Trebisacce-09/07/2017:UNA PROTEINA BLOCCA IL CANCRO: LA RICERCA DELL’UNIVERSITA’ DI BRESCIA CONDOTTA DAL PROFESSORE ARNALDO CARUSO, CALABRESE DI COSENZA, E DALLA SUA EQUIPE.

 

l’equipe di ricerca
il team in laboratorio
Caruso con Caccuri
Francesca Caccuri premiata a Trebisacce nel 2015

  

Caruso premiato a Trebisacce nel 2016.

UNA PROTEINA BLOCCA IL CANCRO: LA RICERCA DELL’UNIVERSITA’ DI BRESCIA CONDOTTA DAL PROFESSORE ARNALDO CARUSO, CALABRESE DI COSENZA, E DALLA SUA EQUIPE.

di FRANCO MAURELLA

Da sempre, il cancro è il nemico primario dell’umanità. La ricerca condotta ad ogni latitudine nel mondo, si è avvicinata a soluzioni che sono risultate un passettino avanti ma mai risolutive. Questa volta, la ricerca dell’Università di Brescia, condotta dal professore ARNALDO CARUSO che è direttore della Scuola di Specializzazione in microbiologia e dirigente responsabile dell’Unità Operativa di Laboratorio di virologia ed indagini microbiologiche del presidio “Spedali Civili” della città lombarda, potrebbe aver donato all’umanità una proteina in grado di sconfiggere il cancro. La ricerca ha matrice calabrese considerate le origini cosentine del professore Caruso e quelle calabresi, di Trebisacce, della punta di diamante del suo team di ricerca: la dottoressa FRANCESCA CACCURI, ricercatrice del Dipartimento Unibs di Medicina Molecolare e Traslazionale con indirizzo  “Servizio di Microbiologia e Virologia Pediatrica”.  A lei che ha realizzato collaborazioni scientifiche con istituti di ricerca internazionali (Università di Manchester, Università di Zurigo, in Germania ed a Bethesda in Usa), il professore Caruso affida, prima di rispondere alle nostre domande sulla proteina oggetto della ricerca, la spiegazione di come è stata avviata la scoperta scientifica. Scoperta che, pubblicata sulla prestigiosa rivista internazionale ONCOTARGET, ha raccolto consensi unanimi e l’invito rivolto a Caruso a partecipare al congresso oncologico di Berlino per illustrare i sorprendenti risultati e la grande efficacia antitumorale ottenuta per il peculiare meccanismo d’azione della proteina U94, così battezzata da Caruso. La dottoressa Caccuri, tra l’altro, ha condotto gli esperimenti sulla proteina, tanto in Italia quanto in Svizzera. “Nel corso dei secoli – riferisce – i microrganismi ci hanno regalato scoperte sensazionali, permettendoci di migliorare in maniera rivoluzionaria la nostra vita. Basti pensare a funghi e lieviti, che per difendere il proprio territorio dai nemici batteri, hanno sviluppato sistemi difensivi basati sulla produzione di molecole antibatteriche oggi conosciute come antibiotici con cui oggi si combattono infezioni batteriche, dalle più banali a quelle che in passato risultavano quasi sempre mortali”. Quel che più sorprende è venire a conoscenza, grazie ad uno studio portato avanti dai microbiologi dell’Università di Brescia, che addirittura i virus possono regalarci preziosi farmaci ad attività antitumorale. “Tutti noi – spiega la dottoressa Caccuri – siamo abituati a pensare ai virus come nemici della nostra salute. Le recenti e passate epidemie e pandemie virali (vaiolo, poliomielite, l’AIDS, l’influenza) che hanno seminato milioni di morti in tutto il mondo, lo lasciano pensare. Il tutto si spiega con la conoscenza del microcosmo virale e delle loro capacità di infettare e persistere nel nostro organismo”. “I virus – spiega Francesca Caccuri – non svolgono funzioni metaboliche e non sono in grado di riprodursi autonomamente, infatti vengono definiti come parassiti intracellulari obbligati, ovvero che senza una cellula che li supporti energeticamente essi non sono in grado di riprodursi. Dimorando nel nostro organismo, i virus necessitano di condizionare le cellule che infettano perché queste possano favorire il più possibile la loro attività replicativa, possibilmente