Trebisacce-25/07/2017:TIRO CON L’ARCO: NOBILE DISCIPLINA

                         

TIRO CON L’ARCO: NOBILE DISCIPLINA   

II Dojo è ricavato nel suo giardino; le sue orecchie non sentono, i suoi occhi non vedono ma la sua mente e il corpo sono in perfetta sintonia coordinata nei gesti del rituale. In ginocchio nella posizione «Seiza», Anzawa raduna i suoi pensieri; il suo lungo arco nella mano sinistra tocca con l’estremità superiore il pavimento in legno. Come impugnare l’arco a come trattenere la corda con il pollice della mano destra. In questa esecuzione di forme, che ricorda una coreografia del teatro No, ogni azione sembra rimanere sospesa nell’eternità. Ora si alza, scivola in avanti con i suoi piedi calzati nei «Tabi», le bianche calze contro il lucido pavimento. Con poche lente a misurate azioni si denuda la spalla sinistra. Si inginocchia a posiziona l’arco, il suo respiro segue il tempo. Si alza, incocca la freccia impennata di bianco, a trattenendone un’altra con la sinistra, si prepara a scagliare. Lentamente l’arco è innalzato sopra la sua testa; egli volge to sguardo Verso il bersaglio. Lo tende senza alcuno sforzo e rimane in quella posizione. È il rinnovamento dell’unione tra cielo e terra per mezzo della corda dell’arco tesa, è l’equilibrio che mai deve essere perturbato. La freccia è rilasciata come il dischiudersi di un fiore. Vola accompagnata da un piccolo grido acuto, il “kiai”. Il maestro rimane immobile, segue con lo spirito il suo volo. L’apertura delle sue braccia e la rotazione dell’arco nella mano sinistra concludono elegantemente l’atto. Una Freccia, una Vita: una perfetta azione si è conclusa. Sensei Anzawa è morto; le sue parole riassumono emblematicamente lo spirito dello Zen. Bisogna mirare oltre il bersaglio, la nostra vita, il nostro spirito volano con la freccia. E se la freccia è ben scoccata non vi è mai fine” (Vittorio Brizzi). Questo splendido pensiero del Professor Vittorio Brizzi, Referente Nazionale Arco Uisp, racchiude in sé lo spirito della nobile disciplina del Tiro con l’Arco, le cui radici affondano a tantissimi anni addietro, mantenendo intatti quelli che sono i suoi valori ancestrali di rispetto, concentrazione, meditazione, etica e tecnica. Grazie all’Associazione-Polisportiva- “ Count Down” il cui Presidente è Guido Valenzano, Referente Arco Uisp Area 7 ( Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna) ed alla Sezione Arcieri  “Compagnia Count Down” – Arcieri dell’Arco Jonico -, il Tiro con l’Arco è diventata una splendida e concreta realtà anche nell’Alto Jonio cosentino, infatti valenti arcieri si cimentano in una disciplina che forma il carattere, trasmettendo quei princìpi che travalicano il semplice gesto tecnico e si proiettano verso alte mete spirituali. L’Associazione si occupa non solo di sport, ma anche di progetti inerenti la natura, la pedagogia, la cultura, grazie alla gestione libraria della Biblioteca Comunale di Montegiordano. Il grande merito di Guido Valenzano che, tra l’altro, nella sua funzione di pedagogista, riesce a calarsi nell’animo umano dei più giovani in modo delicato e profondo, è quello di aver fatto capire che corpo, cuore e mente lavorano all’unisono per permettere alla freccia di raggiungere il bersaglio e, quando ciò non accade, il giovane arciere capirà che non è importante aver fallito il bersaglio, ma è fondamentale averci tentato. Questo insegnamento si riflette nella vita di tutti i giorni, che presenta sempre ostacoli da superare e difficoltà, per cui ognuno di noi deve impegnarsi, lottare e tenere presente una massima orientale che dice: “ Sei volte morire, sette volte attaccare”, cioè avere sempre un colpo in più rispetto all’avversario, così come rispetto alle avversità della vita”. Guido Valenzano, con la collaborazione di sua moglie, Stan Gina Florentina, considera  l’insegnamento del Tiro con l’Arco come un’autentica missione, al fine di instradare i giovani arcieri sulla Via, quella fatta di valori, di rispetto per se stessi e per gli altri, di moralità, di condivisione, di solidarietà, di volontariato, proprio a dimostrazione che una qualsiasi attività sportiva non deve ridursi al solo gesto