Trebisacce-19/04/2020:   L’ODISSEA DI UNA NONNINA DELL’ALTO JONIO DURANTE IL COVID-19

    

 

 

 

 

     L’ODISSEA DI UNA NONNINA DELL’ALTO JONIO DURANTE IL COVID-19

 

Abbiamo riflettuto molto prima di decidere se pubblicare questa storia, ma dopo attenta riflessione pensiamo possa essere utile far conoscere la situazione nella quale, purtroppo, tantissime persone si ritrovano a dover vivere in una realtà a dir poco allucinante.

Desideriamo presentare questa storia attraverso quello che potrebbe essere il racconto a viva voce della nonnina in questione, che potrebbe essere la voce di altre migliaia di persone.

Sono una nonna di 87 anni, buona e dolce, nella mia vita ho sempre prodigata tutta me stessa per gli altri, non pensando mai a me stessa, ma donandomi a chi mi stava accanto.

Ho lavorato fin da giovanissima, trasmettendo il mio umile sapere a tantissime generazioni di giovani e l’ho fatto in periodi nei quali non esistevano mezzi di comunicazione per recarmi sui luoghi di lavoro, quindi mi svegliavo alle quattro del mattino e mi incamminavo a piedi attraversando boschi e torrenti per trovarmi puntuale al lavoro.

Ho sempre fatto più del mio dovere dando il mio contributo allo Stato Italiano e pagando le tasse come tutti gli altri, anzi forse anche di più, considerato che non potevo certe evaderle.

Nel corso degli anni ho dovuto subìre, purtroppo, tantissimi dolori, ad iniziare da vari problemi di salute, che si sono susseguiti periodicamente: un distacco di retina con intervento sbagliato e con conseguente perdita di un occhio, diverse cadute causate sempre dal mio voler sempre aiutare il prossimo, una prima frattura del femore cinque anni addietro, una perdita di memoria probabilmente causata dalla anestesia dell’intervento, fino a giungere, dulcis in fundo, a qualche giorno addietro, quando per una banale caduta in casa, mi fratturo di nuovo il femore, questa volta dell’altra gamba.

Io vivo in casa con mio marito di 91 anni, mio figlio, mia nuora e la suocera di mio figlio, anche lei di 89 anni. E, purtroppo, ho una figlia che vive e lavora fuori Regione ormai da tanti anni.

Mio figlio allerta immediatamente i sanitari che giungono con una autoambulanza e mi trasportano al Pronto Soccorso più vicino per effettuare una radiografia.

Mio figlio segue con la sua automobile: giunge all’ingresso del Pronto Soccorso, ovviamente indossando mascherina e guanti, ma non lo lasciano entrare.

Attende fuori per un’ora, fin quando finalmente esce un medico, che gli comunica la bella notizia….. udite, udite…… la radiografia non si può fare, in quanto era rotta la macchina.

Beh, pur alla mia veneranda età, penso sia paradossale che in tempi di Covid-19, già ina una situazione delicata come quella che viviamo, addirittura non si possa effettuare nemmeno una radiografia.

Mio figlio decide di chiamare una autoambulanza privata per farmi trasferire in un Nosocomio di altra Regione, dove anni addietro ero stata operata e rimessa in piedi, ma sfortunatamente quel giorno non vi erano mezzi e personale disponibile per fare il suddetto trasferimento.

Per l’urgenza del caso vengo trasportata in un altro Ospedale, dove decidono di operarmi il pomeriggio stesso.

Sempre a causa del Covid-19 non fanno entrare nessuno, se non una oretta la sera, sempre con tutte le precauzioni del caso, quindi mio figlio si reca in Ospedale per farmi mangiare e bere qualcosa, considerato che, purtroppo, non potendo muovermi, non riuscivo nemmeno a prendere un sorso d’acqua.

Durante il giorno nessuno poteva venire e questo stato di stress psicofisico e di mancanza di sostentamento ha necessitato alcune sacche di sangue che mi hanno iniettato.