senza dare evidenza della loro presenza alle nostre difese immunitarie”. “Per ottenere tale risultato – aggiunge -, i virus modulano alcuni aspetti biologici delle cellule, influenzandone principalmente l’attività proliferativa. Alcuni virus inducono proliferazione cellulare, altri la riducono o addirittura la bloccano. Maestri nel bloccare il metabolismo e la divisione cellulare sono i virus erpetici, grazie alla produzione di specifiche proteine”. È proprio dall’osservazione che un virus erpetico è capace di infettare e persistere in uno stato definito di “latenza” senza riprodursi ma bloccando la replicazione cellulare, che è stata intrapresa la ricerca condotta dal professore Arnaldo Caruso e dai suoi collaboratori. L’herpes in questione, come spiega Caccuri, è quello di tipo 6, che normalmente causa un esantema infantile definito “Sesta malattia”. La proteina responsabile dello stato di latenza virale e del blocco proliferativo delle cellule si chiama U94. I ricercatori bresciani sono partiti da questa evidenza per iniziare uno studio sulla capacità di U94 di interferire con l’attività proliferativa di cellule tumorali. Per poter iniziare i loro studi, i ricercatori bresciani per prima cosa hanno valutato la strategia migliore per permettere alla proteina U94 di essere espressa in modo sicuro all’interno delle cellule tumorali. A tale scopo, si sono avvalsi della collaborazione del Prof. Cornel Fraefel dell’Università di Zurigo, uno dei maggiori esperti nel campo della terapia genica. “L’approccio utilizzato dal nostro team di ricerca – evidenzia la dottoressa Caccuri -, ha previsto l’utilizzo di un complesso vettore virale, definito <amplicone erpetico>, per veicolare U94 all’interno delle cellule. Per la prima fase di studio in laboratorio, ci siamo avvalsi dell’utilizzo di sistemi di coltura cellulare tridimensionali, sviluppati dalla NASA. Tali esperimenti, condotti in collaborazione con i colleghi patologi ed anatomopatologi della Università di Brescia, hanno permesso di evidenziare un blocco proliferativo delle cellule tumorali con un caratteristico cambio di aspetto cellulare, con perdita delle caratteristiche di aggressività e malignità ed acquisizione di un aspetto più benigno, per l’attivazione di un fenomeno definito <transizione mesenchimale-epiteliale>”. “Inoltre-aggiunge Caccuri-, studi condotti in topi di laboratorio, hanno messo in evidenza come la sola presenza di U94 possa bloccare totalmente la crescita e la diffusione metastatica del tumore”. “Ma non solo questo – evidenzia la microbiologa -: l’espressione di U94 nelle cellule tumorali era in grado di condizionare il microambiente, impedendo la formazione di vasi sanguigni necessari alla crescita della massa tumorale ed alla diffusione metastatica delle cellule tumorali”. “Un effetto- sostiene Caccuri – quindi straordinario e peculiare della U94, che può essere definito a due compartimenti, in quanto esercitato sia direttamente sul tumore che indirettamente, sul suo microambiente vascolare. Un duplice effetto volto a rendere più benigna e non proliferante una massa tumorale originariamente ad alta malignità e metastaticità”. E’ IL PROFESSORE ARNALDO CARUSO, premiato nell’estate 2016 con il “Città di Trebisacce” quale “calabrese illustre”, introducendo i temi dell’intervista, a sostenere che “lo studio pubblicato su Oncotarget rappresenta un importante punto di inizio per lo sviluppo di una terapia genica anti-tumorale”. “Tale approccio terapeutico – aggiunge – mira alla riduzione ed al contenimento della massa tumorale nell’area di insorgenza così da facilitarne l’asportazione chirurgica. Inoltre, tale approccio potrebbe risultare determinante nell’inibire la metastatizzazione del tumore primario, e quindi la diffusione ad altri organi, anche in una fase successiva all’atto chirurgico”. 

