VIA DEI BRIGANTI”
DA ALESSANDRIA A MORANO, CERCHIARA E SAN LORENZO
15,16, 17,18e19 agosto 2012
di Antonio Larocca
ITINERARIO STORICO-NATURALISTICO DI PARTICOLARE IMPORTANZA DELLA DURATA DI TRE GIORNI, CON PARTENZA A PIEDI DA ALESSANDRIA DEL CARRETTO (CS) E ARRIVO A MORANO CALABRO (CS), CHE SI SVILUPPA INIZIALMENTE LUNGO UN CRINALE CHE DAI MONTI DELLA PREVITERA E DI LAGOFORANO (OGGI MONTI DELLO SPARVIERE) CONDUCE GRADUALMENTE FIN NEL CUORE DEI MONTI DEL POLLINO. INFINE TRAMITE ANTICHE MULATTIERE SCENDE A MORANO PER LO STORICO E STRATEGICO VALICO DI GAUDOLINO. DA QUI, IN PULMAN, SI RAGGIUNGERÀ PRIMA CERCHIRA DI CALABRIA (CS) E POI SAN LORENZO BELLIZZI (CS).
PREMESSA
L’itinerario, della durata di tre giorni e due pernotti in loco, per la metà circa, segue, attraverso un crinale, l’attuale confine amministrativo fra la regione Calabria e la regione Basilicata, territori che come tante altre regioni meridionali peninsulari, all’atto dell’Unità d’Italia e negli anni successivi (1860/1875 ed oltre) videro le sue contrade e le popolazioni in essa dimoranti o di passaggio, coinvolte in innumerevoli e cruenti episodi anti-unitari e unitari che il governo di allora, in maniera sicuramente non giustificata definì “azioni di brigantaggio”, definizione ancora oggi conosciuta e in parte ancora fraintesa. Quel triste periodo non può che essere paragonato ad una vera e propria guerra civile dove due fazioni, i lealisti (borbonici) e i liberali (savoiardi), si combatterono politicamente sul campo, soprattutto dopo l’avvenuta unità d’Italia. Ma come in tutte le simili drammatiche situazioni, molti ne approfittarono anche per commettere vendette personali e arricchimenti vari. In ogni caso fu un periodo alquanto difficile e non goliardico e semplice come la storiografia ufficiale ci ha insegnato nei banchi di scuola e che, purtroppo, ancora insegna.
Tale area di confine, oltre ad essere stata in quel periodo particolarmente importante dal punto di vista strategico, è da sempre stata considerata dal lato paesaggistico-ambientale di particolare pregio. Non a caso oggigiorno ricade nell’area del Parco nazionale del Pollino. Ecco a riguardo un significativo giudizio che un ligio funzionario militare ottocentesco fece di una delle valli interessati dall’itinerario, la Valle Sarmento: (…) Se si facesse estrazione dai pochi dissidi che inevitabilmente in ogni comune esistono per interessi particolari, e che non offendono punto la società politica, si potrebbe davvero questo mandamento chiamare la più bella parte del giardino d’Italia (…).
La seconda metà del percorso, si sviluppa lungo bellissimi territori, nel cuore dei monti del Pollino, attraversando inoltre due storici e strategici valichi, quello della Grande Porta e quello di Gaudolino, da tempi antichissimi usati dall’uomo per i suoi vari spostamenti, non escluso quelli tattico-militari.
Non a caso, infatti, l’idea base dell’itinerario è proprio quella di abbinare la storia della “cosiddetta” Unità d’Italia, alla natura: seguire grosso modo gli spartiacque e gli antichi assi viari, per godersi uno dei più bei luoghi naturalistici d’Italia, di indubbia bellezza, associandoci, come detto, i vari episodi di brigantaggio post-unitari, qui avvenuti, in modo da riflettere in maniera tranquilla (come solo l’ambiente naturale permette) sulle sue conseguenze socio-politiche che ancora oggi l’intero Sud-Italia paga.
I PAESI E I LUOGHI ATTRAVERSATI DALL’ITINERARIO SECONDO IL SENSO DI MARCIA E NEI TRE GIORNI DI TAPPA
- (ALESSANDRIA)> PIANO PICHINO> LAGOFORANO> (CERCHIARA) TIMPONE TACCA PEPPINO> TIMPONE ROTONDELLA> SERRA SCORZILLO (SAN LORENZO – TERRANOVA)> TIMPA DELLA FALCONARA.
- TIMPA DELLA FALCONARA> PIANO GIUMENTA> PIANO CARDONE> CASINO TOSCANO.
- CASINO TOSCANO> GRANDE PORTA> PIANO TOSCANO> PIANA DI POLLINO> VALICO DI GAUDOLINO> CONVENTO DEL COLLORETO> MAZZACANINO> (MORANO) (CERCHIARA) (SAN LORENZO).
L’AMBIENTE NATURALE
Il percorso si sviluppa inizialmente nella parte orientale e poi in quella sud occidentale del massiccio montuoso del Pollino, per intero ricadente nel perimetro del Parco Nazionale del Pollino. Di conseguenza è quasi normale affermare che l’ambiente naturale toccato nei tre giorni di cammino può definirsi di grande valore e certamente fra i più rinomati d’Italia. Si attraversano tre aree geologiche particolari: quella flyscioide dello Sparviere, quella mista flyscioide-lavica-calcarea di Serra Scorzillo e Raganello e quella prettamente calcareo del cuore del Pollino. Grazie a questo e alla posizione geografica (correnti ventose comprese) la natura, nell’arco dei millenni, ha avuto modo di elaborare un ambiente naturale alquanto particolare, ricco di peculiarità, e ben amalgamato con le attività umane.