La mia famiglia era preoccupata, in quanto io non potevo prendere il cellulare, loro non potevano venire e quindi non si aveva neppure la possibilità di avere notizie.

Intanto i miei figli si attivavano pensando alla futura riabilitazione dell’arto.

Mia figlia, dottoressa fuori Regione, che non vedo ormai da tempo a causa di queste restrizioni, parla con la Dirigente di un Centro di Riabilitazione della città nella quale vive, la quale dà la sua disponibilità ad accogliermi, soltanto però con i due tamponi fatti.

Si riferisce alle autorità ospedaliere tutto ciò e la risposta è che si sarebbe fatta richiesta di tamponi, ma mio figlio si rende conto che questi tamponi non sarebbero mai stati a disposizione, pertanto decide di farmi fare, una volta dimessa, la riabilitazione domiciliare, seppure con le ovvie difficoltà del caso, quindi parla con un fisioterapista, il quale gli risponde che vi è la sua disponibilità, ma sempre dopo aver fatto il tampone.

E siamo di nuovo al punto di partenza.

Rassegnata a dover restare ancora per diversi giorni ricoverata, sperando anche in una fisioterapia all’interno dell’Ospedale, all’improvviso, senza alcun preavviso, chiamano mio figlio dicendogli che io sarei stata dimessa quella mattina, in quanto bisognava liberare le stanze e che per ognuna delle quali sarebbe stato opportuno che ci fosse un solo paziente, sempre a causa del Covid-19: una sorta di precauzione e di protezione, al fine di non creare troppa confusione di gente.

Sottolineo che fino a quel giorno io ancora non ero stata nemmeno messa seduta sul letto.

Comunque mio figlio chiama una autoambulanza privata, che mi viene a prendere e mi riaccompagna a casa.

Io ho ancora i punti di sutura, ho la ferita che necessita di controlli, di essere disinfettata, non posso muovermi e, soprattutto, mi hanno mandata a casa senza avermi fatto alcun tampone, dicendomi che sto bene, che non ho alcun sintomo, che hanno controllato tutto e quindi che tutto è a posto.

Il fatto è che a causa di tutto ciò, io non ho avuto la possibilità di andare in un Centro di Riabilitazione, perché senza tampone non mi accettano, a casa non viene nessun terapista per lo stesso motivo, quindi a che pro ho dovuto subìre un intervento se dovevo rischiare di restare immobile e non poter più camminare?

Adesso dovrò restare per precauzione in quarantena per 14 giorni, pur non avendo niente, con la conseguenza che sarò impedita a fare riabilitazione e quant’altro.

E non è finita qui: dovremo sperare di trovare un infermiere che sia disposto a venire a casa per curarmi la ferita, onde evitare qualche infezione.

Tutto ciò per mancanza di tamponi!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! Una cosa assurda, se penso a quando mio figlio mi ha detto che ai calciatori ne fanno più di uno perché devono essere messi in sicurezza per tornare a dare quattro calci ad un pallone………. Seppur nella mia situazione fisica e mentale dico che è una vergogna, uno schifo…… una nonnina come me, e come tantissime altre nel Sud Italia e nel resto della Penisola, che ha lavorato per una miseria non ha diritto a camminare perché i tamponi servono per gli amici degli amici.

In Corea sono stati eseguiti su tutta la popolazione, mentre qui non li fanno nemmeno a chi è stato ricoverato in Ospedale.

E poi voglio dire anche un’altra cosa: dopo tante sollecitazioni, viene detto ai miei figli ed a mia nuora che nella eventualità si decideva di trasferirmi in un Centro ( dove sinceramente, con tutto quello che sta accadendo negli ultimi giorni, i miei figli non mi avrebbero mandata mai), si sarebbe potuto fare richiesta a chi di dovere e mi facevano i tamponi ( ma non avevano detto che in Calabria praticamente non ce ne sono??????????), mentre invece per la terapia domiciliare tamponi non ne se ne fanno!!!!!!!!!!!!!!

