Trebisacce-02/02/2018:Sopravvivere alla morte: omaggio al Sig. Michele Lofrano ( di Pino Cozzo)

Pino Cozzo
Michele Lofrano

Sopravvivere alla morte: omaggio al Sig. Michele Lofrano

di Pino Cozzo

 

Sin dalla nascita dell’uomo, la morte viene considerata un qualcosa da trattare con rispetto e timore. La si ricerca come punto terminale di un’esistenza fatta di vuoto e aridità, e la si teme, come un qualcosa che possa porre fine ad una vita, che, anche se non vissuta con impegno e serietà, ha sempre radici terrene difficili da estirpare. Ma ha un senso la morte? O meglio, ha un senso la morte di un essere umano? Spesso, quasi sempre, ci si preoccupa più dell’esistenza e della sofferenza che precede la morte, che non il momento finale del trapasso; ma la caducità, la temporaneità ci appartiene sin dalla nascita: si nasce per morire e si muore per dare la vita. E’ un’ancestrale condizione che risale alla storica umanità peccatrice, quando il peccato è entrato nel mondo e, con il peccato, la morte. Anche Gesù ha assunto la condizione umana, ha provato angoscia e dolore, ha emanato forti grida e lacrime, ma si è sempre abbandonato alla volontà del Padre. Ha fatto della sua morte un atto di donazione e di immolazione, pieno di significato. Accettando liberamente la morte, per attuare il progetto salvifico del Padre, Gesù Cristo ne ha fatto un atto supremo di amore per Lui e per i fratelli, ed ai credenti dà la possibilità di condividere con fiducia la sua totale ed incondizionata dedizione. Chi crede nel figlio di Dio, già da subito, possiede la vita eterna, e, nell’ultimo giorno, riceverà la salvezza completa con la risurrezione. Tutta la Chiesa e i suoi aderenti vive con questa gioiosa certezza, ed Essa, nel corso dei secoli, con l’invocazione dei santi e il suffragio per i defunti, ha mostrato di credere che i morti vivono ancora, e che la vita non è tolta, ma trasformata. Dopo la morte, sopravvive un Io personale, fatto di coscienza e volontà, se si vuole, si può chiamare “anima”, ed ogni soggetto percorre una via di compartecipazione alla vita del Signore risorto, e la sua risurrezione comincia già sulla terra con l’esistenza di fede e di carità, poiché la vita senza le opere è nulla. Ognuno di noi, dopo la vita terrena, trova un’esistenza ancora più alta, donando la sua definitiva adesione a Dio, e senza il pericolo di perderlo. Il giudizio di Dio opera già adesso, nella vita terrena, per promuovere il bene e liberare dal male, ma si muove verso un momento supremo. La vita dei defunti è felice per i giusti e un po’ più triste per i malvagi. E’ vero, è un concetto difficile da assimilare, ma ognuno dovrà comparire davanti al tribunale supremo di Dio per rendere conto del proprio operato. Solo nella comunione con Cristo la vita è autentica, è Lui il metro per misurare ciò che vale e quello che non vale. La vita terrena è breve e preziosa e ci è concessa per maturare in noi la scelta di Dio, definitiva e irreversibile. Con questa certezza e come atto di amore, il Sig. Michele Lofrano, padre dell’amico Franco, ha vissuto la sua vita terrena con la fervida e tenace  volontà di lasciare un segno positivo ed indelebile su questo percorso terreno, fatto di sacrifici e dedizione alla famiglia, di impegno sociale ed inserimento nella quotidianità, sposo fedele ed amorevole, padre attento e probo, ha saputo coniugare ogni gesto con tutta la signorilità e l’affabilità di cui era capace e sostenitore. Nella certezza di essere un privilegiato, ha voluto conciliare immanenza e trascendenza in maniera esemplare, impegnato nelle attività di stretto significato provvisorio con il senso della metafisicità, risultandone sempre irriducibile e vincitore. Per lui, il sogno che segue e avvolge l’opaca realtà come una fallibile emozione, in un contesto in cui siamo spesso protagonisti, non poteva essere travolto dopo essere stato generato, ma doveva essere perseguito e raggiunto. Era convinto che se si parla, se si trasmette un messaggio, se il pensiero viene espresso come tratto emozionale della libertà del pensiero, allora, questa viene già posta in essere. Se, viceversa, domina il silenzio e l’introversione, non vi è sentimento e neppure realtà. Lui, che aveva combattuto nella guerra e per la guerra, che, come tanti l’aveva subìta, conosceva il valore del sacrificio ed era cosciente di essere stato un protetto dal Signore, che in lui aveva riposto un suo progetto di vita. Questo suo privilegio voleva condividerlo con chi gli stava vicino, con i figli, i parenti, gli amici, che esternava ogniqualvolta con essi si incontrava e si intratteneva, uomo dalla grande umanità ed esperienza. Ha lasciato questa vita terrena con la discrezione e la nobiltà che ne avevano caratterizzato l’esistenza, perché chi spera nel futuro ed in esso ripone i suoi voti sarà certamente soddisfatto nella giustizia dei giusti, nella consapevolezza che se il fine dell’uomo sta sempre un po’ più in là, anche la sua fine è in qualche modo procrastinata, rimandata, allontanata. Ringraziamo il Signore che ci ha donato il privilegio di conoscerlo e godere della sua amicizia. Adesso, a Lui lo affidiamo, perché lo custodisca nella Sua Grazie e misericordia che sono riservate ai Suoi eletti.