Nella prima tappa, con partenza da una quota s.l.m. di 1250, si attraversa da Est verso Ovest l’intero Monte Sparviere, luogo di ricetto di lupi e anche territorio di caccia dell’aquila reale. Si avrà modo di attraversare rari ed unici boschi di ontano napoletano e lambire un unicum botanico: la paleo-acereta della Difisa, dove, uno addosso all’altro, vi crescono in maniera vigorosa ben 5 specie di acero.
Saliti poi sui vasti altopiani erbosi di crinale, detti Lagoforano (1550 mt s.l.m.), si potrà godere della bella omonima dolina e soprattutto dei vasti panorami sul territorio circostante in compagnia di un fitto tappeto erbaceo molto ricercato da diverse mandrie di mucche e cavalli. Tali caratteristiche ci accompagneranno per un lungo tratto: per prima si raggiunge il valico di Tacca Peppino (1600 mt s.l.m.), perfettamente dominante sulle tre valli che qui convergono (Saraceno, Sarmento e Raganello) e poi il Timpone della Rotondella (1666 mt s.l.m.), un vero e proprio balcone su tutta la valle del Raganello e del Sarmento.
Una ripida discesa ci permetterà di raggiungere il crinale detto Serra Scorzillo dove si ritoccheranno i 1250 mt s.l.m. della partenza e da qui, comodamente, accompagnati da bellissimi paesaggi dominati da alti picchi rocciosi, arriveremo nel mitico e affascinante luogo della Falconara dove lo sguardo verrà magneticamente attratto da una altissima parete rocciosa calcarea perfettamente verticale per oltre 300 mt. Ma questa visione è sola una piccola parte di ciò che può essere visto e sentito.
Dalla Falconara si sale gradualmente per comode mulattiere verso il Toppo Vuturo, per la precisione verso il Piano Giumenta (1600 mt s.l.m. ca), bellissimo pianoro erboso di crinale stupendamente contornato da un lussureggiante bosco di faggi, seguito da un altrettanto simile pianoro, ma più vasto e panoramico, detto “di Cardone”. Il bosco di faggio non finisce certo qua, anzi ci accompagnerà fino alla fine della tappa, in maniera omogenea e fitta se pur in leggera salita fino a delle altre radure di crinale, che poco dopo ci condurranno al vecchio e famoso Casino Toscano, punto di arrivo di questa intermedia tappa (1800 mt s.l.m. ca).
Il Casino Toscano è immerso in un fitto bosco di faggi i quali in forte salita ci accompagneranno fin alla Grande Porta del Pollino (1946 mt s.l.m.), dove i faggi verranno degnamente sostituiti da stupendi, mastodontici ed ammalianti esemplari di pino loricato. Di conseguenza, una piccola deviazione del percorso, sarà d’obbligo per ammirare e immergersi nel cosiddetto Giardino degli Dei: un crinale roccioso molto panoramico posto fra occidente e oriente piacevolmente ingombro di tantissimi esemplari ultra centenari di pino loricato, colossali e ancor più magnetici e seducenti di quelli visti precedentemente e forse anche di quelli che si avrà modo di incontrare lungo il prosieguo dell’itinerario, come ad es. nel belvedere fra i due vasti piani di Pollino, fra l’altro contornati da una visione paesaggistica decisamente unica. Qui, tutte le vette oltre i 2000 mt del gruppo montuoso (Dolcedorme, Pollino, Prete, Crispo e Ciavole) saranno a portata di mano, godibili al massimo, separate da vaste praterie a loro volta contornate da antiche morene glaciali.
Scendendo piacevolmente lungo i pendii che separano le due “praterie” si entrerà nella parte alta della valle del Frida e da qui, tramite un’antica mulattiera che fiancheggia il versante settentrionale del Monte Pollino, totalmente immersa in un fitto bosco di faggi, si sbuca (è il termine azzeccato) nello storico valico di Gaudolino (1680 mt s.l.m. ca), fantastico, intatto e nonostante la presenza ai due lati dei ripidi versanti del Monte Pollino (2248 mt s.l.m.) e della Serra del Prete (2180 mt s.l.m.) emana una sensazione di straordinaria tranquillità.
L’ultima parte di percorso, tramite una ripida discesa ci condurrà prima nei ruderi dell’antico monastero di Collereto e poi alla loc. Mazzacanino, punto d’arrivo dell’itinerario.
(…) I pini loricati occupano le creste delle serre e i versanti che guardano i Piani di Pollino e Toscano, sono radi, mai fitti, molti sono scortecciati perché secchi e mostrano in tal modo il loro tronco di un bianco abbagliante alla luce intensa del sole (da cui il nome latino, “leucodermis”, al pino).
Man mano che ci avviciniamo ai grandi pini, ci viene in mente una storia che non ci hanno mai raccontato; forse sono i pini stessi, e il vento, che la sussurrano alle nostre orecchie, per dirci che quello è sempre stato regno loro e che tale dovrà rimanere, con l’aiuto di quegli uomini che sanno ascoltare queste voci e che sanno tramandarle.
Questa è la storia: …Arrivò in queste terre, ancora spoglie, un esercito di avanguardie, non di uomini, ma di strani soldati possenti, immobili, dotati di eccezionali e inquietanti corazze. Non formarono una barriera impenetrabile, ma ciascuno prese la sua posizione, il suo spazio vitale, distante dagli altri, sfiorandosi solo con i lunghi e robusti rami orizzontali, simili a frecce pronte ad essere scoccate; un esercito immobile, silenzioso, che ricevette l’ordine di difendere e conservare il territorio conquistato, senza mai abbandonarlo, a costo della vita, di fronte a qualsiasi nemico. Ma il vero e unico nemico è stato solamente uno, piccolo ma invincibile, l’uomo. E molti soldati caddero in quella lunga battaglia, e furono estirpati dal loro regno senza poter neppure trascorrervi l’eternità. Altri ancora sono stati vinti dal tempo, ma non hanno abbandonato le loro radici e i loro compagni ancora vivi, e svettano ancora oggi, privi di corazze, memori del comando ricevuto, a monito di tutti coloro che pensano che quelle terre siano ancora da conquistare (…).