Allora, mi chiedo umilmente se non è paradossale: un qualunque ricoverato che viene dimesso e mandato a casa, non ha il diritto di stare tranquillo e di essere certo, eventualmente, di non contagiare nessuno della famiglia?

A casa mia siamo tre nonnini e mio figlio e mia nuora, quindi oltre a tutelare i vecchietti, non si pensa nemmeno a tutelare i più giovani, che sono diventati gli unici “pilastri” per noi; se dovessero ammalarsi loro, a noi chi penserebbe?

Sicuramente non lo Stato, per il quale abbiamo speso tutta la nostra vita e che adesso ci ripaga facendoci morire o, nella  migliore delle ipotesi, facendoci restare allettati a vita.

E tutto perché? Per un cotton fioc e per un reagente che, però, sono disponibilisssimi… eccome…. per politici, calciatori, amici degli amici e quant’altro.

Io ho sempre combattuto nella mia vita, cercando di superare tutte le avversità sempre con dolcezza e forza di volontà, quindi continuerò a lottare, circondata dall’amore dei miei cari che, seppure abbandonati e soli, e tra mille difficoltà dovute anche al periodo, faranno di tutto per proteggere me e gli altri due nonnini a casa, però la tristezza e l’amarezza è tanta.

Ci hanno chiesto di fare sacrifici durante tutta la nostra vita, ci hanno sempre bistrattati, trattandoci come essere quasi inferiori, diventando utili e serbatoi di voti soltanto quando dovevano salire sugli scranni alti per i propri interessi.

Ed ora che avremmo meritato un minimo di serenità, ci negano anche il diritto di poterci affacciare al balcone per vedere il sole, visto che non possiamo guardarlo da fuori per la clausura forzata.

Beh, nemmeno dal balcone potrò e potremo, in quanto non posso camminare.

E tutto questo per un cotton fioc!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Che amarezza, che tristezza, che delusione interiore.

E non venissero a dire che è un problema nazionale e bla bla bla bla…. Non vi crede più nessuno….addirittura qualcuno dice che si fanno nei casi più gravi, in chi ha sintomi…. Beh, ogni giorno sentiamo che sono più pericolosi gli asintomatici ed ora viene detto che chi non ha sintomi non ha nemmeno diritto ad un tampone, pur essendo stato ricoverato in ospedale?????

Io, come detto, ho problemi di memoria, quindi i miei tanti acciacchi hanno “invecchiato” un po’ il mio cervello, ma questa gente dovrebbe davvero far pace con il loro, cambiando versione ogni giorno.

Quando tutto questo sarà finito, e speriamo finisca al più presto, cerchiamo di non fare gli ipocriti, ringraziando le vecchie generazioni, oppure facendo il pianto del coccodrillo, disperandosi per la perdita delle memorie storiche e tutte queste chiacchiere, perché di noi a nessuno è interessato, se non a quei medici ed infermieri ed a qualche vera anima buona che si sono prodigati con spirito di abnegazione.

Grazie a Dio io non ho alcun sintomo e dovrei non avere nulla, però si parla e straparla di prevenzione del contagio, di distanziamenti sociali, di protezioni e poi si dimettono persone dall’Ospedale dopo dieci giorni e si mandano a casa senza tamponi, rischiando, nella peggiore delle ipotesi, di contagiare famiglie intere.

Ma tutto questo non si può evitare, perché manca il cotton fioc……………..

Vorrei dire tantissime altre cose, ma sono stanca e, soprattutto, sono addolorata per tutto ciò e con le lacrime che quotidianamente mi scendono sulle guance, auguro a tutti noi di farcela, per poter lasciare domani un ricordo anche ai più giovani di come la nostra forza, seppur nonnini, sia nettamente più incisiva di un cotton fioc negato.

Un bacio da una nonnina che spera di poter tornare almeno a guardare il sole potendo camminare fino alla finestra”

Sinceramente, dopo questa lettera non ho altro da aggiungere, se non una sola parola: VERGOGNA.

Tutti dicono che ce la faremo…………….

Lo speriamo davvero di cuore, ma…………………

RAFFAELE BURGO