Trebisacce-13/03/2017:La Quaresima del Signore: un tempo privilegiato dei Cristiani (di Pino Cozzo)

Pino Cozzo

La Quaresima del Signore: un tempo privilegiato dei Cristiani

di Pino Cozzo

Nella Passione di Gesù la sofferenza umana ha assunto un valore nuovo e ha trovato il suo volto vero, definitivo. Senza dubbio c’erano stati, prima di Cristo, dolori veri, profondi. La storia dell’umanità era portatrice di una immensa miseria, e l’esistenza di ogni individuo era contrassegnata dal segno misterioso di una croce di cui egli ignorava il nome e il significato. Alle coscienze più evolute la sofferenza appariva come un castigo di Dio, meritato con il peccato. Nel volto del Crocifisso si rivela il significato autentico del dolore. In lui la sofferenza non è più una semplice esperienza; diventa un misterioso ideale. Essa non è più una punizione che opprime né un peso che l’uomo trascina come un condannato da Dio; è un’offerta accettata liberamente e portata al Padre celeste, in uno slancio d’amore riparatore. Gesù infatti le dà un aspetto assolutamente puro. Alle origini dell’umanità il peso del dolore era derivato dal peccato; ma ecco che quel peso, culminando nella Passione del Salvatore, cessa di presentare le stimmate del male e diventa l’espressione dell’innocenza immolata. La sofferenza appare ormai come una compagna della santità, una manifestazione di perfezione. Niente è più santo, più estraneo al male del corpo appeso alla croce. La contemplazione del Crocifisso inoltre ci fa capire che i più crudeli tormenti si accompagnano alla più perfetta purezza dell’anima. Ci aiuta a riconoscere nella sofferenza non più un segno del peccato, ma la via dell’innocenza chiamata a sacrificarsi. Ci impedisce di considerare le nostre prove come una manifestazione della collera o della disapprovazione di Dio, insegnandoci a riconoscere in esse un dono dell’amore paterno che desidera nobilitarci, santificarci.
In Gesù la disposizione interiore non è che la risposta filiale all’amore del Padre. Il volto sofferente, da lui assunto, non ha dunque la smorfia della rivolta. È il volto dell’accettazione completa, dell’offerta generosa e integrale, senza riserve. Non una recriminazione durante il supplizio a cui il grande benefattore dell’umanità è stato ingiustamente condannato. La parola con cui Cristo esprime il suo dolore è insieme un grido d’amore: « Ho sete ». L’asprezza, l’amarezza, il rancore non trovano posto nei suoi sentimenti. Gli innumerevoli gemiti degli uomini che si innalzano al cielo accusando Dio della sofferenza che egli manda, non riecheggiano nella voce del Crocifisso. L’ultimo grido di Gesù proclama il suo abbandono nelle mani del Padre. La morte, come il dolore, è pienamente accettata.