ALCUNI LUOGHI ED EPISODI “BRIGANTESCHI” & DI ALTRO GENERE
(secondo l’andamento dell’itinerario)
ALESSANDRIA DEL CARRETTO
- Settembre del 1862: la banda Franco, di chiara fede borbonica, effettua diverse razzie nella Piana di Policoro a danno di proprietari prima borbonici e poi liberali. Presa la via del ritorno tramite Alessandria, i briganti ebbero in questo territorio e con quella forza militare liberale uno scontro dove persero molte cavalcature poco prima depredate. Infine ritornarono tutti a Piano Cardone, da dove, un mese prima erano partiti.
- Subito dopo l’Unità d’Italia, per questioni strategiche-geografiche, ad Alessandria del Carretto si insediò e vi stette per diversi anni un distaccamento militare (24° Fanteria). Avvenimento confermato anche dalla tradizione orale. Fra le varie azioni compiute, tutte ovviamente a sfavore dei cosiddetti anti-savoia, allora definiti briganti o manutengoli di essi, risalta quella eseguita congiuntamente con il distaccamento di Terranova del Pollino, a giugno del 1865 fra i territori della stessa Terranova, San Severino Lucano e Francavilla sul Sinni dove per isolare il capo banda Antonio Franco, vengono eseguiti molti arresti di cittadini di quei territori e successivamente condotti in diverse carceri del cosentino.
- Il 16 agosto 1863 alcuni cittadini di Alessandria e di altri luoghi, fra cui una donna, sospetta amica di un brigante della comitiva Labanca-Franco, vengono aggrediti e derubati dalla stessa comitiva fra Alessandria e San Paolo.
- Il 29 febbraio 1864 in contrada Cermilara di Terranova di Pollino viene stuprata una donna di Alessandria del Carretto. Violenza fatta dal brigante Giovanni Labanca in presenza dell’intera banda Franco.
MONTE SPARVIERE
- Nell’ottobre del 1861, proveniente da Cassano allo Jonio, passa dal Monte Sparviere il generale spagnolo Josè Borjès. E’ diretto nel Melfese per incontrare il potente capo brigante Crocco per tentare una più vasta ribellione antisavoia; successivamente percorre il fondo della valle Sarmento, dando non poche preoccupazioni alle autorità liberali locali.
- Fra l’estate del 1861 e l’estate del 1862 si riuniscono alcuni ex soldati borbonici di Cerchiara di Calabria, poiché avversi al nuovo regime. In qualche occasione commettono reati.
- Il 23 luglio 1862 Carlo Salerno di Terranova di P. viene sequestrato nelle sue campagne di Piano di Rizzo dalla banda Franco/De Luca; prima portato nel bosco Cugno Ruggeri e poi sul monte Sparviere. Il Salerno se la cava con due giorni di prigionia e dopo aver pagato il riscatto.
- In contrada Bosco le mandre il 31 luglio 1862 la banda Franco-Palumbo fa danno alle proprietà del signor Chidichimo di Albidona (CS).
- Il 18 giugno 1864 la piccola banda Labanca compie il suo ultimo reato. Sequestra nei pressi di Nocara (CS) il possidente Vincenzo Morano di Canna (CS) e passando da bosco a bosco (Conca, Gallinico/Finocchio, Perfido, Santamarina, Mala Rosa, oggi Madarosa) lo conducono prima nel bosco Previtera, poi in quello delle Mandre e infine in loc. Destra delle Donne. Il sequestrato facendosi coraggio e approfittando di una situazione favorevole, tenta di uccidere il Labanca e successivamente scappa dalle sue grinfie.
- Fra il 20 e il 21 novembre 1864 sul monte Sparviere e alla Falconara, avviene una violenta grassazione a danno dei signori Rovitti di Cerchiara e Toscano di Cassano ad opera della banda Franco.
CERCHIARA DI CALABRIA
- Quando nel 1860 Garibaldi attraversò quasi senza ostacoli l’Italia meridionale, non tutti accorsero con lui e molti, anche prima del suo arrivo, cercarono di creare confusioni e reazioni, ma vennero subito bloccati. Fu così ad esempio per l’ex Capo Urbano di Lauropoli di Cassano, sig. Zito, e ad un suo compaesano a nome Raffaele Rubini, i quali cercarono di organizzare per l’11 agosto 1860 una reazione coinvolgendo anche la Brigata di Gendarmeria.
Qualche giorno dopo un’altra brigata, quella di Cerchiara di Calabria, è coinvolta in un simile episodio: nei giorni 14 e 15 agosto 1860, il Giudice di Cerchiara, unito al suo usciere ed alla Brigata di Gendarmeria gridò “Viva Francesco II. Abbasso l’Italia, abbasso Vittorio Emanuele, abbasso Garibaldi, abbasso Napoleone, abbasso la camorra”. La protesta iniziò la notte fra il 14 e il 15 ad opera di alcuni pastori della contrada Costa contro una Brigata Nazionale che lì vigilava. La mattina del 15 giungeva notizia in paese e anche qui molti gridarono contro Garibaldi e i camorristi. Nessuno gli impedì di farlo, anzi i manifestanti furono applauditi ed incoraggiati dal sopra detto Regio Giudice che si trovava sul balcone della sua abitazione in compagnia del suo usciere D. Francesco Acciardi.
