
Dossier alla Corte dei Conti e nuova SpA a Messina: la truffa del ponte
continua
Alla vigilia della trasmissione del dossier alla Corte dei Conti,
annunciata da Salvini come tappa decisiva dopo l’approvazione del
CIPESS, denunciamo ancora una volta l’enorme operazione di propaganda e
saccheggio che si nasconde dietro la parola “ponte”. Anche questo
passaggio è infatti scontato: la Corte potrà solo segnalare
irregolarità, senza alcun potere di bocciatura, e Salvini lo utilizzerà
come ulteriore passerella mediatica per alimentare l’illusione di
un’opera che vive soltanto nei titoli dei giornali e nei sogni di
qualche comitato d’affari.
Lo stesso copione già visto recentemente con il roboante annuncio della
firma del contratto tra Stretto di Messina e il General Contractor
Eurolink, un consorzio che, secondo lo stesso decreto del 2023 che
riaprì la partita del ponte, potrebbe ricostituirsi solo dopo la
rinuncia al contenzioso legale con lo Stato. Ma il contenzioso è tuttora
aperto e a ottobre ci sarà la nuova udienza d’appello a Roma, dopo che
Eurolink aveva già perso in primo grado.
Il ponte resta quindi un imbroglio buono solo a drenare miliardi dalle
casse pubbliche verso costruttori e cricche politiche. Persino gli
stessi progettisti e i massimi esperti che hanno guidato i comitati
scientifici, come Remo Calzona, hanno ribadito che l’opera è
tecnicamente irrealizzabile: i parametri sismici e ambientali dello
Stretto la rendono impossibile, i materiali necessari non esistono.
Eppure il governo insiste con le favole, rinvia le verifiche, cambia le
commissioni e arriva perfino a dichiarare il ponte “opera di emergenza”
e “necessaria a fini bellici”, nel tentativo di mantenere in piedi una
macchina propagandistica senza credibilità.
A Messina intanto nasce una nuova società per azioni che raccoglie
famiglie storiche dell’imprenditoria locale, presentata come pronta a
fornire beni e servizi per la realizzazione del ponte. Tra i soci
figurano anche gruppi economici che, secondo la retorica pontista,
sarebbero tra i più danneggiati dall’eventuale costruzione. La realtà è
ben diversa: chi conosce i territori sa che il ponte non si farà mai e
che gli equilibri dei grandi affari non sono affatto a rischio. Per
questo molti scelgono di posizionarsi comunque nella partita, pronti a
ottenere nuove rendite e vantaggi. È la dimostrazione plastica che il
ponte non è mai stato pensato per il futuro di Sicilia e Calabria, ma
come gigantesca bolla speculativa che ingrassa sempre gli stessi.
Mentre la politica si esercita in annunci in pompa magna, la realtà è
che in oltre cinquant’anni sono già stati bruciati 650 milioni di euro
per mantenere in vita una società inutile, pagare stipendi d’oro e
pubbliche relazioni, senza un solo metro di infrastruttura. È lo stesso
meccanismo delle grandi opere in tutta Italia: miliardi divorati da
finanza e clientele mentre scuole, ospedali e trasporti locali crollano.
Per questo ribadiamo con forza che non accetteremo mai questo scempio.
Non ci fermeranno né il decreto sicurezza, che prova a trasformare in
problema di ordine pubblico il legittimo dissenso popolare, né gli
interessi miliardari di chi difende un progetto irrealizzabile.
Continueremo a opporci, a informare e a mobilitare, perché il ponte non
si farà mai e perché Sicilia e Calabria meritano ben altro: lavoro vero,
servizi pubblici, giustizia sociale e ambientale.
Il ponte non è progresso, è saccheggio. No al ponte!