Trebisacce-04/04/2022: DANTE: IL CANTO I DELL’INFERNO E IL CAMMINO DELLA REDENZIONE ( di Pino Cozzo)

Cozzo Pino

DANTE: IL CANTO I DELL’INFERNO E IL CAMMINO DELLA REDENZIONE

di Pino Cozzo

 

Dante ancora una volta ha paura di affrontare l’arduo passo, poiché teme che le sue virtù non siano tali da sostenerlo e guidarlo nel viaggio ardimentoso dell’oltretomba. Con il corpo corruttibile, Enea scese nel regno delle tenebre, ma Iddio aveva stabilito che da lui e dai suoi discendenti sarebbe nata Roma, la grande, che prima avrebbe conquistato e unificato il mondo, e poi, sarebbe stata la sede del successore di Cristo e di S. Pietro. E ancora, S. Paolo sarebbe diventato il soldato di Cristo, dopo essere stato il suo più acerrimo persecutore. Virgilio, come al solito, rimprovera Dante di essere vile e pavido, e gli racconta che, mentre si trovava nel Limbo, venne a cercarlo una donna, nobile e bella, che gli chiese di soccorrere il Sommo poeta, smarrito e pauroso nella selva oscura del peccato e del disimpegno, atterrito dalla presenza delle tre fiere, e lo prega di riportarlo sulla via della salvezza e della tranquillità. C’è nel Cielo una donna gentile e splendida a cui piace ciò, Maria Vergine, la madre di Gesù e di tutta l’umanità, che fece chiamare Santa Lucia e le affidò Dante. La santa andò da Beatrice, donna tanto amata e venerata in vita dal poeta, con i suoi lucenti e splendidi occhi come stelle, con la sua voce angelica e ferma, e perciò appare chiaro che egli, protetto da queste siffatte e cotali donne, debba  superare i suoi timori, deve ricercare e ritrovare il coraggio e la serenità, deve insomma scuotersi dal torpore e confermarsi nel proposito di affrontare quel periglioso viaggio, che tanti insegnamenti e ammonimenti lascerà nell’umanità di ogni tempo e di ogni luogo. Il canto dunque vive e si fonda su sulla solita eccelsa poesia, sospeso tra il cielo e la terra, tra le ombre e il fulgore, tra l’incertezza e la verità. La notte buia della morte del Cristo, che già prefigurava tristi presagi, è stata benigna testimone del più amorevole disegno di Dio. A lei è toccato di avvolgere gli insani gesti con il suo manto pietoso, lei è stata scelta per confondere ed offuscare le menti. Ha nascosto una trama immobile e sospetti prestabiliti. Gli astri e le stelle, atterriti, si sono occultati. Nessuna colpa, la sua, ché merito, anzi, ne ebbe di dare al mondo a sua intrinseca natura. Il suo greve sguardo e il suo volto scuro si sono sciolti in un sorriso e in un abbaglio, e il sole è tornato a risplendere, ed essa è diventata luce di speranza. Gli eccelsi esempi di conversione che vanno da S. Paolo a San Francesco d’Assisi, da S. Agostino al Manzoni, ed altri, meno roboanti che accadono quotidianamente, ci narrano che tutti noi, prima o poi, sentiamo una Voce, alla quale in molti diamo ascolto. La risurrezione non è solo o tanto la vittoria di Cristo sulla morte e quindi un suo trionfo, ma è soprattutto la causa della nostra gioia e della nostra salvezza, della certezza che se Lui è riuscito a far questo, anche noi, che siamo suoi fratelli, possiamo essere eredi della stessa sorte nell’eternità. Egli, dunque, regna con la forza dell’amore, perché è stato servo umile e obbediente, che ha ascoltato il Padre e, con mansuetudine, ha donato sé stesso. La storia resta, oggi, una drammatica lotta tra il bene e il male, e Cristo vive in essa, per orientarla, se solo noi riusciamo a dare ascolto alla Sua voce e ai Suoi insegnamenti, attraverso le tante forme della verità, della libertà, della bellezza, della pace, della natura, per attuare la vocazione dell’uomo, quella dell’amore e della fratellanza, con un’attenzione agli ultimi.