- Molto preoccupate, le nuove autorità provinciali di Cosenza del periodo iniziale dell’Unità d’Italia, mettono sotto controllo l’attività i alcuni monasteri. Infatti sono frequenti i rapporti tra alcuni movimenti politici antisavoia e singoli religiosi, compresi alcuni Superiori di monasteri presenti in provincia di Cosenza. Nell’area del Pollino Calabrese vi erano diversi organi monastici: i Riformati a Saracena, i Minori Osservanti a Cerchiara, Albidona ed Amendolara e i Cappuccini a Cassano, Castrovillari, Mormanno, Orsomarso, Oriolo e Morano. Nei primi di ottobre 1860 il nuovo governo, preventivamente, ordina alle polizie dei vari comuni di tenerli sotto stretto controllo, (…) senza perderli di vista ed occorrendo riferire (…)! Nel gennaio del 1861 fu fermato per le vie di Cosenza Padre Francesco da Cerchiara del convento dei Minori Osservanti di Cosenza. Perquisito, gli si rinvennero addosso diverse carte contenenti alcuni “articoli” fissati nel recente congresso di Varsavia e che certo non erano ben visti nella nuova Italia. Secondo il Commissario di Polizia che compilò il verbale d’arresto, datato 12 gennaio, (…) tali articoli si facevano circolare in questo capoluogo da reazionari (…).
- Fra l’estate del 1861 e l’estate del 1862 nove ex soldati borbonici di Cerchiara di Calabria, poiché avversi al nuovo regime si rendono latitanti rifugiandosi sul Monte Sparviere. In qualche occasione commettono reati unendosi ad alcune bande brigantesche.
- 8/9 ottobre 1863: alcuni anonimi briganti sequestrano nella sua residenza in paese don Michele Mancosi, parroco di Cerchiara. Da lì a poco, in via Sotto l’olmo della fontana il povero parroco viene barbaramente ucciso a colpi di pugnale e fucile!
- Tentata estorsione violenta di 400 piastre, viveri ed armi mediante biglietto scritto, firmato Antonio Franco, commessa sotto minacce di gravi danni il giorno 22 giugno 1864 in contrada Caprara da due briganti in danno di D. Leonardo Rovitti di Cerchiara.
- Fra il 20 e il 21 novembre 1864 sul monte Sparviere e alla Falconara avviene una violenta grassazione a danno dei signori Rovitti di Cerchiara e Toscano di Cassano ad opera della banda Franco.
TERRANOVA DEL POLLINO – Insieme a pochi altri paesi del circondario, come Castelsaraceno e Latronico, Terranova di Pollino può essere definito il paese simbolo del brigantaggio post-unitario. Qui avvenne davvero di tutto, dalle cose più basse, fino alle azioni ideologiche e politicizzate. Numerosissime poi furono le persone coinvolte.
Terranova diede alla luce diversi e temuti briganti come Giovanni Labanca, nato nelle campagne di San Migalio, diventato fra i componenti più rilevanti della banda Franco ma si distinse anche con una banda a se e soprattutto la sua storia è assai emblematica: nato povero, inviato da piccolo a fare l’umiliante mestiere del “forese”, fece il servizio militare al posto di altri, diventato brigante per fame e per i soprusi subiti, si consegnò alla giustizia per salvare quel poco di famiglia che gli era rimasta, perseguitata come non mai dalle autorità.
L’altro brigante di Terranova fu Giuseppe Cirigliano, alias Cuciniere, gregario del Labanca e quindi anche del Franco, ma con una storia disgraziata molto simile al suo compaesano e a quasi tutti i briganti di quel periodo.
Sembra però che Terranova diede i natali anche ad un altro brigante o un quasi brigante: Miraglia Vincenzo, il quale condivise, come sbandato dell’esercito borbonico, per diversi mesi la prima latitanza del capo banda Franco.
Terranova fu il paese dei più noti manutengoli; furono assai discussi i casi di Giuseppe Genovese (Sceppe a Mòneche) e don Nazzario Lonigro.
Inoltre a Terranova vi furono anche normali cittadini che per arrotondare il loro guadagno si spacciavano per briganti e simulando le loro azioni, compivano reati.
- Il 24 luglio del 1861 l’allora sindaco con molta preoccupazione comunica alle autorità che la situazione nel proprio comune è alquanto preoccupante per il fatto che a Pollino si sono riuniti una moltitudine di briganti (in realtà per la maggior parte erano semplici cittadini di ogni parte dei circondari calabro/lucani anti-savoia) pronti ad assalire il paese. Chiede rinforzi.
- Da un dispaccio del sindaco di Terranova del Pollino, datato 15 ottobre 1861 e spedito al Prefetto di Potenza, si legge che (…) 22 individui, comandati da Bogers, giungono alla fiumara Sarmenti. Verso le ore 20 del giorno 12 si fermano al mulino del signor Lonigro. Le 22 persone sono armate di carabine. Si parla di spagnuoli; portano cappelli neri (…). Secondo le autorità liberali si tratta di briganti, ma che in effetti erano veri e propri lealisti Borbonici, gli stessi che la sera precedente passarono dal valico di Lagoforano, sul Monte Sparviere.
- Nel mese di maggio del 1863 venne ucciso da briganti Tufaro Leonardo di Terranova.
- Il 1 ottobre del 1863, dalla banda Franco, viene sequestrato e poi ucciso il sindaco di Terranova, a nome Giovanni Virgallito, e nello stesso giorno viene anche sequestrato un altro cittadino a nome Bolisi.
- Il 7 ottobre 1863 alcuni cittadini di Terranova vengono grassati nel castrovillarese dalla banda Franco.
- Il 7 dicembre 1863 i fratelli Basile di Terranova vengono barbaramente uccisi dalla banda Franco in loc. Serra Gravina di quel comune.
- Il 10 marzo 1864in loc. Bosco Vernile vengono uccise tre persone fra cui la guardia campestre Antonio Montano di Terranova.
- Il 14 maggio 1864 i due briganti di Terranova di P. Giovanni Labanca e Giuseppe Cirigliano con l’aiuto di due appoggi esterni ed anonimi, penetrano di notte in pieno paese e forzando la casa del sig. Caprara Domenico lo minacciano e di conseguenza si fanno consegnare 200 ducati e alcuni fucili.