atletico o alla effimera vittoria fine a se stessa, ma deve travalicare tutto ciò e diventare una scuola di vita. Soltanto così possono evitarsi anche spiacevoli episodi, come quello di qualche mese addietro, quando nel corso di una manifestazione pubblica, alla presenza di istituzioni politiche e sportive, alcuni giovanissimi arcieri sono stati derisi durante la loro esibizione mentre, diretti magistralmente dal Maestro Guido Valenzano, cercavano di dimostrare come una disciplina debba contenere in sé princìpi tecnici ma anche educativi. Ebbene, quando si parla, in contesti sportivi, di etica e di valori, sarebbe opportuno e necessario che alle parole seguissero i fatti e che, almeno ci fosse stata, da parte di chi di dovere, la delicatezza di scusarsi a nome di qualche giovane che, probabilmente, intende lo sport soltanto come un momento di vanagloria. Questo accade, molto probabilmente, anche a causa della scarsa informazione e della scarsa visibilità date a discipline cosiddette “minori” che, al contrario, minori non sono, in quanto oltre a quella che è la loro valenza a livello internazionale, hanno in sé quelle qualità che, purtroppo, molti sports che vanno per la maggiore non hanno. Si parla di sport come mezzo per contrastare il bullismo, contro i mali sociali, come mezzo per insegnare rispetto per gli altri, ma poi bisogna davvero essere portavoce di questo, altrimenti si rischia di diventare retorici. Nello sport non devono mai esistere figli e figliastri e questo si deve evincere anche nei piccoli gesti, apparentemente banali ma significativi, come ad esempio può essere il semplice riconoscimento di una medaglia o di un attestato per tutti. Ci premeva sottolineare ciò, proprio perché è necessaria, soprattutto da parte delle autorità sportive, una maggiore presa di coscienza, onde evitare che giovanissimi appassionati, nonostante sacrifici e passione, si sentano praticanti di serie B, sottovalutati e, spesso, come nel caso sopradetto, addirittura presi in giro . Il Tiro con l’Arco può essere praticato da tutti ed a tutte le età ed essendo disciplina che trova il suo spazio naturale all’aperto, diventa anche un momento terapeutico per corpo, mente e spirito. Biomeccanica, respirazione, corretta postura e concentrazione sono alcuni dei suoi aspetti peculiari; prima di scoccare la freccia bisogna leggere in se stessi, visualizzare il bersaglio da colpire e diventare tutt’uno con arco e freccia.  Facciamo in modo che non si parli di Tiro con l’Arco soltanto durante le Olimpiadi, ma che trovi il suo giusto spazio sempre, considerato che è ,altresì, una disciplina di grande valenza sociale e che nel corso delle gare è praticata insieme sia da atleti normodotati che da disabili, per cui grande plauso a tutti. “L’obiettivo del kyudoka (arciere) è quello di trascendere la dualità soggetto-oggetto e l’attenzione viene rivolta al suo interno, alla ricerca della perfezione fisica, psichica e spirituale. Egli si dedica perciò ad un allenamento costante, finalizzato al raggiungimento di uno stato di quiete interiore. Nello scoccare la freccia, nel momento di unione tra corpo, spirito e mente, nell’attimo di massima tensione c’è uno stato di rilassamento, di profonda calma interiore. E’ proprio questa la condizione che va ricercata nel Kyudo ( tiro con l’arco giapponese). Quando la freccia scocca e la corda risuona, la mente di colpo può sperimentare una condizione di illuminazione e consapevolezza. Un tiro sbagliato non è sinonimo di fallimento, ma semplicemente un’esperienza di apprendimento che fornisce una ulteriore opportunità di crescita” (Adagio del Kyudo). Vittorio Brizzi  che, oltre ad essere il Referente Nazionale Arco Uisp, è anche Membro del Dipartimento Biologia ed Evoluzione dell’Università degli Studi di Ferrara ed archeologo sperimentale, autore di innumerevoli pubblicazioni, mostrando una grandissima sensibilità, in occasione di una suggestiva manifestazione di tiro con l’arco, denominata “Equality Archery” ,all’interno del Castello Svevo Federiciano di Rocca Imperiale, ha voluto omaggiare i giovani arcieri di Guido Valenzano con un ciondolo, rappresentante una punta di freccia, costruita dallo