 

Domanda: Abbiamo parlato di virus ma nessuno aveva mai pensato prima alla possibilità che esso, solitamente considerato come un nemico, potesse invece avere un ruolo tanto prezioso per la salute umana.  

Caruso: Non possiamo dire di essere i primi ad aver esplorato questo universo nascosto. Certamente siamo i primi ad avere messo a punto una innovativa ed efficace strategia terapeutica contro il cancro basata sul trasferimento genico e di conseguenza sull’espressione di una proteina virale ad alta potenzialità antitumorale. Quindi non l’utilizzo di un virus ma di una sola sua proteina in grado di bloccare il movimento, l’invasività e la proliferazione delle cellule tumorali, oltre ad inibire la formazione di vasi sanguigni nel microambiente a supporto del nutrimento e della diffusione metastatica del tumore.

 

D: Quale l’idea di partenza del progetto di ricerca che ha condotto ad una scoperta che possiamo definire rivoluzionaria.

R: La consapevolezza che i virus abitano da milioni di anni nelle nostre cellule. Come parassiti cellulari obbligati, nessuno meglio di loro ha imparato, durante il loro iter evolutivo, a interagire con le cellule ed a modularne le attività biologiche per meglio sopravvivere e replicare nel nostro organismo. I virus quindi aumentano o diminuiscono, a loro vantaggio, metabolismo e crescita cellulare, attraverso proteine ad altissima specializzazione. Il nostro gruppo di ricerca da tempo studia, insieme ai Colleghi virologi dell’Università di Ferrara, il virus erpetico di tipo 6. Questo virus, che causa una banale malattia esantematica, la Sesta Malattia, possiede una proteina, nota come U94, capace di inibire molte funzioni cellulari che spaziano dalla motilità alla proliferazione. Ci siamo quindi chiesti se la U94 potesse essere in grado di bloccare tali funzioni nelle cellule tumorali umane ad alta malignità. E l’effetto ottenuto è stato a dir poco straordinario.

 

D: Dalla pubblicazione degli esiti della ricerca sulla prestigiosa rivista Oncotarget avete avuto  riscontri da parte della comunità scientifica? E’ recente, tra l’altro, il dibattito sulle ultime frontiere della ricerca oncologica emerso con il congresso di Chicago della Società americana di oncologia clinica.

R: I primi riscontri sono arrivati da tantissimi accessi all’articolo sulla rivista Oncotarget a poche ore dalla pubblicazione. La Fondazione HHV-6 (che sta per virus erpetico di tipo 6) si è attivata in tempo reale invitandoci ufficialmente a presenziare al loro meeting annuale di Berlino e presentare i risultati ai congressisti. Una nuova strategia antitumorale come quella da noi descritta sarà sicuramente in futuro un argomento di grande interesse e discussione in ambito scientifico.

 

D: I pazienti malati di cancro potranno essere realmente aiutati dalla vostra scoperta che, immaginiamo, si differenzia rispetto alle tradizionali cure oncologiche.

R: Oggi esistono molti farmaci utili per combattere il cancro volti a danneggiare la cellula tumorale o a bloccare sostanze utili per la sua crescita e la sua diffusione nell’organismo. L’effetto straordinario e peculiare della U94 è quello di poter agire a “due compartimenti”, esercitando contemporaneamente un’azione di blocco della proliferazione e della diffusione metastatica, agendo sia direttamente sulla cellula tumorale che indirettamente, sul suo microambiente vascolare. Quindi da un lato la cellula tumorale maligna si trasforma in un elemento più benigno e meno invasivo, dall’altro non si formano vasi sanguigni a supportare il nutrimento e la fuga metastatica del tumore. Questa duplice attività è qualcosa che anche noi non ci aspettavamo come risultato e ne siamo rimasti inizialmente stupiti, fino a quando abbiamo compreso il meccanismo d’azione di questa straordinaria proteina virale. Vedere diventare un tumore ad alta aggressività, come il tumore indifferenziato della mammella, un piccolo nodulo senza capacità metastatica è qualcosa di incredibile. Potenza della natura!