SAN LORENZO BELLIZZI – Il paese e il suo territorio, isolato e aspro, fu in ogni momento interessato da brigantaggio politico e non, antecedentemente e posteriormente all’Unità d’Italia. Numerosi sono infatti i cittadini sallorenzani coinvolti e altrettanto numerosi gli episodi briganteschi in genere qui accaduti, inerenti i suoi cittadini ma soprattutto quelli di altri luoghi che per questioni puramente geografiche bazzicarono, volente o nolente, questo territorio (si veda gli avvenimenti di Terranova di Pollino, di Cerchiara di Calabria, del Monte Sparviere, ecc.). Inoltre:
- Il 20 ottobre 1861, giorno antecedente al famoso plebiscito di annessione, diversi cittadini di San Lorenzo B. avversi al nuovo governo savoiardo, tentano una rivolta per evitare che l’indomani vengano celebrate le elezioni di annessione del Regno di Napoli al Piemonte. Del resto era lampante che la cosa era palesemente falsata e prova ne sono i violenti tumulti scoppiati in contemporanea nella vicina e limitrofa valle del Sinni.
- Ad ottobre del 1863 la banda Franco uccide 313 pecore di proprietà del sig. Restieri di San Lorenzo.
- A novembre 1863 diversi cittadini di San Lorenzo, in loc. Madarese di Pollino e Sant’Anna, subisco danni dalla banda Franco.
- Nella contrada Maccarone di Bellizzia, in data 27 aprile 1864, alcuni briganti della banda Franco depredano due pecore.
- Su un elenco di briganti “uccisi abbattuti morti” dal 1860 al 1867appare fra i tanti, un tale a nome Armentano Donato da San Lorenzo Bellizzi, morto in carcere. Molto probabilmente però era un semplice cittadino spacciato per brigante in modo da giustificare la sua morte.
- Nel 1866, distrutta la banda Franco, finisce sul Pollino il brigantaggio politico, ma non cessa il brigantaggio tradizionale perpetrato dai residui di tutte le bande prima esistenti. Il 21 maggio una banda non ben precisata, ma con avanzi della banda Franco, compie presso il paese di San Lorenzo B. il sequestro del sig. Restieri, conducendolo poi sul Pollino. Dopo vari giorni, il taglio di un orecchia e l’esborso di un riscatto il sequestrato viene liberato.
- La notte del 16 agosto 1880, quattro sconosciuti, sapendo di non poter trovare una (…) seria resistenza in gente tranquilla e pacifica, circondarono il paglìaio dè fratelli Francesco ed Alessio Francomano di S. Lorenzo Bellizzi, e, fattosi aprire, s’impossessarono d’entrambi, e li trassero in un bosco del Pollino (…).
TIMPA DELLA FALCONARA – Questo imponente picco roccioso, ricco di grotte, era un altro tipico territorio di briganti, soprattutto secondo la tradizione popolare ma avvennero anche emblematici e comprovati episodi dato che si trattava di un importantissimo luogo di passaggio.
- Ad agosto del 1863 avvenne un particolare incontro, programmato, fra la banda dei lucani Franco/Pugliese e la banda del calabrese Lavalle che poi insieme e con altre bande, attuarono quell’eclatante episodio del 23 agosto 1863 nel valico di Galdo di Castelluccio. E’ interessante citare il viaggio che fece la banda Lavalle per raggiungere Franco e Pugliese: Giovanni Labanca di Terranova di P. racconta che Lavalle partì da Mongrassano e tagliò diritto verso l’Alto Jonio cosentino; una notte tra il 15 e il 18 agosto giunse nella masseria dei signori Chidichimo di Albidona (forse quella di contrada Coppone che era la più isolata e la più sicura), dove pernottò, e poi si diresse verso Alessandria del Carretto, giungendo ai piedi della Falconara. Qui trovò Antonio Franco che gli chiese, bruscamente: <A quale scopo sei venuto sul Pollino?>; Lavalle, altrettanto freddo, gli rispose: <Perchè siamo costretti a guadagnare qualcosa, …la mia banda è rimasta priva del bisognevole…>; <Voi, dunque, cercate denaro?>, disse ancora Franco, <Sissignore, e tu cosa cerchi?>, replicò ancora Lavalle, <Io faccio il soldato di Francesco Secondo!>, rispose ancora Antonio Franco; <Anch’io sono soldato di Francesco Secondo, ma ad ogni modo bisogna provvedere al necessario per vivere>, soggiunse il brigante di Mongrassano; <E allora, venite con noi e sarete contenti…>, concluse il Franco.
- Il 7 maggio 1864, alcuni negozianti di Terranova di Pollino erano di ritorno dal paese di Morano, quando giunti in località Piano di Rizzo, sottostante La Falconara, vengono assaliti da alcuni briganti e depredati della loro merce.
- Fra il 20 e il 21 novembre 1864 sul monte Sparviere e alla Falconara avviene una violenta grassazione a danno dei signori Rovitti di Cerchiara e Toscano di Cassano ad opera della banda Franco.
PIANO CARDONE – Tale pianoro di crinale, molto strategico, sia dai documenti storici che dalla tradizione popolare era tipico luogo di raduno e bivacco di briganti. Qui spesso la banda Franco convergeva e dopo poco dipartiva per altri diversi luoghi sia calabri che lucani.
- Emblematici gli avvenimenti avvenuti fra agosto e settembre del 1862, tutto però emerse qualche mese dopo (il 24 nov. 1862) allorquando venne catturato, o si presentò alla giustizia, Gennaro Pugliese da San Basile. Costui racconta agli inquirenti che ai primi di agosto si aggrega alla banda Franco-Rizzo-Scaliero e tutti insieme, al numero di 14, si recano a Piano Cardone dove vi rimangono per 12 giorni per poi prendere la via per Policoro e rimanervi altri 20 giorni scorazzando per quelle pianure. Poi presa la via del ritorno tramite Alessandria (dove ebbero con quella forza uno scontro) ritornarono tutti a Cardone dove vi restarono una notte. L’indomani presa la direzione del bosco Cernostasi raggiunsero prima alla piana di Cassano e da lì passarono nelle montagne di Saracena.
