Acri-20/04/2015:Il “Doppio in-canto” di Giulia Aloia e Angelo Minerva (di Luisiana Ruggieri)

Copertina Doppio in-canto
Copertina Doppio in-canto

Il “Doppio in-canto” di Giulia Aloia e Angelo Minerva

 

 

Luisiana Ruggieri

 

 

La vita è un immenso palcoscenico sul quale ognuno, in mezzo ad una moltitudine di propri simili, sostiene, da assoluto protagonista, la propria parte. Vastissima è la gamma dei sentimenti che possono essere espressi durante la recita: tristezza, malinconia, gioia, amore, passione, stupore, curiosità, incertezza, speranza, delusione, meraviglia e chissà quanti altri ancora.

Sulla variopinta scena, realtà e illusione si confondono continuamente, come in un incessante gioco di specchi, ed ogni cosa acquista valore e forma a seconda di chi osserva, della ricchezza del suo mondo interiore, della profondità della sua sensibilità.

C’è chi nasce, chi lasciandosi alle spalle le ombre della notte si affaccia sulla luce diafana dell’alba, chi si allontana, forse per sempre, verso le incognite del futuro, e partendo saluta coloro che restano; c’è chi con lo sguardo scruta il cielo, l’intermittente scintillio delle stelle, ormai già spentosi quando è giunto fino alla terra, chi dialoga con la silenziosa luna, chi genera e chi abbraccia il proprio figlio, chi si indigna per come la natura viene insensatamente oltraggiata, chi scopre negli intarsi delle nuvole strane presenze appena accennate, chi percepisce le voci più vive del creato e chi quelle più misteriose che filtrano prodigiosamente da mondi invisibili e paralleli.

Giulia Aloia e Angelo Minerva sono riusciti a raccogliere, nella loro originalissima opera, intitolata “Doppio in-canto”, tutto questo e tanto altro ancora; prodigiosamente, grazie ai loro versi ispirati e fluidi, hanno colto l’essenza stessa della vita in tutta la sua affascinante, struggente e misteriosa complessità.

Un dialogo pacato, inesorabilmente diretto, incredibilmente sincero si sviluppa, coerente e accattivante per tutto l’arco del poemetto e il lettore non può che restarne letteralmente rapito.

C’è al suo interno poesia e quindi ritmo e musicalità, ma anche un contenuto di grande spessore filosofico, da cui emergono problematiche legate ai quesiti più difficili a cui l’uomo ha da sempre cercato di dare una risposta. Ragione e fede sembrano fondersi nel tentativo di sondare l’insondabile.

È un invito a seguire un itinerario di emozioni e sentimenti; quel cammino che, se non si perdesse spesso, l’uomo dovrebbe percorrere verso la consapevolezza di sé, la propria umana affermazione e il rispetto dei propri simili e di tutto ciò che lo circonda.

Per poter assaporare i magnifici versi dei due poeti, bisogna abbandonarsi al loro canto, trasferirsi nel loro magico mondo, accettare il rischio di affacciarsi sull’irreale, su un’altra dimensione, in uno spazio aperto attraversato dal vento caldo del deserto dove sembra di udire in lontananza le voci di una donna e di un uomo che raccontano la loro normale e al tempo stesso straordinaria storia.

“Antiche romanze narrano di amori perduti / e di eroismi inutili”, e quando il vento del deserto all’improvviso cessa di alitare su tutto, sembra di vedere quella donna e quell’uomo danzare insieme, sempre più leggeri e sfuocati, nell’aria ondeggiante per la calura. È amore? Non è amore? Non si sa!

Come da una serie numerosissima di scatole a sorpresa, le immagini si susseguono ad ogni strofa, a volte nel giro di pochi versi, fino a quella finale, surreale di Pinocchio, il burattino della celeberrima fiaba, che diventa bambino e proprio in quel momento “un miracolo al contrario si è compiuto!”

Pinocchio, svagato e incosciente, acquisterà la consapevolezza che prima non aveva, ed insieme anche la sua dolente, tragica essenza umana: è proprio questa la preziosa chiave di “Doppio in-canto”!

Meraviglioso e sconcertante, al tempo stesso, il messaggio dei due poeti: “I sogni sono giocattoli”, ma la realtà è ben diversa! Clamori e protagonismi non servono a niente, “la vera felicità è tutta nella pace”, ma pure questa può rivelarsi per l’uomo, ormai non più burattino, una delle tante lusinghe della vita, “che poi lo perde / nell’assenza infinita”.