 

D: Per quali patologie oncologiche potrà essere utilizzata la proteina U94?

R: Ad oggi abbiamo potuto confermare la forte attività antitumorale della U94 nei confronti di due tumori umani ad alta aggressività derivati da tessuti diversi, mammella ed utero. A fronte di tale risultato possiamo pensare con una certa sicurezza che la U94 possa essere utilizzata in futuro per la terapia dei tumori solidi. Ma questa ipotesi necessita necessariamente di ulteriori conferme.

 

D: Solitamente la ricerca per essere fruibile da parte dei pazienti, in termini di procedure terapeutiche, necessita di tempi lunghi. Sarà così anche per la proteina U94?

R: I risultati ci sono tutti per poter iniziare al più presto ad utilizzare la U94 come farmaco antitumorale. Si tratta al momento di verificare quale vettore o veicolo utilizzare per ottenere il massimo della potenzialità curativa della proteina virale. La ricerca è comunque sempre in evoluzione e da parte nostra stiamo verificando se solo un piccolo frammento della U94 può esercitare la complessa attività terapeutica dell’intera proteina. La scoperta del sito attivo della U94 porterebbe a significativi vantaggi per l’industria farmaceutica in termini di sviluppo di nuove categorie di farmaci basati su piccole molecole di sintesi.

 

D: Una scoperta scientifica, quando brevettata, allunga notevolmente i tempi di utilizzo del farmaco su larga scala.

R: Quando si affrontano temi così importanti, come la cura dei tumori, il nostro atteggiamento non può che seguire quello a suo tempo dettato dal prof. Silvio Garattini. Non brevettare per permettere a tutti di sviluppare il miglior farmaco nel più breve tempo possibile. Siamo pronti a collaborare con chiunque sia interessato a tale progetto, condividendo esperienze e reagenti. L’importante è arrivare subito ad una cura che possa dare nuove speranze ai malati di cancro.

 

Dalla pubblicazione su Oncotarget si evince che la sua ricerca è stata finanziata tanto dall’Università di Brescia quanto da privati. Questo smentisce le difficoltà finanziarie dei ricercatori italiani?

La ricerca è stata finanziata dalla Fondazione Bonino-Pulejo di Messina che ha sempre creduto in questo progetto e che ci ha consentito di portarlo avanti. Questo non smentisce che oggi le risorse pubbliche per il sostentamento della ricerca scientifica si sono drasticamente ridotte, ed inoltre, credere in un progetto innovativo non sempre è facile ed immediato. Molto più semplice per pubblico e privati dare finanziamenti a gruppi consolidati nella ricerca sul cancro. Decisione condivisibile.

 

Il professore Arnaldo Caruso è già assurto alle cronache scientifiche internazionali per la ricerca che ha portato alla scoperta del vaccino capace di combattere l’Aids. Per tale motivo, il 30 ottobre 2015, il consiglio comunale di Cosenza ha conferito al professore Arnaldo Caruso la cittadinanza onoraria “per il conseguimento di alti meriti scientifici nel campo della ricerca e per aver contribuito, con la scoperta del vaccino terapeutico AT20 anti-HIV, ad indirizzare un fascio di luce nel buio dell’AIDS ridando fiducia e speranze concrete all’umanità intera”. L’onorificenza conferitagli dal consiglio comunale di Cosenza, si va a sommare agli innumerevoli riconoscimenti ricevuti anche in ambito internazionale dove Arnaldo Caruso è considerato una vera eccellenza nel campo della ricerca scientifica.