TIMPA DEL CASTELLO
- Un cittadino di San Lorenzo B. in data 18 settembre 1865 viene depredato di armi e munizioni dalla banda Franco.
MONTI DEL POLLINO
- Viene qui condotto il signor Grimaldi di Francavilla in Sinni, sequestrato dalla banda Franco-Marino il 4 giugno 1862 nei pressi di quell’abitato. Dopo poco tempo e nonostante l’esborso di un cospicuo riscatto il disgraziato viene trucidato (vedi allegati in fondo). Franco così compie la sua vendetta: secondo il brigante il Grimaldi era stato l’artefice della sua non voluta latitanza e di conseguenza di tutti i suoi problemi.
- Il 25 luglio 1862 una banda di 12 anonimi briganti sequestra il sig. Domenico Dorsa di Civita nella loc. Bosco Pollino, mentre coordinava i lavori di taglio del bosco
- In questi boschi viene anche portato il sig. Giuseppe Maria Castronuovo di Cersosimo, sequestrato il 3 settembre 1862 nei pressi del paese insieme ad un altro suo compaesano a nome Valicenti; il primo viene barbaramente ucciso (sembra su commissione di altri notabili di Cersosimo in disputa politica con i Castronuovo e i Valicenti).
- Il 3 novembre 1862 viene qui portato anche il sequestrato sig. Famà di Cassano. Dopo ingarbugliatissimi intrighi, derivanti dalla spartizione dell’ingente riscatto pagato, fra i briganti e vari notabili di Terranova di Pollino e di altri paesi, il Famà viene trovato scheletro dietro un cespuglio!
- Il 23 agosto 1863 un numeroso gruppo di notabili di Senise viene sequestrato dalle bande Franco-Egidione-Scavariello-Lavalle in loc. Auziniello di Castelluccio Sup. e successivamente condotti in questi monti. Per come sono accaduti i fatti tale episodio rimane la più memorabile impresa brigantesca avvenuta sul confine calabro-lucano (vedi Timpa della Falconara).
- In data 30 settembre 1863 la banda Franco grassa violentemente diverse pecore di proprietà del sig. Rovitti di Cerchiara. Quasi sicuramente servirono per dar cibo ai sequestrati del 23 agosto precedente.
- Il 12 ottobre 1863 la banda Franco ruba un’altra pecora ad un cittadino di San Lorenzo Bellizzi.
- Ogni tanto ci vanno di mezzo anche le proprietà dei principi. Il 27 ottobre 1863 la banda Franco grassa due pecore al principe Strongoli Pignatelli.
- 6 novembre 1863, un cittadino di Villapiana viene grassato di tre pecore.
- 14 novembre 1863, alcuni cittadini di San Lorenzo B. vengono grassati di qualche pecora e di altre robe.
- Il sig. Chidichimo di Albidona, sequestrato dalla banda Franco il 27 maggio 1864 nel così detto ponte del Rubbiolo di Castelluccio Sup., viene portato sul Pollino. Dopo aver pagato un ingente riscatto e trascorsi diversi giorni, il sequestrato viene rilasciato. Anche questo episodio è tinto di giallo.
- Sulla Serra di Crispo, viene tenuto per qualche giorno il sig. Vincenzo Germano di San Severino Lucano, sequestrato dalla banda Franco il 18 agosto 1864 nei pressi della loc. Scala di Magnano. Lo stesso, qualche giorno dopo ha l’agio di scappare dalle grinfie dei briganti.
- Sul Pollino avvenne anche un episodio di brigantaggio molto particolare. I briganti avevano le proprie regole. La banda Franco oltre ad essere decisamente anti-Savoia era particolarmente rispettosa delle proprie donne. Un giorno di fine 1863 un loro componente, Giuseppe Magno di Viggianello, mancò di rispetto, sembra, alla donna del capo. Gli fu fatto un regolare processo e una volta dichiarato colpevole fu ucciso a colpi di fucile. Ogni componente doveva sparagli addosso. Il primo fu il Franco.
- Nel 1866, distrutta la banda Franco, finisce sul Pollino il brigantaggio politico, ma non cessa il brigantaggio tradizionale perpetrato dai residui di tutte le bande prima esistenti. Il 21 maggio un gruppo non ben individuato di briganti (ma si trattava certamente di avanzi della banda Franco), compie presso il paese di San Lorenzo B. il sequestro del sig. Restieri, sturando anche tre giovani donne. Il sequestrato fu condotto sul Pollino. Dopo vari giorni il sequestrato viene liberato, ma dietro l’esborso di un cospicuo riscatto in danaro e vettovagliamenti.
- La notte del 16 agosto 1880, quattro sconosciuti, sapendo di non poter trovare una (…) seria resistenza in gente tranquilla e pacifica, circondarono il paglìaio dè fratelli Francesco ed Alessio Francomano di S. Lorenzo Bellizzi, e, fattosi aprire, s’impossessarono d’entrambi, e li trassero in un bosco del Pollino (…).