stesso Brizzi; il ciondolo rappresenta simbolicamente la storia degli Arcieri e l’ingresso dei ragazzi nell’ordine della freccia perseverante. Il ciondolo tende a non far dimenticare mai a chi ha l’onore di  indossarlo che nella vita le delusioni possono far rafforzare le persone che le subiscono. Per citare una massima: “Una freccia può essere scagliata solo tirandola prima indietro. Quando la vita ti trascina indietro con le difficoltà, significa che ti sta per lanciare verso qualcosa di grande.” Nella occasione, a Guido Valenzano, è stata confermata l’onorificenza (simbolica ma significativa) di Gran Maestro dell’Ordine della Freccia Perseverante. Un in bocca al lupo ai giovanissimi del Maestro Valenzano, che saranno impegnati ai prossimi campionati nazionali di Bergamo ed un plauso enorme a Guido e Gina per inculcare in questi ragazzi un valore importantissimo, che è quello del volontariato, infatti proprio in questi giorni sono impegnati in attività ludico-educativa con 30 orfanelli della Romania, in collaborazione con la Fondazione bambini in emergenza. Questi esempi fanno capire come il gesto tecnico va ben al di là del bersaglio da colpire e diventa mezzo di crescita psicofisica, di maturità e di bontà d’animo. “Nello stesso modo in cui la freccia cerca il bersaglio, anche il bersaglio cerca la freccia, perché è lei che dà senso alla sua vita: non è più un pezzo di carta, ma è il centro del mondo di un arciere”. (Paulo Coelho). Il Maestro Valenzano ha creato uno splendido mondo per tutti i suoi giovani arcieri, mettendogli a disposizione un luogo suggestivo, dove respirare all’unisono i profumi, i suoni e la bellezza della Natura con il suono dello scoccare della freccia e tutto avviene con spontaneità, sincerità, amore per quello che si svolge e proprio in questo momento, se si chiudono gli occhi, ci si immerge in un mondo bellissimo, dove la freccia rappresenta la forza di volontà di ognuno di noi, la reazione a tutte le difficoltà della vita, il mezzo attraverso cui raggiungere l’obiettivo. Che grande insegnamento! Grazie Guido, grazie Gina e grazie a voi ragazzi che, praticando questa meravigliosa disciplina, dimostrate come vi siano ancora giovani capaci di rispettare i valori veri, sia nello sport che nella vita. Desideriamo concludere con questa storia Zen: “C’era una volta un Maestro zen che era un vero campione nell’arte del tiro con l’arco. Una mattina invitò il suo discepolo preferito a osservare una dimostrazione della sua abilità. Il discepolo lo aveva visto centinaia di volte, ma comunque obbedì al suo Maestro. Si recarono nel bosco accanto al monastero e raggiunsero un albero di quercia. Lì, il Maestro prese un fiore che aveva infilato nella sua cintura e lo mise su uno dei rami. Poi aprì la borsa che aveva portato con sé e tirò fuori tre oggetti: il suo splendido arco in legno pregiato, una freccia, un fazzoletto bianco ricamato. Successivamente si spostò allontanandosi di cento passi dal punto in cui aveva riposto il fiore. A quel punto chiese al suo discepolo di bendargli accuratamente gli occhi con il fazzoletto ricamato. Il discepolo lo fece. – “Quante volte mi hai visto praticare lo sport nobile e antico del tiro con l’arco?” – chiese il Maestro. – “Ogni giorno” – rispose il discepolo. – “E sono sempre riuscito a colpire il centro del bersaglio da trecento passi?”- “Certo!” Con gli occhi coperti dal fazzoletto, il Maestro piantò saldamente i piedi per terra, tirò indietro la corda con tutte le sue forze e poi scoccò la freccia. La freccia sibilò nell’aria, ma non colpì il fiore e nemmeno l’albero: mancò il bersaglio con un margine imbarazzante.  – “L’ho colpito?” – chiese il Maestro, rimuovendo subito dopo il fazzoletto dagli occhi. – “No, l’hai mancato completamente – rispose il discepolo con un po’ di disagio, poi aggiunse: – “Pensavo che tu volessi dimostrami il potere del pensiero e della sua capacità di eseguire magie”. – “E’ così. Ti ho appena insegnato la lezione più importante circa il potere del pensiero” – rispose il Maestro – “Quando vuoi conquistare un obiettivo, concentrati solo su di esso, perché nessuno potrà mai colpire un bersaglio che non vede!”.

RAFFAELE BURGO