GAUDOLINO
- Il 12 luglio 1864 la banda Franco sequestra nella sottostante cittadina di Morano i fratelli Marzano e li conduce a Pollino tramite il valico di Gaudolino. Qui nella (…) sera del 13 andante circa le ore sei pom. in un combattimento avuto nel piano di Vacquarro, e propriamente vicino all’acqua corrente, tra la forza di Castrovillari e i briganti, che sequestravano il giorno 12 andante il sig. Marzano di quel paese, è rimasto ucciso un brigante, due altri forse feriti (…). Inizialmente si pensa che il brigante ucciso sia Saverio Iannuzzi di S. Donato, ma si suppone che sia addirittura il capo banda Franco, ma alla fine (…) l’ucciso chiamasi Francesco del comune di Latronico e il capo banda ferito gravemente(…). Nonostante tutto dopo lo scontro i briganti (…) portano seco loro il sequestrato Marzano (…).
MORANO CALABRO – Certamente per ragioni viarie (da Morano passava l’importante via consolare Salerno-Reggio Calabria) e storiche, Morano non è stata immune da episodi legati alla spedizione dei Mille e alla successiva annessione del Regno di Napoli al Piemonte (poi strategicamente definita Unità d’Italia) e relative conseguenze reazionarie. Precedente però notevoli erano gli episodi di brigantaggio qui legati.
Compiuta la cosiddetta Unità d’Italia, il fenomeno del brigantaggio, ma questa volta politico, aumenta notevolmente e Morano, per diversi anni e sempre per ragioni geografiche e storiche, era quasi quotidianamente interessata dal fenomeno.
Le nuove autorità liberali per tenere sotto controllo le attività reazionarie, mettono sotto controllo persino i monaci. Numerosi sono infatti i rapporti in merito che narrano dei movimenti e descrivono le idee politiche dei singoli religiosi e dei loro superiori dei molti monasteri presenti in provincia di Cosenza, senza escludere i Cappuccini della nostra Morano.
La banda Franco, in unione con l’ala dei “saracinari”, spesse volte attraversa il territorio moranese e alcune volte compie reati:
- Il 16 giugno 1863 l’ala “saracinara” della banda Franco, composta da 9 uomini, sequestra il sig. Damiano Pugliese di Morano in un suo fondo posto ad un chilometro ca. dall’abitato.
- Fra il 19 e il 20 novembre 1863 un abitazione rurale di proprietà dei sig. Stabile sita in loc. Mazzacanino, viene assaltata dalla banda Franco. Segue una ruberia di animali e una tentata estorsione.
- Il 12 luglio 1864 la stessa banda, proveniente da Saracena, fallito il ratto di quel sindaco (Mastromarchi), sequestra i fratelli Marzano di Morano (…) sull’aia distante quattro chilometri dal paese, mentre si recavano a Mazzacanino (…) e li conduce tramite il valico di Gaudolino a Pollino. Gli stessi briganti poco dopo (…) per dimostrare che non avevano paura dei Moranesi raccontarono di essere stati a Morano “a passeggiare alla Maddalena, verso le due di notte, di averci mangiato e bevuto, di aver veduto le Guardie Nazionali che giocavano a carte nel posto di guardia e due carabinieri in perlustrazione (…).
- Il 21 agosto 1866 la banda di Egidio Florio “per puro caso” sequestra don Gaetano Capalbi di Morano mentre si recava in carrozza a Napoli, quando si trovava (…) alla seconda voltata passato il Fortino di Capotenese (…). Successivamente, in uno scontro con la forza pubblica, rimangono uccisi ben tre militi di Saracena.
- Morano dette i natali anche ad alcuni briganti. Quello più famoso è certamente Giuseppe Rizzo, brigante prima ancora del 1860, che aveva una banda sua ma che spessissimo aderiva a quella di Franco e di altre. Morì ucciso nel 1863. Inoltre, su un elenco di briganti “uccisi abbattuti morti” dal 1860 al 1867 appare fra i tanti un tale a nome Napoli Gennaro da Morano.
LEGGENDA
Ricco è il patrimonio dell’area in oggetto legato al mito del brigantaggio. Numerose infatti sono le storie, gli aneddoti, le leggende ad esso ispirate ed anche legati a luoghi simbolo.
Si tratta di tradizioni orali arrivate fino a noi e che sembrano parlare chiaro:
- del perché un giovane si è dato al brigantaggio (per povertà o per vendetta di un torto subito);
- di sequestri di persone eseguiti per la maggior parte per nobili motivi o per trame;
- di fantastici tesori nascosti in posti molto impervi e di difficilissimo recupero, come la “chioccia d’oro” delle Gole di Barile, come “l’oro, l’argento e il bronzo di Antonio Franco” trovato nella Valle dell’orso della Serra di Crispo poi scomparso misteriosamente; oppure del “Tesoro della grotta della Falconara” trovato da un forestiero ma indicatogli da un brigante vecchio e carcerato, o ancora “Il tesoro di Antonio Franco e la beffa di un vaccaro” che racconta la storia di un rebus inventata dai briganti e di un pastore che riesce a risolverlo impossessandosi del tesoro dei briganti; ma anche della mitica chioccia d’oro che tutti conoscono e che i più ricchi hanno trovato.
- di grotte e tesori ancora più originali dei precedenti racconti che parlano delle mitiche grotte dei briganti sparse per i monti del Pollino e dintorni, compresa la valle Sarmento e zone limitrofe, come la Grotta dei briganti della Serra di Crispo, di Timpa San Lorenzo, della Timpa dei Vitelli, della Timpa della Falconara o del bosco Santamarina;
- di storie varie come l’intraprendenza del capo-brigante Antonio Franco che con coraggio penetra a Terranova e si fa persino rifare le scarpe da un calzolaio ma pagandolo; o della sua furbizia, travestendosi da mendicante per prendere in giro il suo principale persecutore; ma anche della bontà dello stesso brigante e al coraggio di comuni cittadini che tengono testa ai più temuti banditi.
- di storie piene di orgoglio e coraggio dei briganti come quelle legate alla fine degli stessi, avvenuta sempre in maniera onorevole: anziché farsi catturare preferiscono buttarsi dalla “Timpa bianca” del monte Sparviere.
ALLEGATI
EDITTO DI FRANCESCO II
Viva il Re – Viva il Papa – Viva la Santa Alleanza – Diletti figli – L’idea della rivoluzione capitanata dal famoso seduttore Garibaldi ha invaso in nostri Dominii al di qua e al di la del Faro. I popoli intanto fatto miglior senno, e stanchi dal disordine e dalle prepotenze dè rivoltosi desiderano ritornare al primiero stato di cose, e si appellano al loro Re. Noi sicuri della nostra causa, e forti del nostro diritto li accogliamo nelle nostre paterne braccia, e li esortiamo ad unirsi e difendere il loro Re i loro interessi e quelli pericolanti di nostra Sacrosanta Religione. Al nostro primo urto le bande raccoglitrici spariranno, e l’idea della infausta inorgoglita rivoluzione avrà reciso le sue pestifere sette teste – Capua 20 settembre 1860 – Francesco II.
TESTO DEL BIGLIETTO-RICEVUTA INDIRIZZATO AL SIG. VICECONTE
di Francavilla in Sinni e inviato il 21/4/1862
Il Comande dei surdati ani presi tutto il tabachi, dieci cappelli,
sette mazzi di spaca e tre fune oerticara.
Firmato il capo della CoBagnia della Briganda Francisco siconda.
TESTO DEL BIGLIETTO INDIRIZZATO AI NEGOZIANTI
Signori, il tabachi lanno preso i soldati di Francesco Secondo e se voi fate qualche cosa al mulattiere sarete bruciato alla nostra venuta. Non altro. Voi non fumate sigari ma fumate cazzo e sono Alessandro Marino e andonio De Franco,
e Viva F. 2 (Francesco Secondo).
Cittadini.
Non vi prendete pena se jeri si ritrovò la bandiera bianca esposta, quale avrebbe portato un dissesto in questo Comune, se non si fosse verificato l’autore! Grazie al Signore il fatto si è scoverto, quindi non temete! La bandiera fu posta al Calvario dal figlio del Sindaco D. Lodovico ad oggetto di far venire qui guardie onde assassinarvi, perché così il brutal disegno Figlio al Padre! e guardatevene!
Il Capitano della Guardia Nazionale (di Chiarononte)
Saverio Papaleo
TESTO DEL BIGLIETTO MINATORIO TROVATO DALLA FIGLIA SARUBBI
IL 18 MARZO DEL 1863
Imbicilla ragazza
Guardatevo che siete morti Non molto ed io verro sacco fuoco e vregogna nello casa tuo
Capitano fissilo verrimo a ti scanno come crapete li fucili vostre sono canigia e
stopa Antonio fidele di Francisco Re di Naple a te e lamico tua svirricillo D. Biasini Firraro
ca si lavimo pil cravattino li volimo a D. Nicole Ferrara accidere li piduci a lo cozzete.
tradisite a Dio arde nel Fierno venti piasse …?… in ganno bel liberale che spolghi
pe Vino e tradiscie a te a …?… Rimola quano volite fa e dice so tutto ma i valorosi di
Francisco Secondo non temono-sangue …?… …?… venuta cogliono sindaco D. Nicolino
Ciaminera vrusciato come sta cruce a Chiormonte D. Nicola Ferara venta piastre pigliata Antonio Re di boschi restitruir a pisa doro ammorter come scorze a lo gatto pirtusoienne li tedischi alle Battaglie a pezzi li Piemontise ladri e non ci rista uno Viva Francisco Re
morte a cravunari vili a tradimiente venuti a junghe dritte. Mille palli infronti avi a
D. Nicola venti piastre pagheran e tutto li Nicola Ferrara causa di tradimienti a tutti
li amici Francavillisi cacio e formaggio circandrilo mangiato quando si …?… cantina Nicola Rimoli o assasino ladro D. Nicolino Ciminela sindaco lassi spoglia prossima morte sana porco e vregogna a tutti liberali e vvotamo a primavera
Il Capitano …?… di Francesco II°
Antonio Di Franco
LETTERA DEL SEQUESTRATO GRIMALDI SPEDITA ALLA MOGLIE IN OCCASIONE DEL SUO SEQUESTRO (4 GIUGNO 1862), POCO PRIMA DI ESSERE UCCISO DAI BRIGANTI
Cara moglie
nelle disgrazie ci vuole coraggio. Considerati già vedova. La mia vita conta momenti. Ti racomando i figli….. Mi dispiace che muoio senza i conforti di religione….. Perdonate i nemici, come io perdono questa buona gente che è stata ingannata.
Ti bacio la mano. Benedici i figli, ti chieggo perdono se ti ho mancato, e gradisci un eterno saluto a tutti i parenti. Arriverderci in Paradiso
Tuo marito Nicola Grimaldi
TESTO DEL BIGLIETTO MANDATO DALLA BANDA FRANCO A DON RAFFAELE DE CICCO
DI NOEPOI IN DATA 17 NOVEMBRE 1862
Caro D. Raffaele
Essendo io mi trovo presso la compagnia di Antonio Franco, e siamo addesi (attesi, n.d.r.) in questi luoghi, appunto ho riguardato vostro fratello per non eravava preso da ricatto della compagnia.
Io per amicizia, e come persona di riguardo, cui potete mandare assolutamente ducati duecento, dico 200, mentre sarà incondrata (in contrada, nd.r.) la Masonda con tutti gli arecevuti (gli oggetti da ricevere, nd.r.), due pistole, una carabina, dieci anelli di oro, una somma di robba completa, vino pure, e caciocavallo, due orologi da sacca, due patro…?, quattro mazzi di sicari, quattro vestiari completi, quattro camice, due cappelli all’Italiana, quattro scolle.
Il vostro compaesano è Rosario Francomano.
Firmato il capo della combagnia Antonio Franco
PS = gli errori grammaticali presenti nei succitati allegati sono degli autori dei biglietti!